Quella cesura che si creò fra Ticino e Italia fascista

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Benito Mussolini (1883-1945).

In quali rapporti erano il Ticino e l’Italia fascista? Questa domanda-chiave segnerà il passo del ciclo di 4 conferenze promosse a LaFilanda dalla Biblioteca cantonale di Mendrisio nel centenario del consolidamento della dittatura di Mussolini. Il ciclo si aprirà il 9 marzo con la conferenza introduttiva di Mauro Cerutti, professore emerito all’Università di Ginevra e massimo specialista di questo tema. In materia sono attese anche delle novità.

Cento anni fa, durante il biennio 1925-1926, in Italia si consolidava definitivamente il regime fascista. Il movimento fondato da Benito Mussolini nel marzo del 1919 a Milano, si caratterizzò fin dagli albori per i suoi tratti antidemocratici, violenti ed eversivi.
La marcia su Roma del 1922, il successivo incarico di re Vittorio Emanuele III a Benito Mussolini, le elezioni del 1924 viziate da brogli sistematici, denunciati in parlamento dal deputato socialista Giacomo Matteotti (gesto che gli costò la vita), furono altrettanti prodromi dell’incipiente dittatura.
Celeberrimo – e altamente significativo – fu il discorso tenuto da Mussolini alla Camera, il 3 gennaio 1925, nel quale rivendicò la responsabilità politica, morale e storica per la violenza dispiegata dallo squadrismo fascista e in cui si assunse sostanzialmente la responsabilità del delitto Matteotti.
Iniziava così, anche simbolicamente, il “Ventennio”.
L’anno successivo, nel 1926, la dittatura si consolidò ulteriormente con le cosiddette “Leggi fascistissime” che introdussero una serie di provvedimenti drastici, quali lo scioglimento dei partiti politici, l’introduzione del Tribunale speciale per la difesa dello Stato, l’introduzione del confino e della pena di morte per gli oppositori al regime.
L’avvento del regime fascista rappresentò una netta discontinuità, o se si vuole, una vera e propria cesura nei rapporti tra l’italofono ed elvetico Canton Ticino e il vicino Regno d’Italia; una cesura probabilmente non meno importante di quella avvenuta nel 1861, alla fine dell’epoca risorgimentale e al momento della proclamazione del nuovo Regno d’Italia.
È esattamente questo quarto di secolo (1920/21-1945), di rapporti difficili tra il nostro Cantone e la vicina Italia, che verrà indagato nel corso del presente ciclo di conferenze, articolato in quattro serate, che si terranno a LaFilanda tra marzo e aprile.
Per offrire, dapprima, uno sguardo d’insieme interverrà lo storico Mauro Cerutti, autore di uno studio fondamentale, Fra Roma e Berna. La Svizzera italiana nel ventennio fascista (Franco Angeli, 1986), traduzione e adattamento della sua più ampia tesi di dottorato scritta in francese, Le Tessin, la Suisse et l’Italie de Mussolini. Fascisme et antifascisme, 1921-1935. Tesi, quest’ultima, pubblicata da Payot nel 1988, ma sostenuta a Ginevra nel 1984, a 40 anni dalla caduta del fascismo e dalla fine della guerra. Sono passati nel frattempo altri 40 anni e il prof. Cerutti – oltre a fornirci un denso profilo storico del periodo – rifletterà criticamente su cosa sia nel frattempo cambiato nella conoscenza e nella percezione di quegli avvenimenti.
Nel Ticino dei tardi anni Venti e degli anni Trenta del Novecento operò un vivace movimento irredentista, per quanto assai minoritario, riunito attorno alla rivista “L’Adula”, messa fuori legge dal Consiglio federale nel 1935.
Fu attivo anche un minuscolo partito fascista che raccolse consensi elettorali del tutto trascurabili. Di questo parlerà il giornalista e storico Orazio Martinetti.
Il prof. Fabio Soldini svilupperà invece il tema della politica culturale promossa dall’Italia fascista nei confronti della Svizzera italiana, ritenuta minacciata dalla germanizzazione. Presenterà inoltre l’ampio e fecondo apporto di molti fuoriusciti antifascisti italiani alla vita culturale del Cantone, specialmente durante la Seconda guerra mondiale.
Il ciclo si concluderà con la conferenza del noto storico e giornalista italiano Gianni Oliva, che da anni si occupa degli aspetti meno indagati della recente storia italiana, con particolare attenzione ai nodi irrisolti del periodo 1943–1948.
Oliva presenterà il suo ultimo libro 45 milioni di antifascisti: il voltafaccia di una nazione che non ha fatto i conti con il Ventennio (Mondadori, 2024), ritratto di un paese che non ha elaborato, con onestà intellettuale, il proprio oscuro passato recente; una circostanza che, secondo l’autore, pesa tuttora sul presente.

IL PROGRAMMA A LAFILANDA PROMOSSO DALLA BIBLIOTECA CANTONALE DI MENDRISIO

• Domenica 9 marzo alle 17: Mauro Cerutti. Il Cantone Ticino durante il Ventennio fascista. A cento anni dall’inizio della dittatura mussoliniana. Introduce Renato Simoni.

• Domenica 23 marzo alle 17: Orazio Martinetti. Irredentismo e filofascismo nella Svizzera italiana durante il Ventennio”. In dialogo con Maria Grazia Rabiolo.

• Domenica 6 aprile alle 17: Fabio Soldini. La cultura italiana in Ticino durante il fascismo e in particolare negli anni di guerra. In dialogo con Maria Grazia Rabiolo.

• Domenica 13 aprile alle 17: Gianni Oliva. Titolo ancora da definire ma l’incontro prenderà spunto dal suo libro intitolato “45 milioni di antifascisti: il voltafaccia di una nazione che non ha fatto i conti con il Ventennio” (Mondadori, 2024). In dialogo con Stefano Vassere, direttore delle biblioteche cantonali.

I protagonisti della prima serata:
Mauro Cerutti (1945), professore emerito all’Università di Ginevra, insegna Storia contemporanea. I suoi lavori concernono la storia del movimento operaio svizzero, l’antifascismo, le relazioni italiane in Svizzera e la politica estera elvetica. Collabora alla pubblicazione dei Documenti Diplomatici Svizzeri.
Renato Simoni (1949), laureato in storia all’Università di Ginevra, storico, ha insegnato al Liceo di Mendrisio. Le sue ricerche riguardano soprattutto la storia ticinese e spagnola. È membro della Fondazione Pellegrini Canevascini.