Il parco del Laveggio all’esame

0
147
Enrico Sassi, Grazia Bianchi e Mosè Cometta. Sullo sfondo l’esposizione realizzata dagli studenti.

La prova che non ti aspetti. Il Parco del Laveggio, che nel 2023 ha avuto il suo anno dedicato, è stato tema d’esame per una ventina di studenti di Master dell’Accademia di architettura di Mendrisio. L’esito degli elaborati forma ora una interessante mostra allestita al pianterreno del Palazzo Canavée e aperta gratuitamente al pubblico fino al 21 febbraio.

Lo scorso semestre Mosè Cometta – ricercatore presso l’Istituto di Studi Urbani e del Paesaggio e docente del corso “Analisi politica dei criteri di pianificazione territoriale” – ha guidato una ventina di studenti dell’Accademia di architettura dell’USI alla scoperta di questa realtà locale. Gli studenti, provenienti da tredici nazioni diverse, hanno sviluppato una serie di analisi che interrogano il parco da punti di vista disparati, con una serie di interventi che spaziano dal che cosa costituisce un parco, al rapporto – conflittuale o costruttivo – fra attori e settori diversi che lo caratterizzano, all’accessibilità del parco e all’equilibrio fra promozione della natura e dinamiche sociali. Il parco e la sua realtà nel cuore del Mendrisiotto sono dunque diventati lo spunto per una riflessione più ampia sulle modalità e i criteri della pianificazione territoriale. Il risultato di questi dibattiti è un’esposizione di minuziosi poster in inglese nell’atrio del Palazzo Canavée. Non è la prima volta – evidenziano i promotori – che l’Accademia di Architettura si occupa del Parco del Laveggio. La documentazione di base del corso è infatti costituita dalla pubblicazione “Parco del Laveggio – Progetto modello Sviluppo sostenibile 2014-2018”. Il volume è stato elabrato con il contributo della Confederazione, dell’Ente Regionale per lo Sviluppo del Mendrisiotto e Basso Ceresio” e del gruppo di lavoro composto dai “Cittadini per il territorio”, dallo studio per la partecipazione “C0.Designers” (Claudia Scholz e Louise Brandberg Realini), dallo studio di consulenza e ingegneria ambietale “Trifolium” (Franziska Andres, Karen Falsone) e dal “Laboratorio Ticino” – USI Accademia di architettura (il compianto Michele Arnaboldi, Enrico Sassi, Francesco Rizzi e Alfredo Vitiello).
A Palazzo Canavée, accanto alle “opere” realizzate dagli studenti, abbiamo incontrato i protagonisti dell’evento. Come si è sviluppata l’iniziativa? Mosè Cometta: “Avevo di fronte a me una ventina di motivati studenti provenienti da tutto il mondo. E così ho pensato che il Parco del Laveggio potesse valer bene l’oggetto di approfondimento: uno spazio ancorato nel nostro territorio, un esempio molto locale che rispondeva perfettamente ai criteri di discussione politica del modulo.

Nel corso della sua realizzazione sono state messe in gioco tutta una serie di relazioni di potere, di iniziative tra attori che fanno il territorio, di iniziative di contro-pianificazione”. Tutti promossi? “Sì. E sono stato positivamente sorpreso dai risultati. Il corso si fondava sulla lettura di testi teorici sulla produzione dello spazio e, ancor prima di fornire loro informazioni complete su questa realtà locale, ho accompagnato gli studenti a passeggiare lungo il Parco del Laveggio. Il loro compito era di realizzare un poster che focalizzasse aspetti per loro importanti con un collegamento fra questo territorio e i dibattiti teorici trattati in classe, lasciando loro la massima libertà. Ognuno ha riflettuto su variegati nuclei tematici”.
Grazia Bianchi, coordinatrice, assieme a Ivo Durisch, dell’associazione Cittadini per il Territorio, ha potuto esaminare da vicino ogni lavoro. Un motivo di orgoglio per il vostro sodalizio, dopo il lungo e fortunato percorso del Parco del Laveggio? “Senz’altro. È stato interessante vedere il lavoro dei giovani, la maggior parte dei quali provenienti dall’estero e che dunque non conoscono il fondovalle del Mendrisiotto. Una buona parte degli autori dei poster ha saputo cogliere con analisi interessanti lo spirito del nostro progetto, ossia creare da una parte un’area di svago di prossimità, ma anche rendere attenta la popolazione sullo sviluppo disordinato del nostro territorio. Alcuni hanno percepito che questo è un parco urbano e non esclusivamente naturalistico, attraversa infatti zone molto diverse fra loro: industriali, commerciali, agricole, residenziali. Il nostro progetto è stato essenzialmente quello di unire tratti di sentieri che c’erano già e di rendere il percorso più piacevole e interessante”.
Enrico Sassi, architetto e architetto paesaggista, coordinatore dell’Istituto di studi urbani e del paesaggio diretto dal professor Jonathan Sergison, e già coordinatore del Laboratorio Ticino, ha seguito dal canto suo i primordi che hanno condotto al documento “Parco del Laveggio – Progetto modello” sullo sviluppo sostenibile del territorio: “Da qui abbiamo sviluppato la cartina e in questa fase il concetto di parco si è consolidato e ha offerto una spinta significativa alla percezione di uno spazio che prima di allora non era neppure ancora tangibile. La continuità di lettura del Parco del Laveggio è tuttora in itinere”. Aggiunge Grazia Bianchi: “Prima il fiume e le rive erano su più tratti degradate. Lo studio sul Laveggio, pubblicato nel 2017, è servito. La Confederazione ne ha colto il valore e il fatto che a promuoverlo sia stata un’associazione e non un ente pubblico, è stato vincente”.
L’unicità del Parco del Laveggio ha spiazzato anche gli studenti del Corso di Master. Lo racconta il docente Cometta, che sottolinea: “Il Laveggio è qualcosa di completamente diverso rispetto a un parco urbano tradizionale con il tipico giardino all’inglese. Questo è stato anche uno degli aspetti più arricchenti, il poter osservare come da un concetto di parco è stato ripensato un territorio che effettivamente era marginale, periferico e poco utilizzato. Per questo motivo il Parco del Laveggio, costituito dai Cittadini per il Territorio in primis, e da diversi partner, permette di pensare l’intero territorio del fondovalle del Mendrisiotto con un esito decisamente interessante”.
E la singolarità dell’oggetto viene ribadita anche dall’architetto Sassi: “Il Parco del Laveggio è un caso di studio ricco e affascinante per chi si occupa di territorio e pianificazione. Un progetto voluto dal basso dall’associazione Cittadini per il territorio, e realizzato con grande agilità, inventiva e mezzi limitati. Il parco valorizza uno spazio marginale tenendo in equilibrio criteri ecologici e necessità di aree pubbliche di svago per il Mendrisiotto: un raro esempio che mostra come le buone idee possono incidere migliorando la qualità del nostro territorio. D’altra parte il parco contemporaneo è costituito da stratificazioni, di modifiche che la società ha realizzato sul territorio e che oggi possono essere rivalutate. L’importante è avere un disegno, una visione, un concetto. Ricordo che del Parco del Laveggio era stata realizzata una cartina”. Che nel frattempo è già mutata. “Anche perché – evidenzia Grazia Bianchi – la nostra Associazione raccoglie ancora a tutt’oggi informazioni, suggestioni, segnalazioni dai fruitori. È sufficiente scrivere a info@parcolaveggio.ch e nel limite del possibile interveniamo attivamente”.
Insomma, a riprova che il progetto mantiene intatto il suo spirito partecipativo con un processo di consenso in perenne cammino. “Un progetto che – ci tiene a sottolineare Grazia Bianchi – è stato possibile concretizzare nei suoi elementi principali nel 2023, grazie alla competenza e all’entusiasmo di due giovani architetti della regione, Carlo Romano e Oliviero Piffaretti e del loro team di cui fa parte Giacomo Hug, che ha curato con grande sensibilità l’immagine del Parco”.