
Il Parco del Laveggio si trova al centro di un innovativo progetto pilota volto a una manutenzione ecologica della vegetazione riparia.
Responsabili di questa iniziativa sono l’associazione Cittadini per il territorio, il Consorzio manutenzione arginature del Medio Mendrisiotto e il Dipartimento cantonale del territorio. All’interno del Parco del Laveggio si intende sperimentare un metodo di manutenzione della vegetazione degli argini del fiume che tenga in maggiore considerazione biodiversità e paesaggio.
Il corso d’acqua, nell’Alto Mendrisiotto, attraversa un territorio fortemente urbanizzato. Grazie alla realizzazione del sentiero del Parco del Laveggio, inaugurato lo scorso anno, sono state rese accessibili al pubblico delle aree residuali a ridosso di importanti arterie stradali e industrie. Come in molte analoghe situazioni, anche qui la manutenzione tradizionale della vegetazione degli argini viene eseguita secondo criteri intensivi che tagliano l’insieme delle piante rasoterra, lasciando le rive del fiume completamente sguarnite. Oltre a impoverire il paesaggio circostante, queste pratiche eliminano di fatto le possibilità di rifugio per la fauna in un biotopo cruciale, quello dei corsi d’acqua, mentre l’assenza di ombreggiatura ne favorisce il surriscaldamento.
Le nuove esigenze di queste aree, che oggi hanno assunto anche una funzione di svago, le rendono un luogo ideale allo scopo di sperimentare delle soluzioni di manutenzione che – considerando parimenti le necessità pratiche e i costi di gestione – tengano maggiormente conto degli aspetti ecologici e paesaggistici. L’associazione Cittadini per il territorio, promotrice del Parco del Laveggio, il Consorzio manutenzione arginature del Medio Mendrisiotto e il Dipartimento del territorio del Cantone Ticino vi hanno quindi istituito un progetto pilota.
L’area di test è definita all’interno del perimetro compreso tra i magazzini comunali e il ponte di Penate a Mendrisio, un nuovo tratto del percorso molto frequentato dai gitanti. In seguito al rilevamento delle specie presenti, viene attuato uno sfalcio delle rive meno frequente e a zone alternate, affinché la fauna possa sempre trovare un’opportunità di rifugio, mentre il calendario degli interventi rispetta scrupolosamente i periodi di riproduzione, selezionando le fioriture e lasciando disseminare le specie più interessanti.
Se all’apparenza le rive avranno inizialmente un aspetto incolto per l’occhio del visitatore, il carattere più selvatico della vegetazione è proprio ciò che permetterà al fiume di tornare a svolgere una funzione ecologica importante, tanto più in un territorio caratterizzato da una significativa urbanizzazione.
In una seconda fase, la messa a dimora di nuove piante a dicembre creerà delle macchie di vegetazione più alta per offrire riparo, nutrimento e ombra, con un occhio di riguardo al valore paesaggistico e uno alle esigenze pratiche della manutenzione.
Dal monitoraggio dell’esperienza e dalle sue conclusioni saranno tratte delle linee guida per la gestione degli argini del resto del Parco del Laveggio. L’auspicio dei promotori è quello di riuscire a trovare un sistema sostenibile e maggiormente ecologico che possa rivelarsi utile e replicabile anche in altri contesti.