Da Coldrerio a Locarno, la produttrice Michela Pini con due film al Festival

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Michela Pini.

Se non trovi i soldi non giri un film. Di una pellicola si amano e ricordano generalmente attrici, attori e registi. Ma c’è una parte invisibile del cinema: è quella del produttore. A svolgere da lungo tempo e con passione questa irrinunciabile professione è Michela Pini, 44 anni, nata e cresciuta a Coldrerio, che fra poche ore si appresta a vivere con trepidazione la 77esima edizione del Locarno Film Festival: Electric Child del regista svizzero Simon Jaquemet, di cui è produttrice, sarà proiettato questa sera, venerdì 9 agosto, sullo schermo della prestigiosa Piazza Grande.
“Electric Child – dichiara la nostra interlocutrice – è stato prodotto dalla “8horses” di Zurigo, un collettivo di artisti, registi e produttori, tra cui me. Il film è una produzione tra Svizzera, Germania, Olanda e Filippine. Si tratta di un’opera d’autore che parla dell’intelligenza artificiale, ma con uno sguardo umano. Non svelo di più. Il film emoziona e solleva interrogativi di stretta attualità, invita a riflettere su quesiti quale quello se l’IA sia davvero in grado di competere con un umano”.

Quali sentimenti si provano a pochi istanti dal debutto del film in Piazza Grande?
“La piazza è sempre un posto tra i più emozionanti in cui presentare un film. Mi era già capitato nel 2022 con Semret di Caterina Mona prodotto dalla mia casa di produzione Cinedokke. È un gran bel momento presentare questo nuovo lavoro che ci vede impegnati da anni. Electric Child è stato girato in tre paesi, con molti effetti speciali, per cui siamo tutti in fibrillazione”.
Michela Pini lavora lavora tra Ticino e Zurigo. Dal 2007 possiede una casa di produzione, la Cinedokke. Vice-presidente della Ticino Film Commission, ha collaborato per anni, fra le altre, con Amka Films e Imago Film. Per Cinedokke è attualmente impegnata in Vallemaggia dove Erik Bernasconi sta girando il film Becaària, adattamento cinematografico del romanzo di Giorgio Genetelli, “dopo che le riprese sono state bloccate – racconta la produttrice momò – in seguito alla tragica notte tra il 29 e il 30 giugno quando il violentissimo nubifragio ha devastato la valle”.

Michela Pini è co-produttrice anche di un secondo lungometraggio che approderà a Locarno nella sezione Cineasti del presente, domani, sabato 10 agosto alle 11 al Palacinema (repliche l’11 e 12 agosto). Si tratta di Der Fleck per la regia di Willy Hans, opera girata in Svizzera che affronta la storia di un adolescente e il compiersi di un’intera sua giornata con altri coetanei in riva a un fiume.

Ma in cosa consiste nel concreto il mestiere di produttore?
“Comporta essere con il film, esserci sin dalla prima idea, sin da quando al regista, all’autore, allo scrittore viene questa prima idea e quindi si inizia a lavorare. Si tratta sempre di tempi lunghi, anni, fino al compimento dell’opera, che rappresenta un momento emozionante ma al contempo anche di paura perché il film viene presentato per la prima volta. Come faccio a scegliere un progetto? È difficilissimo: lo scelgo per un mio gusto personale?, perché affronta un tema di attualità e pertanto ci sarà un pubblico?, perché conosco il regista?, perché penso che possa essere facilmente finanziato? Io credo che debba innanzitutto essere un progetto che mi prende, che lo sento nella pancia. Ma anche le persone con cui collabori sono un aspetto importante, perché lavorare con un regista o una regista è quasi come fare un piccolo matrimonio. Ci deve essere reciproca fiducia. È un percorso impegnativo: ci sono momenti in cui si ricevono dei no, e altri di grande euforia quando ottieni i finanziamenti”.

Per fare un film è insomma imprescindibile trovare i soldi sin dalla sceneggiatura?
“All’inizio si lavora molto con il regista e lo sceneggiatore sulla storia. Dal canto mio cerco di dare i miei feedback e insieme si cerca quello che si può migliorare e in quale direzione vogliamo andare. Una volta ottenuti i soldi per scrivere la sceneggiatura, parte un secondo round per trovare i finanziamenti per realizzare l’opera. Quindi c’è il casting, vanno trovate le location, e finalmente si giunge alle riprese che vedono presente un gran numero di persone. Poi tutti se ne vanno e si rimane ancora tra produttore e regista”.

Quando è sbocciata la passione per il cinema?
“Da sempre. È un’ammirazione, sono ammaliata dal cinema perché guardare un film ti sembra di essere in un altro mondo. Mi ero sempre detta che avrei voluto fare la regista, poi pian piano ho capito che esistono molte altre professioni attorno alla settima arte, tra cui quella del produttore, che cerca finanziamenti e organizza. Io sono stata per tantissimi anni negli Scout a Balerna e avevo sempre questa passione per organizzare campeggi con gli esploratori, creare eventi, che ha coinciso con la mia professione: organizzare, mettere insieme le persone, stare con la gente. Ho iniziato dapprima come assistente di produzione, poi organizzatrice, poi direttrice di produzione e quindi produttrice. Mi fa sorridere dirlo, ma tante persone che sono finite nel cinema sono state negli scout”.