Balerna, fu un grande atto civico

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Una veduta su Balerna (foto archivio)

(red.) Il “Dossier Amianto” pubblicato dalla Lega polmonare ticinese in occasione dei 100 numeri del suo bollettino  (cfr. l’Informatore di venerdì 31 luglio) racconta, in modo documentato ed oggettivo, la vicenda del mancato insediamento a Balerna, nel 1977,  di una fabbrica per la produzione di materiali in fibra d’amianto con una cinquantina di operai. Sindaco, in quegli anni – fu eletto nel 1972, a 25 anni, – era Antonio Cavadini, citato, nel dossier, insieme al segretario comunale Carlo Crivelli.

Il Municipio, Cavadini, aveva rilasciato la licenza edilizia nel 1976, tanto che il capannone venne costruito. I Comuni erano di manica larga, allora… Parlare di manica larga è esagerato. È vero invece che vedevano di buon occhio l’insediamento delle fabbriche perché portavano posti di lavoro e un indotto non trascurabile.
Quale spazio occupavano nelle decisioni delle autorità la questione ambientale, la salute dei lavoratori e della popolazione?  Il grado di sensibilità corrispondeva al livello delle conoscenze di allora. Conoscenze che, poi, hanno avuto uno sviluppo imprevedibile e certamente importante. Ma quelle allora disponibili, purtroppo, non bastavano per prendere decisioni che garantissero insediamenti al riparo dai guai.
Eppure sapevate che là dentro si sarebbe lavorato l’amianto, pericoloso per i polmoni degli operai e per l’aria stessa di tutta la regione. Perché deste il vostro consenso, rilasciando la licenza di costruzione?
L’attività si capiva benissimo dal nome della società, Asbestos, sinonimo di amianto. Ma fino a quel momento non ci erano stati segnalati dei pericoli, anche perché l’istanza competente per valutare le produzioni e i materiali impiegati non era il Comune ma il Cantone e gli uffici federali. Nessun’autorità superiore ci aveva indicato dei rischi prima di concedere la licenza.
Perché, poi, il Municipio, da lei condotto, cambiò idea, impedendo l’avvio dell’attività?
Fu determinante, nella nostra decisione, l’attività del movimento popolare di opposizione che fece un lavoro di sensibilizzazione molto rigoroso, raggiungendo un livello di condivisione con il pubblico straordinario e coinvolgente. Giornali, radio e televisione mostravano molta attenzione per quanto stava succedendo a Balerna dove, io credo, vennero scritte pagine importanti sulle relazioni tra attività produttive, ambiente e salute. Ricordo che la sensibilità verso questi temi crebbe in poco tempo in modo clamoroso. D’accordo con il Dipartimento opere sociali, il cui direttore Benito Bernasconi si era pubblicamente espresso per il veto, il Municipio non diede il permesso per avviare la produzione; un orientamento – se si vuole una… retromarcia – che tutti apprezzarono. L’edificio restò chiuso per diversi anni, ci furono anche dei ricorsi da parte degli imprenditori; finché si insediò la Chicco d’Oro, una realtà imprenditoriale che ancor oggi dà lustro al borgo di Balerna.
Con quale sentimento ricorda quegli anni, Cavadini?
Non voglio apparire presuntuoso ma fu un periodo di grande partecipazione civica che è continuato subito dopo con un confronto molto serrato sul Centro degli anziani; contro il progetto di investire 10 milioni di franchi per tenere nel cuore del paese i nostri anziani, fu lanciato un referendum. Vinsero i sì, con 1155 voti, mentre i no furono 421. Ricordo ancora il dibattito conclusivo nella palestra, animato dal giornalista Silvano Toppi, 500 persone sedute ed altrettante in piedi…