
Una voce locale pronta a levarsi in un dibattito di livello mondiale. Da Rovio a Baku, capitale dell’Azerbaijan, per una causa nobilissima: la salvaguardia del clima e del pianeta. È sul piede di partenza Nicolas Cavadini, 24 anni, originario di Riva San Vitale (nella foto). A breve prenderà parte con un ruolo di primo piano alla Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici Cop29 in agenda dall’11 al 22 novembre e si ritroverà a dibattere soluzioni ambientali alla presenza di capi di Stato provenienti da quasi tutti i Paesi della Terra e che vedrà l’Unione europea puntare sulla finanza climatica e sull’obiettivo di limitare il riscaldamento globale a 1,5 gradi.
“Partecipo a questo evento come delegato selezionato della ONG svizzera Swiss Youth For Climate” – dichiara Nicolas a l’Informatore, che raggiungiamo telefonicamente a Losanna dove sta conseguendo il master in Public Management and Policy, dopo il bachelor in Relazioni internazionali a Ginevra e il liceo a Mendrisio. “È un’opportunità unica non solo per rappresentare il mio Paese – credo di essere l’unico delegato del Cantone – ma anche per portare la voce delle giovani generazioni ticinesi su un palcoscenico internazionale”.
Sei alla tua seconda esperienza: dopo aver preso parte alla Cop28 di Dubai, ti appresti ora a partecipare alla Cop29. Quale sarà il tuo ruolo?
“Alla mia prima Conferenza climatica ho capito come funziona e per questa seconda Cop ho l’occasione di mettere ancora più in pratica tutto quanto ho potuto imparare. In quanto ONG a Baku partecipiamo da osservatori della società civile con l’obiettivo di fare in modo che i Governi, gli Stati, come pure le imprese sul posto, mettano in atto concrete azioni per il clima. Prenderemo concretamente parte ai dibattiti. Se terrò un intervento mio non è ancora dato saperlo, ma certamente ci coalizzeremo con altre ONG di giovani presenti, con l’obiettivo di portare rivendicazioni comuni. Io sono specializzato nella negoziazione delle perdite e dei danni che subiscono i Paesi più vulnerabili a causa degli effetti del cambiamento climatico. Lo scorso anno alla Cop28 su questa tematica ho contribuito a preparare un intervento pronunciato dal podio”.
Il tutto si svolge come in un Parlamento?
“In quanto membro di Swiss Youth For Climate abbiamo specifici obiettivi e richieste, ma entriamo a far parte in un network di altre organizzazioni in rappresentanza dei giovani. Si tratta anche di trovare un compromesso tra le nostre idee con lo scopo di giungere a coese visioni d’insieme. Siamo tanti giovani, la parola chiave nell’ambito del cambiamento climatico è l’inclusione, frutto di numerose negoziazioni”.
Quali saranno le tue-vostre rivendicazioni più significative per il clima alla Cop29?
“L’anno scorso alla Cop28 sono state fatte delle promesse volte all’abbandono graduale dei gas a effetto serra, delle energie non rinnovabili, ossia petrolio e carbone. Princìpi che tuttavia vanno ripresi anche alla Cop29 perché per ora il termine graduale rimane vago. Quello a cui oggi miriamo è un abbandono delle energie fossili e non soltanto una diminuzione. Perché finora non si è detto in quali termini e soprattutto in quali tempi si vuole intervenire”.
E voi per quale data limite vi battete?
“In Svizzera e in Europa si parla del 2050. Un termine tuttavia non attuabile per certi Paesi che sono più indietro nello sviluppo energetico sostenibile, per cui il dibattito è in corso. È importante stabilire un piano concreto. Noi come delegati di ONG non possiamo intervenire al pari dei capi di Stato, anche se l’anno scorso a Dubai ho potuto dibattere con il primo ministro dei Paesi Bassi. Anche quest’anno ci saranno ogni giorno importanti tavoli di discussione, dall’agricoltura, all’alimentazione, ai trasporti, ai giovani, all’acqua, alla salute, e io vi prenderò parte almeno ad alcuni. Il nostro lavoro di volontari dura tutto l’anno, ci impegna parecchio e non siamo remunerati”.
I lavori della Cop29 si svolgeranno in un immenso stadio di calcio.
“Esatto. Fortunatamente non è stata creata una sede costruita a nuovo, ma è stata ripristinata una location preesistente. Purtroppo l’Azeirbaijan è un Paese petrolifero, ma sta compiendo passi avanti. A Baku ci sono le Flam Towers alimentate con pannelli solari”.
Terminati gli studi, quale professione ti piacerebbe svolgere?
“Il mio sogno sarebbe di poter lavorare all’interno del Dipartimento degli affari esteri e operare nell’ambito internazionale. In tutto quello che faccio cerco sempre comunque di rimanere apolitico. Per me il dialogo è alla base di tutto”.
Come è nata la tua sensibilità per il clima?
“Sin da bambino ero appassionato di animali, volevo fare il veterinario, avevo già un’indole nel voler proteggere. Anche l’inquinamento del Mendrisiotto è stato sicuramente un input che mi ha avvicinato alla questione climatica”.