Campione in ginocchio

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Manifestazioni nell'enclave.

Settimana dolorosa nell’enclave dove dalle 500 alle 600 persone si sono trovate senza lavoro per il fallimento del Casinò. La comunità è in ginocchio ma si batte a suon di presidi chiedendo la riapertura della Casa da gioco. Sabato sono state due le manifestazioni: una dei dipendenti e dei sindacati in Prefettura a Como dove i campionesi hanno potuto incontrare il prefetto Ignazio Coccia e l’altra di genitori e bambini davanti alla scuola materna locale. In effetti, serpeggia il timore, ormai più che concreto, che la materna Garibaldi di Campione non possa riprendere le sue attività a settembre visto che i nove dipendenti sono stati licenziati come diretta conseguenza della crisi prima e del fallimento poi del Casinò. Una situazione che di fatto sta facendo franare l’intera amministrazione comunale.

Riaprire subito il Casinò di Campione d’Italia. Una chiusura prolungata dell’unica fonte di reddito per l’intera comunità campionese rappresenterebbe un durissimo colpo per l’economia locale e per centinaia di famiglie. Va assolutamente evitata e scongiurata”. Sono le parole pronunciate da Alessandro Fermi, presidente del Consiglio regionale di Regione Lombardia, martedì a Milano dove un centinaio di dipendenti della casa da gioco campionese si sono radunati in presidio. Davanti al Pirellone, i lavoratori hanno protestato contro la chiusura del Casinò. Ai 500 posti della casa da gioco a rischio licenziamento si aggiunge l’incertezza per circa 100 dipendenti del Comune. Poche ore prima dell’incontro milanese, i curatori fallimentari del Casinò avevano dichiarato che la riapertura è impossibile.
Settimana di fuoco dunque per la comunità campionese. Venerdì 27 luglio i dipendenti si sono recati al lavoro ed è stato loro chiesto di riconsegnare i badge e di tornare a casa: poche ore prima il Tribunale di Como aveva infatti dichiarato la bancarotta del casinò che per dimensioni è considerato la seconda più grande casa da gioco d’Europa.
Da mesi lo storico casinò era in crisi ma il suo tracollo repentino ha messo in ginocchio l’intera comunità (composta da 2mila abitanti) la cui economia è essenzialmente basata sull’attività dell’azzardo. Ora c’è di mezzo il futuro di 600 famiglie. Dipendenti, famigliari e loro amici che in questi giorni si sono mobilitati organizzando un presidio quasi continuo davanti al Palazzo municipale di Campione per chiedere la riapertura del casinò (cfr. immagine in prima pagina) e davanti al Pirellone di Milano dove hanno incontrato i vertici della Regione Lombardia. Proprio a Milano martedì, una delegazione delle rappresentanze sindacali è stata ricevuta in Consiglio regionale e accolta dal presidente del Consiglio regionale Alessandro Fermi. “Solleciteremo il Ministero dell’Interno e il Ministero delle Finanze” ha dichiarato Fermi scendendo in campo al fianco dei lavoratori di Campione. Poche ore prima, i curatori fallimentari della casa da gioco avevano stabilito che la struttura non potrà riaprire per almeno 5 anni. Alla base dell’impossibilità di riaprire (anche provvisoriamente) vi sarebbero ragioni di carattere giuridico prima ancora che economico. Infatti la convenzione stipulata nel 2014 fra la Casa da gioco e il Comune – che ha affidato la gestione del Casinò alla società attualmente fallita – prevede che la stessa gestione decada nel caso di un fallimento della società. In pratica, in base alla convenzione, una volta cessato il rapporto, la società è tenuta a riconsegnare i beni immobili e mobili al Comune. L’amministrazione del Comune di Campione si trova con un immobile che nessuno al momento può gestire come casa da gioco. Viene inoltre citata la legge Madia del 2016 che vieta alle amministrazioni pubbliche – nei 5 anni successivi alla dichiarazione di fallimento di una società a controllo pubblico – di creare nuove società o acquisire partecipazioni in società che gestiscono i medesimi servizi della società fallita.