Sui cantieri della LIA

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(red.) LIA: era meglio prima o adesso stiamo meglio tutti?  Vediamo il caso della categoria dei falegnami. All’albo istituito dalla Legge cantonale sulle imprese artigianali (LIA) sono attualmente iscritte 54 ditte residenti in Italia, mentre quelle svizzere sono 122, di cui 5 residenti in altri Cantoni, a San Gallo, Lucerna e Uri; le altre in Ticino. Praticamente per ogni due aziende ticinesi iscritte ce n’è una attiva in Italia. Sono imprese artigiane che hanno superato con successo la non semplicissima procedura d’iscrizione (cfr. l’Informatore di venerdì scorso) che hanno pagato la tassa d’iscrizione di 600 franchi e che dunque possono entrare in Ticino a lavorare nei rami definiti dalla LIA sotto il  capitolo “opere da falegname”. Diverse le ditte d’arredo, altre posano infissi.

 

Molte sono canturine, altre sono domiciliate in Valtellina, in Brianza, nella Bergamasca, a Como, Varese; ma ce ne sono anche di milanesi e di toscane. I titolari hanno dovuto presentare alla commissione della LIA i loro titoli professionali. Troviamo così alla testa delle imprese, o comunque quali persone di riferimento, geometri, tecnici dell’industria e del mobile, maestri d’arte in arredamento, architetti, periti industriali, diplomati in arte applicata,  in ingegneria gestionale, periti commerciali, disegnatori di mobili. Nel “portfolio” esibiscono una gran varietà di lavori già effettuati e di fornitori italiani; si capisce che per alcune realtà il Ticino è tutt’altro che un mercato sconosciuto.

Ora sappiamo chi sono
La LIA, soprattutto in rapporto agli obiettivi che vuole raggiungere, è come noto controversa. Chi la sostiene pensa che l’avvenuta iscrizione delle ditte italiane, poche o tante che siano, è la traduzione concreta degli auspici delle categorie professionali interessate e dei sindacati che per anni hanno denunciato il “mercato nero” dei colleghi lombardi, colpevoli di rovinare il mercato del lavoro ticinese e di sfruttare i propri dipendenti. Finalmente – dicono – sappiamo ora chi sono le ditte autorizzate e quali condizioni devono rispettare, che devono essere identiche a quelle in vigore per le ditte ticinesi, iniziando dalle tariffe.

Ora i ticinesi sanno dove cercare
Chi avversa la LIA, raccogliendo firme per abrogarla – in particolare fra i piccoli artigiani e i tuttofare – con una punta di amarezza, osserva che adesso, quando un committente ticinese cerca un falegname italiano che garantisca le stesse condizioni delle ditte nostrane, non deve far altro che consultare l’albo LIA: troverà l’elenco completo, con nome, cognome e indirizzo.

Molte imprese sono sconcertate
L’associazione di categoria dei falegnami, contraria alla petizione, sul proprio sito si fa portavoce degli associati: “molte imprese sono sconcertate dalle motivazioni addotte nella petizione in quanto scorrette e fuorvianti”. Motivazioni che hanno determinato una ferma presa di posizione da parte dei funzionari cantonali che devono applicare la legge. “È importante sottolineare che l’obiettivo della LIA – ha fatto sapere all’associazione professionale dei falegnami la direttrice della LIA Cristina Bordoli Poggi –  non si esaurisce nell’iscrizione delle imprese a un albo. Sono importanti i controlli volti alla lotta contro gli episodi di malaedilizia purtroppo molto frequenti nel nostro Cantone, controlli spesso condotti congiuntamente agli altri enti di vigilanza, che permettono di intervenire su più fronti, moltiplicando l’effetto dei controlli. Sospendere a breve la LIA, come ventilato dalla petizione – continua Bordoli Poggi – significherebbe non concedere nemmeno l’opportunità di valutarne concretamente gli effetti, di analizzare i risultati e riflettere su eventuali correttivi. Troppo facile affermare che l’idea è sbagliata, senza applicare e analizzare davvero tutte le possibilità offerte dal dispositivo; e senza  però proporre delle alternative concrete a sostegno e in difesa delle imprese che operano correttamente e si impegnano giorno per giorno a favore di un’economia sana, che sostengono qualità e professionalità, che garantiscono posti di lavoro, formazione e un futuro ai giovani che desiderano intraprendere un tirocinio nei settori artigianali”.

La concorrenza è aumentata
Per rispondere all’interrogativo iniziale, per stabilire cioè se la situazione attuale sia migliore rispetto a quella precedente, con il suo brutto sottofondo di sospetti e di “lavoro nero”, bisognerà aspettare ancora diverso tempo. Ma almeno una considerazione può essere fatta: la concorrenza fra ditte ticinesi e italiane è aumentata perché l’albo LIA è garante di qualità per tutti, indistintamente dal luogo di provenienza delle ditte, siano esse ticinesi o italiane.

Saper curare bene il cliente
Lo sa bene l’associazione svizzera di categoria che sul proprio sito non esita ad attirare l’attenzione proprio sull’evoluzione avvenuta negli ultimi anni nel settore, con un occhio di riguardo verso la qualità: “La professione è in profonda evoluzione: da ditte con macchine tradizionali, in grado di produrre un po’ di tutto, si sta passando a ditte ben posizionate sul mercato, con prodotti assolutamente innovativi. L’avvento delle nuove tecnologie ha richiesto e richiede tuttora grossi investimenti sia in macchine che in risorse umane. Vi è inoltre un’esplosione di possibilità nella scelta delle materie prime; il falegname di oggi non lavora solo legno, ma pure compensati, materie plastiche, vetro e metalli. In un contesto così dinamico, ciò che conta è saper curare il cliente, capire i suoi bisogni, consigliarlo ed infine fornire prodotti di qualità fabbricati con tanto amore e competenza”.

Gli italiani, “è stato un incubo”
Anche le ditte italiane parlano il medesimo linguaggio. Un’azienda dell’hinterland milanese, da anni attiva sul mercato svizzero, a Lugano, ma anche a Zurigo e Basilea, dice proprio le medesime parole: “il cliente svizzero vuole essere seguito. Capisco che diamo un po’ fastidio, ma siamo in un mercato libero; lo svizzero vuole venire  da noi perché lavoriamo bene e ci comportiamo bene”, dicono a l’Informatore i titolari della ditta, che da qualche settimana è iscritta all’albo LIA. È stato difficile farlo? “Un incubo. Siamo molto controllati ogni volta che passiamo il confine e sui cantieri. Ma va bene così. noi siamo in regola”. E i volumi di lavoro? “Di solito si va da poche migliaia di euro fino a  40, 50 mila euro. Finora non possiamo dire se lavoriamo meno o più di prima. Lo sapremo tra qualche mese”.