(p.z.) È rossastra la terra e sembra una ferita difficile da rimarginare. “In questo punto la montagna non aveva mai ceduto” ci dice la squadra che da giorni sta lavorando allo spurgo del tratto colpito dalla frana scesa martedì notte sulla strada cantonale fra Melano e Rovio.
“Altri cedimenti anche importanti si sono registrati in passato anche su questo versante. Siamo abituati ad intervenire, ma questa volta le camionate che abbiamo trasportato! Altro che 50 metri cubi, saranno almeno 300. Quanto ancora lavoreremo? Non lo sappiamo. È una lotteria, basta sfiorarlo e il terreno smotta”. In effetti, pur avendo riaperto al traffico alternato su un’unica corsia già da giovedì della scorsa settimana, i mezzi pesanti hanno continuato senza sosta a portare via materiale roccioso, terra, ceppaie e piante ripulite dal punto esatto della frana. Si cerca anche di creare uno spazio fra la montagna e la strada affinché eventuali piccoli cedimenti possano essere contenuti dal muretto che costeggia la careggiata. I lavori sulla frana sono durati fino a martedì di questa settimana, per poi iniziare nella frana minore scesa poche curve più a valle. “Una volta terminati i lavori di ripulitura – spiega Giovanni Simona, capo ufficio del coordinamento dei Centri di manutenzione delle strade cantonali – è prevista la posa di una rete in aderenza su alcuni tratti della montagna”. Cosa si intende? “Bisogna pensare a delle reti che si appoggiano contro la roccia e servono a contenere i piccoli sassi che si possono staccare dalla parete. Non parliamo dunque di reti per saldare situazioni molto critiche, ma unicamente di reti di contenimento. Problemi ben più marcati li abbiamo avuti negli scorsi anni sulla tratta Maroggia-Arogno ed in effetti si sono dovuti realizzare vari interventi di prevenzione”. Si possono anticipare alcuni pericoli ma è impossibile prevedere eventi come quello capitato martedì notte fra Melano e Rovio, poiché dipendono da condizioni difficilmente ponderabili nel loro insieme: la meteo, lo stato del terreno, le piante che vi si radicano, e via dicendo. Nel caso specifico, il geologo cantonale Giorgio Valenti aveva individuato le cause del cedimento nelle intense precipitazioni dei giorni scorsi, nelle radici degli alberi che si insinuano fra le rocce e nel tipo di terreno che è formato da porfiriti molto disarticolate che sono tipiche della zona. È un filone roccioso che attraversa la Valmara passando sul fronte Maroggia-Lanzo d’Intelvi e dall’altra parte tocca Riva San Vitale-Brusino. Non a caso, proprio la strada fra Riva San Vitale e Brusino è spesso teatro di cedimenti della montagna. Ricordiamo quelli frequenti della primavera 2013 ma soprattutto gli scoscendimenti in alcune zone causati dall’alluvione che si verificò nei giorni 12-14 settembre 1995. Evento che aveva richiesto anche l’intervento dei militari svizzeri per lo sgombero dei materiali e la gestione degli allagamenti a Porto Ceresio. Ci fu una frana anche a Campione d’Italia.
Altro smottamento importante avvenuto nel Basso Ceresio, è stato quello di due anni fa sull’autostrada fra Capolago e Melano: il terreno aveva invaso la corsia sud-nord dell’A2, dopo che – sempre a causa del maltempo – le vasche di contenimento delle ove si erano rese troppo colme. Ma torniamo alle porfiriti che sono rocce della famiglia delle dioriti. Il loro colore può essere grigio-verde o anche rossastro come ben si nota nella “ferita” sopra Melano. Secondo le più classiche definizioni di questo termine, si trovano in filoni di discreto spessore, non superiore al metro.