FFS Cargo: il fronte del no si mobilita a Mendrisio

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Il momento della conferenza stampa giovedì mattina alla stazione di Mendrisio.

Scatta l’ora della mobilitazione. Il comitato ticinese contro la ristrutturazione di FFS Cargo organizza una manifestazione prevista per venerdì 29 agosto a Mendrisio a difesa del lavoro, dell’ambiente e della volontà popolare.
Accanto alle organizzazioni sindacali, hanno già aderito partiti – tra i quali MpS e l’Alternativa di Mendrisio – e associazioni ambientaliste contrari alla decisione di FFS Cargo di chiudere otto terminal intermodali in tutta la Svizzera: due – Cadenazzo e Lugano Vedeggio – sono in Ticino. Gli organizzatori della manifestazione mettono in rilievo le conseguenze più importanti: meno impieghi e infrastrutture, più camion su strada.

Il gruppo ha approvato un appello e ha deciso di organizzare una manifestazione per venerdì 29 agosto con ritrovo alle 18 sul piazzale della stazione di Mendrisio: il corteo percorrerà via Stefano Franscini e via Giorgio Bernasconi per raggiungere il Centro manifestazioni Mercato Coperto dove, ai discorsi, si sommeranno le testimonianze di macchinisti ed esponenti politici (contatti: ti@vsif.com).
FFS Cargo, stigmatizza il comitato ticinese, “si disimpegna brutalmente dal traffico combinato interno svizzero”. Le prospettive riguardano la perdita di quaranta posti di lavoro qualificati nel nostro Cantone (con scarse prospettive di riconversione), il rischio di ulteriori esternalizzazioni e privatizzazioni che portano al peggioramento delle condizioni contrattuali e a salari più bassi “impattando numerose famiglie ticinesi”.
La minaccia è anche di carattere ambientale e si parla di disastro annunciato: la chiusura dei terminal e la sospensione dell’autostrada viaggiante porterebbe 100’000 mezzi pesanti in più all’anno sulle strade interne. Tenuto conto altresì che dal 2021 il numero di camion attraverso le Alpi è tornato a salire, sfiorando il milione.
L’autofinanziamento imposto a FFS Cargo – continua – “è una condanna per la rotaia, schiacciata dalla concorrenza stradale drogata da dumping salariale e costi esterni ignorati”. E tuttavia la direzione imboccata, frutto di scelte politiche, si può invertire. Il comitato ticinese contro lo smantellamento di FFS Cargo avanza la sua ricetta. In primo luogo occorre trasformare il trasporto merci su ferrovia in un servizio pubblico, al pari di quello viaggiatori, sospendendo le misure in atto e impedendo esternalizzazioni e “privatizzazioni selvagge”. Una misura ulteriore concerne l’adeguamento della tassa sul traffico pesante allo scopo di coprire i costi reali del trasporto su gomma. Il comitato chiede inoltre di garantire l’investimento pubblico nella logistica ferroviaria, in modo trasparente e sotto controllo democratico. Soprattutto la richiesta è di revocare la decisone di abbandono dei terminal attivi nel Luganese e nel Bellinzonese e dell’autostrada viaggiante.
Nel nostro Cantone, soggiunge il neonato comitato, gli effetti della ristrutturazione sono già sotto gli occhi di tutti: perdita di occupazione stabile e di competenze ferroviarie; riversamento di decine di migliaia di camion in più sull’asse del Gottardo e, in modo particolare, nel Mendrisiotto; abbandono delle infrastrutture pubbliche da poco ammodernate; peggioramento delle condizioni di sicurezza stradale e ambientale.
Contro la chiusura dei terminal intermodali di Cadenazzo e Lugano Vedeggio si è già mosso il sindacato SEV, scrivendo al Consiglio di Stato e ottenendo l’adesione di numerosi Municipi ticinesi che a loro volta si sono rivolti al Dipartimento federale dei trasporti.