
“Nella decisione di continuare la tintura dei Mori, noi non siamo stati coinvolti” chiarisce Anastasia Gilardi che – con il suo profilo di storica dell’arte ed esperta di Trasparenti – un anno fa, si era detta disponibile a far parte di un comitato scientifico insieme ad altre persone fra le quali i professori Franco Lurà e Flavio Medici.
“Comitato scientifico – ci dice la nostra interlocutrice – che tuttavia non è mai stato convocato né per discutere né per suggerire una soluzione condivisibile in merito alla polemica sui Mori. Del resto sono molti anni che proponiamo di formare un comitato scientifico che possa avere un ruolo di consultazione”.
Ricordiamo che un anno fa la decisione di non più tingere in volto i Mori era stata congelata e poi il maltempo aveva impedito la processione del Giovedì Santo. In quel momento si era nel pieno della polemica poiché la Fondazione aveva espresso l’intenzione di non più far sfilare i Mori tinti per evitare malumori in seno all’UNESCO e all’interno dell’Associazione delle persone afrodiscendenti che vivono in Svizzera e in Europa. Molte a quel punto erano state le reazioni contrarie a questa svolta. Torniamo ad oggi e al punto di vista di Anastasia Gilardi.
Quindi rispetto a quanto dichiarato negli ultimi giorni dai membri del Consiglio di Fondazione, lei precisa che…
Non è corretto dire che “sono stati consultati tutti gli interessati”.
Ci parli di questo comitato scientifico che avrebbe potuto essere di sostegno.
Esistono – e sono note a tutti – almeno quattro o cinque persone di formazione scientifica, lunga esperienza e comprovato interesse sull’argomento, preoccupate sul futuro delle processioni tanto quanto tutti gli organizzatori, ma con un punto di vista più vasto e cosciente rispetto alla realtà contemporanea.
Invece che cosa è successo?
Mi risulta che solo due membri della Fondazione – evidentemente a livello personale – si sono preoccupati di chiedere, a me sola, un parere; e nessuno ha pubblicamente accennato alla formazione di un comitato scientifico. Perciò, ora, come storica dell’arte e forse unica ad aver studiato insieme ai Trasparenti anche le processioni tradizionali di Mendrisio, ritengo di dover dissociarmi pubblicamente dalle decisioni della Fondazione e dei diversi comitati, che – evidentemente – non intendono prendere ufficialmente in considerazione le mie consulenze professionali. Sia chiaro che ciò che finora ho avuto il coraggio di dire non era solo la mia opinione personale, ma il faticoso e frustrante risultato di impietose riduzioni di un fenomeno culturale articolato, complesso e in continuo divenire. Sono consapevole del fatto che i giornalisti hanno le loro esigenze, spesso all’opposto di quelle degli studiosi, ma proseguendo così il pubblico avrà sempre solo mezze informazioni, che aumentano la confusione, invece che chiarire la difficoltà di prendere decisioni.
Come si porrà dunque lei da oggi in poi?
Posso continuare a presentare la tradizione vivente UNESCO dei Trasparenti e delle Processioni (Mori compresi) alla luce degli studi miei e di altri a chiunque fosse interessato, ma in contesti e modi distinti per competenze culturali, lasciando ad altri le interpretazioni ideologiche, politiche e turistiche.
A parte il fatto che non vi hanno coinvolti, cosa ne pensa della decisione alla quale sono giunti?
Vorrei ricordare ai lettori che esistono soluzioni pratiche accettabili e coerenti alla “questione Mori” tra i due estremi ugualmente ridicoli del pacchiano “nero-lucido-da-scarpe” e l’ipocrita “bianco-candeggina”. Teoricamente i Mori della processione sono le nobili guardie del corpo nord-africane di re Erode, etnicamente caratterizzate dal colorito tipico del Mediterraneo; hanno la funzione di dare un tocco esotico alla sua corte. Ma sembra che agli operatori delle Processioni storiche non interessino queste soluzioni.