Nelle case degli anziani ticinesi si usano spesso in modo inappropriato i neurolettici, in particolare la quetiapina. Lo scrive Tribuna medica ticinese, organo ufficiale dell’Ordine dei medici. Come tutti gli altri farmaci, anche questo dispone di indicazioni ben precise, registrate ufficialmente: trattamento della schizofrenia, degli episodi di mania e della depressione associati al disturbo bipolare. Ma l’impiego di queste sostanze, soprattutto a basso dosaggio, è ovunque diffuso fuori da queste indicazioni: gestione di agitazione, demenza, insonnia, disturbi della personalità, di ansia, del comportamento alimentare e altro ancora. I farmaci in questione interagiscono con altri, di cui gli anziani devono spesso fare uso per la cura di malattie specifiche.
La ricerca pubblicata sull’ultimo numero della rivista dei dottori raccoglie i dati di 15 CPA dislocate in tutte le regioni ticinesi e ha coinvolto 1173 residenti, di cui 1/3 (379 persone, corrispondenti a 476 prescrizioni) in terapia con il farmaco menzionato, con prescrizione fissa e /o in riserva.
Per quali ragioni i medici hanno dato queste pastiglie agli anziani? Solo in 23 casi le prescrizioni coincidevano con le indicazioni ufficiali registrate appena citate. Negli altri 449 casi le pastiglie sono state somministrate per trattare l’agitazione (149), demenza (144), ansia (73), depressione (57), insonnia (32), episodi di delirio (19). Sono stati soprattutto i medici generalisti (curanti o delle stesse CPA) a prescriverle. Solo 13 % delle ricette sono state scritte da specialisti, geriatri o psichiatri. A volte non è stato possibile risalire alle ricette, firmate dai medici durante le ospedalizzazioni, prima di entrare nelle CPA. Anche negli ospedali dell’EOC – che ora stanno conducendo un preciso progetto, Choosing Wisely, volto a introdurre una medicina più consapevole – il 54,6% delle prescrizioni di quetiapina, nel 2016, erano per indicazioni non registrate.
Gli studi internazionali mostrano che l’uso inappropriato di questi neurolettici negli anziani “non è privo di effetti collaterali, anche a basse dosi; è infatti associato a reazioni avverse severe, tra cui frattura dell’anca, ipotensioni ortostatiche, (un brusco calo della pressione al momento di alzarsi in piedi) o polmoniti”. Altri studi mostrano che per talune malattie, come gli stati d’agitazione o psicosi negli anziani con Alzheimer non sono per nulla efficaci e anzi l’uso prolungato “causa un evidente declino cognitivo e funzionale negli anziani affetti da demenza, rispetto a quelli non curati con la quetiapina”.
Gli autori dello studio (L. Müller, R. Bertoli, M. Bissig, A. Ceschi) chiedono in conclusione interventi mirati per sensibilizzare i generalisti e i medici delle CPA, migliorando così la presa a carico dei residenti in queste strutture.