Demenze, la pièce che emoziona

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L’attrice e autrice del monologo-performance Isabella Giampaolo. (Foto di Francesca Bigger)

Si stima che in Svizzera vivano 156’900 persone affette da demenze e di queste circa 8’295 risiedono nel Canton Ticino. Per ogni persona malata, sono coinvolti da uno a tre familiari. “È mio desiderio personale portare sotto i riflettori questa tematica e cioè il prendersi cura di chi si prende cura ma anche di chi vive con persone che presentano determinate problematiche (malattie mentali o fisiche) con tutto il carico di sensazioni che questa vicinanza può generare (senso di impotenza, di colpa, stanchezza, rabbia o tristezza)”. Ne parla con molto coinvolgimento – Isabella Giampaolo – di questo argomento che porterà in scena con delicatezza, perché no anche ironia ed empatia questa domenica 5 ottobre alle 17 a LaFilanda di Mendrisio (entrata libera). La forza del suo spettacolo è anticipata dal titolo “E tu chi sei?” ovvero cosa succede a un figlio quando viene dimenticato?

Incontriamo l’autrice e attrice del monologo-performance per approfondire la sua scelta senza anticipare la narrazione ideata per il pubblico.

Isabella, come ti sei costruita il terreno fertile per creare la pièce “E tu chi sei?”
A partire da una ricerca condotta nel reparto Alzheimer della Fondazione Parco San Rocco di Coldrerio e da interviste a parenti e familiari curanti trascritte con il loro consenso. Mi ci sono nutrita portando alcune cose nel mio lavoro sempre in forma del tutto anonima. Ho partecipato anche ad alcuni Alzheimer Café – sempre in Ticino – dove ho scoperto il potere della musicoterapia. “E tu chi sei?” fonde vari linguaggi teatrali quali il teatro di narrazione, il linguaggio non-verbale gestuale e il teatro di figura, per dare vita alla storia di una figlia che accompagna il padre nel suo degrado senza essere più riconosciuta. Ne esistono più di 150 tipi di demenze, e l’Alzheimer è una di queste.

Si è dunque creato un legame fra la tua forma artistica e le strutture o iniziative sul territorio?
Sì, infatti il debutto è stato nel 2023 e l’anno successivo lo spettacolo è diventato un vero e proprio progetto di sensibilizzazione promosso dall’Associazione Alzheimer Ticino che l’ha preso sotto la sua ala ed abbiamo proposto una tournée di 14 date in tutto il Ticino. È stato così sovvenzionato dal Cantone con un aiuto dal Fondo familiari curanti.

In che modo proponi l’argomento?
L’affronto con rispetto. Credo nella forza della delicatezza e della poesia. Lo spettacolo è umile, semplice. Malgrado le molte repliche proposte, la performance è sempre rimasta alla sua semplicità con la quale si torna all’essenza del teatro.

Il tema è molto delicato. Come è il rapporto con il pubblico?
Sicuramente il pubblico si emoziona. Sento che qualcosa si smuove, ma non tutti reagiscono allo stesso modo. Le persone coinvolte nella tematica si commuovono già prima del finale. Emozionarsi insieme è una catarsi collettiva, significa rendersi conto che vi sono moltissime persone toccate da questa esperienza di vita. Alcuni mi dicono “Hai mirato in pieno la malattia e quello che viviamo tutti i giorni” e io sono contenta di aver dato loro importanza, di averli resi protagonisti della storia.

E tu ti emozioni?
Sì, ricordo che durante le prime prove mi commuovevo molto e anche alle prime repliche arrivavo in fondo con il nodo alla gola. E poi devo dire che ogni replica è diversa anche perché lo spettacolo è in parte interattivo e quindi molto dipende dalle persone che ti trovi davanti.

La caratteristica di “E tu chi sei?” è anche quella di venir proposto in contesti diversi dai teatri usuali. Il monologo-performance viene calato in ambiti specifici.
L’ho proposto meno nei teatri. Piuttosto ho optato per centri diurni terapeutici, case anziani e Comuni. Desidero raggiungere più persone possibili e portare l’energia e la forza del teatro fuori dalle mura del teatro. È lo spettacolo che va incontro alle persone. Inoltre farlo nelle case anziani permette a genitori e figli di vederlo insieme.

Quanta forza riveste la parola nello spettacolo?
Molta. Soprattutto la parola “accettazione” della malattia che è molto diversa da parte di chi ne è colpito direttamente rispetto a chi gli sta accanto.
Appena resa la diagnosi di demenza, si affronta un percorso. Quello che temiamo tutti, ora sta accadendo e il primo giorno in cui un genitore o una persona amata ci chiedono “E tu chi sei?”, avviene come una lacerazione al nostro interno. Come se per un momento smettessimo di esistere.
La malattia si sviluppa in quattro fasi, così come quattro sono le parti dello spettacolo.