Alla SUPSI la ricerca sul fotovoltaico non ha frontiere

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Pannelli solari.

Si possono scorgere orientando lo sguardo sul tetto del Campus della Scuola universitaria professionale della Svizzera italiana (SUPSI) di Mendrisio. A prima vista appaiono semplici pannelli fotovoltaici. Lo sono. Ma in quell’universo c’è molto di più. Un vero e proprio centro di competenza attivo a livello svizzero e internazionale, sostenuto da Confederazione e Cantone. Per avere un quadro più completo di quanto viene realizzato siamo andati alla fonte, rivolgendoci al direttore dell’Istituto sostenibilità applicata all’ambiente costruito (ISAAC) Francesco Frontini, che insegue obiettivi elevatissimi: promuove fra l’altro “la transizione energetica verso una società a zero emissioni, basata su un approccio inter- e transdisciplinare nell’area della caratterizzazione e affidabilità del fotovoltaico e della sua integrazione negli edifici e della gestione intelligente dell’energia rinnovabile nella rete”.

Quali sperimentazioni eseguite, dunque, sul tetto del campus SUPSI?
“La ricerca sul tema del fotovoltaico è attiva dal 1982, da ancora prima che nascesse la SUPSI. Ticino Solare, l’impianto di 10 chilowatt installato al Centro studi di Trevano, sopra l’aula Magna, dove ad oggi ne rimane solo una parte, è stato il primo progetto collegato a una rete in Europa, un progetto propulsore. Il gruppo di ricerca è poi stato integrato all’interno della SUPSI nel Laboratorio Energia, Ecologia ed Economia (LEEE) prima, e poi come istituto di ricerca del Dipartimento ambiente costruzione e design (DACD). E dal 2003 abbiamo messo assieme le competenze del gruppo elettronico, preposto ai temi dell’energia e del fotovoltaico, con le competenze della costruzione e dell’architettura. Abbiamo così creato una nuova tipologia di prodotto: sistemi d’involucro innovativi per edifici energeticamente efficienti e involucri solari attivi a livello internazionale. Il pannello solare non è dunque più solo quello tradizionale, ma diventa un elemento architettonico multifunzionale”.

Dunque il balzo avanti consiste in un’innovazione estetica?
“Si parla di “tegola” o di “elemento di facciata” di certe dimensioni e forme, con risorse aumentate, perché al contempo questi materiali producono anche energia elettrica ricavata dal sole. Questo grazie alle innovazioni che vengono compiute da diversi progetti di ricerca, varie industrie, capaci di trasformare un classico pannello in vetro e le celle cristalline in un elemento architettonico, dove ad esempio il vetro può essere colorato e trasformato a piacimento e restituire ad esempio le colorazioni più tradizionali dell’architettura o le sembianze di una pietra, adattandosi perfettamente a un edificio o a una struttura architettonica. L’obiettivo è dunque quello di realizzare una buona estetica e al contempo mantenere il più intatta possibile la produzione di energia rinnovabile”.

La ricerca come si sviluppa concretamente?
“Abbiamo un laboratorio, che ha un’unicità in Svizzera, essendo accreditato per testare pannelli fotovoltaici su misura e di qualità, in grado di soddisfare precise esigenze: che siano cioè sicuri, duraturi nel tempo e che garantiscano le prestazioni e gli obiettivi che si pongono i produttori e i progettisti. Lavoriamo anche con chi progetta le facciate di un edificio per sviluppare nuove tipologie di prodotti e supportarne il loro utilizzo. Di recente abbiamo ad esempio sviluppato un sistema di facciata prefabbricato, che in un unico componente racchiude sia il pannello solare colorato sia un elemento di protezione termico con diverse funzioni: il controllo degli agenti atmosferici, la riduzione dei consumi della dispersione di calore e la produzione fotovoltaica. In collaborazione con la Start-Up “iWin” stiamo inoltre realizzando un sistema di lamelle – schermature di protezione solare – che installate nelle finestre, oltre a proteggere dal sole, producono al contempo energia fotovoltaica”.

Il fotovoltaico è destinato a crescere ulteriormente?
“Sì, il settore è in continua crescita a livello globale. Nel settore fotovoltaico e architettura l’incremento è più lento, ma in espansione: ad oggi in Svizzera rappresenta il 5% di tutto l’installato fotovoltaico. Con le nuove normative riguardanti l’energia negli edifici si è sempre più incentivati e obbligati a produrre energia rinnovabile, con opportunità più semplici e vantaggiose rispetto al passato. Noi mettiamo assieme le competenze del fotovoltaico a quelle della costruzione per un prodotto che sia bello da vedere e facilmente integrabile negli edifici e nelle infrastrutture, e con l’obiettivo di produrre sempre più energia rinnovabile, possibilmente nei luoghi stessi in cui viene consumata. È questa, in sintesi, una delle sfide dell’Istituto che dirigo, con anche numerosi progetti europei di sviluppo e innovazione e collaborazioni con architetti ed industrie di fama mondiale. Anche la SUPSI beneficia di energia prodotta direttamene dai pannelli solari, grazie agli impianti installati sulle coperture del Campus Supsi di Viganello. Nel nostro Laboratorio di Mendrisio offriamo anche la possibilità ai produttori di pannelli solari di testarne l’efficienza (potenza) e rilasciamo certificati SUPSI accreditati che ne attestano qualità e prestazioni. Non da ultimo ci occupiamo di formazione nei settori dell’architettura, ingegneria, e anche nella formazione continua con i professionisti. I nostri mandati sono infatti la ricerca innovativa, il servizio al territorio e la formazione”.

Quante persone lavorano presso il vostro Istituto ISAAC?
“I collaboratori sono 64 suddivisi in quattro settori di ricerca, circa 76 progetti e mandati di ricerca attivi e 2 Centri di competenza”.

I pannelli solari rappresentano una grande innovazione per il pianeta, ma non durano per sempre. E inoltre che ne è del loro smaltimento in termini ecologici?
“Come tutti i materiali non sono eterni. Per un pannello tradizionale viene garantita una vita di trent’anni, ma può anche produrre oltre questo tempo, ma la sua efficienza diminuisce. E dopo trenta-quarant’anni può convenire cambiarlo, viste le numerose innovazioni in atto. Quanto al loro smaltimento sistemi efficienti garantiscono la seperazione dei vari componenti garantendone la riciclabilità e lo smaltimento. È questo anche un tema di grande attualità. I primi grossi impianti risalgono al 2000-2010 e pertanto, avvicinandoci alla loro scadenza, si cominciano a studiare e perfezionare tecniche valide per lo smaltimento”.

Qualche esempio pratico in cui come Laboratorio di ricerca avete coronato l’impiego di pannelli solari nel campo architettonico e infrastrutturale?
“Abbiamo ad esempio aiutato a portare innovazione e progetti al “Centro Poliunzionale” di Pregassona, costruito con tutte le facciate fotovoltaiche. Un progetto sostenuto anche dal Cantone. Posso citare inoltre i pannelli installati al Franklin di Sorengo. Si parla anche di fotovoltaico in precise infrastrutture, come le protezioni foniche, i carport (sistemi di protezione dei parcheggi) o lungo le autostrade. I pannelli possono alimentare pure un semplice impianto semaforico o un’illuminazione. Un piccolo contributo al pianeta”.

Come Istituto di ricerca state dunque implementando e applicando il solare sempre di più a nuovi ambiti?
“Esatto. Una delle nuove frontiere è rappresentata dalle auto: sui tetti delle vetture si stanno applicando i pannelli solari. Come pure sulle pensiline a protezione dei parcheggi o sui ponti. Ci stiamo lavorando.
Quello che ritengo importante è di installare in primis i pannelli solari su superfici già costruite, integrandoli. A salvaguardia dell’ecosistema e della biodiversità”.