L’installazione viene montata oggi e sarà smontata al più tardi il 5 novembre. Racconta la parte invisibile del Ceresio ossia la profondità del fondo del lago nei pressi della foce del fiume Sovaglia dove il Ceresio tocca la sua larghezza minima. Tredici palloni aerostatici fissati con delle corde e altrettante boe intervallate con una distanza regolare di circa 40 metri, vengono innalzate al cielo per un’altezza che rispecchia esattamente la profondità del lago in quel punto. “Una sezione del Ceresio è stata così capovolta per qualche giorno in cielo, rivelando a tutti l’inatteso profilo delle sue profondità” spiega Martino Pedrozzi, professore all’Accademia d’architettura di Mendrisio. È lui, con 24 studenti dell’Ateneo e 2 assistenti, a svelare le profondità del Ceresio con l’installazione. Ma come dobbiamo leggerla? “Il sottile confine tra visibile e invisibile – risponde – è una cifra caratterizzante dell’esperienza che facciamo del paesaggio naturale. La nostra percezione quotidiana dei fenomeni naturali, infatti, è perlopiù legata alla loro espressione immediata e apparente ed è spesso ignara – a meno di intenzionali approfondimenti – delle cause di alcuni avvenimenti, o di quello che si cela al di là del limite del visibile. Da questa condizione scaturisce il senso di mistero, di fascinazione e di reverenza per la natura ed è per questo che, sovente, intervenire in senso conoscitivo sulla natura può tradursi nell’operazione di “rivelare” una sua caratteristica occulta, scostare per un frangente il velo dell’invisibile allo scopo di regalare una percezione inedita della quotidianità”. Il lavoro si è proposto di fare ciò a partire proprio da uno degli elementi che più fortemente caratterizza il paesaggio e l’immaginario ticinese, ossia il lago Ceresio.