Servizio Prossimità Giovani del Mendrisiotto, parola agli operatori

0
473

È nato a giugno ma un bilancio, a due mesi e mezzo dal suo avvio, è già possibile. Parliamo del Servizio Prossimità Giovani del Mendrisiotto, finanziato dai Comuni del distretto e sostenuto dall’Ufficio del sostegno a enti e attività per le famiglie e i giovani (UFAG) e suddiviso fra due poli, uno a Nord coordinato da Mendrisio e uno a Sud coordinato da Chiasso. Abbiamo riunito attorno a un tavolo i referenti responsabili delle due aree geografiche che naturalmente cooperano, conferendo al nuovo ente un’unica anima: Luca De Stefano (Mendrisio) e Nicolò Giansante (Chiasso). In questi primi mesi al fronte, dal vostro osservatorio – chiediamo – qual è il termometro, la salute dei giovani? Un “dibattito” al quale prende parte anche Andrea Bianchi, responsabile dei servizi sociali del Comune di Chiasso.

Nicolò Giansante: “È un tema questo su cui ci chiniamo quotidianamente. Quest’estate abbiamo installato il nostro “salotto mobile” al Lido di Riva San Vitale e alle piscine comunali di Chiasso. Luoghi che hanno permesso primi scambi tra i giovani e noi operatori”.
Luca De Stefano: “Preferirei non semplificare troppo una situazione che secondo me è molto complessa e che riguarda il mondo giovanile, ma concerne anche la nostra società. Veniamo da un periodo difficile, ci ricordiamo tutti della pandemia che ha precluso esperienze fondamentali per la crescita di tanti giovani e oggi se ne avvertono le ripercussioni. La voglia di aggregazione è tantissima, come il desiderio di vivere esperienze in gruppo e di sperimentare rituali legati a questo complesso processo di crescita che è l’adolescenza. Penso alle prime trasgressioni, la messa in discussione dei valori del mondo adulto e l’interesse verso le sostanze proibite. Ecco, è l’insieme di contesti ambientali, sociali e culturali che porta a volte a situazioni che possono destare preoccupazioni, soprattutto quando singoli episodi balzano agli onori della cronaca. Però non vorrei classificare il mondo giovanile come una situazione preoccupante. Va inoltre evidenziato che il mondo dei giovani è in costante mutamento e quel che più ci motiva a lavorare con i giovani è poter offrire loro delle opportunità”.

Qual è un primo bilancio dell’esperienza del Servizio di prossimità?
Luca De Stefano: “Uno degli interventi di prossimità, con apposite postazioni, lo abbiamo svolto recentemente alle quattro serate delle feste campestri della Sav di Vacallo che hanno visto la presenza di tantissimi giovani. Dal canto nostro offriamo con la sola nostra presenza uno spazio di confronto, un’opportunità di dialogo, dove i giovani possono esprimere la loro autenticità senza paura del giudizio dell’adulto, potersi aprire o ascoltare la loro musica con la presenza di educatori e educatrici formati che possono raccogliere bisogni, iniziative e suggestioni. I contenuti li mettono loro e noi partiamo da questi per costruire insieme dei percorsi o dei progetti funzionali al benessere”.
Più in concreto come fate a conquistarvi la fiducia dei giovani?
Luca De Stefano: “L’aspetto fondamentalmente è che noi partiamo da un mondo che appartiene a loro e attraverso il nostro lavoro cerchiamo di comprenderlo. Ci informiamo sui nuovi linguaggi, apprendiamo i nuovi codici culturali con i quali si esprimono, al fine di creare un ambiente per loro gradevole ed accogliente. Il nostro compito non è quello di essere invasivi nelle relazioni o forzare le conoscenze. Cerchiamo di creare un contesto leggero e gradevole partendo un po’ dalle cose che interessano a loro. Ad esempio, offrire l’opportunità di ricaricare lo smartphone – abbiamo acquistato un’apposita batteria – rappresenta già uno strumento per iniziare una conversazione, conoscersi e instaurare dei legami significativi”.

Esistono altre richieste più puntuali da parte dei giovani?
Nicolò Giansante: “Sicuramente la richiesta è quella di poter stare insieme in contesti in cui ci siano delle attività”.
Luca De Stefano: “Ad esempio alle feste campestri abbiamo portato un pallone da basket, delle carte, cassa per la musica, giochi… Si va anche per tentativi per fare delle esperienze ricreative insieme, che ti possano permettere di entrare in comunicazione senza essere visti come invasivi o istituzionali”.

Nei casi di maggiore vulnerabilità come potete intervenire?
Luca De Stefano: “Innanzitutto è fondamentale, prima di poter fare alcunché, instaurare un minimo di fiducia. Se manca questa non ci può essere nient’altro. Occorre entrare in contatto poco alla volta. Un lavoro che necessita comunque di tanta pazienza. Se non abbiamo le ricette per risolvere i problemi dei giovani in situazione di vulnerabilità, abbiamo sicuramente un’intenzionalità pedagogica nel cercare di entrare in contatto con loro e, dopo aver instaurato un minimo di relazione di fiducia, forse possiamo anche giocarci un’altra funzione, quella di ponte verso i servizi adeguati che si possano prendere in carico certe situazioni”.
Nicolò Giansante: “Assolutamente. Fondamentale è creare un legame che può permetterci di lavorare creando dei ponti con i servizi. Ad oggi non ci è comunque ancora successo di incontrare giovani che prospettano emergenze”.
Luca De Stefano: “Il Servizio di prossimità è iniziato da poco. È necessaria una certa quantità di tempo per entrare in relazione. Non è una cosa immediata, bisogna costruire rapporti”.
Andrea Bianchi: “Sì, anche perché le e i ragazzi che hanno più difficoltà sono quelli che hanno perso completamente la fiducia verso le istituzioni. Quindi ricreare una fiducia verso la figura adulta è un lavoro che necessita del tempo. Il vantaggio di avere il Servizio di prossimità è che diverse attività e proposte possono essere gestite all’interno dei Comuni. Ci tengo a sottolineare che i casi di ragazzi vulnerabili sono veramente la minoranza, parliamo di numeri limitati. La stragrande maggioranza dei giovani di oggi sono adeguati e funzionano nella nostra società, nonostante sia una società complessa che richiede tanto”.
Luca De Stefano: “Mi permetto di aggiungere che viviamo in una società estremamente valutante e molto focalizzata sulla prestazione individuale e quindi questo mette tanta pressione alle giovani e ai giovani che poi magari non si sentono adeguati alle aspettative che il mondo adulto ha verso di loro, perché il carico è veramente tanto. Inoltre, anche attraverso i social, si confrontano quotidianamente, ad ogni ora e anche di notte, con dei modelli di successo irraggiungibili, ad esempio “tiktoker” famosi che danno l’impressione di guadagnare facilmente denaro”.

Si dice spesso, di fronte alla difficoltà dei giovani, che i genitori siano i grandi assenti.
Andrea Bianchi: La prossimità chiaramente apre le porte anche al genitore, sebbene il compito della prossimità non sia quello di lavorare coi genitori, ma di accompagnare la famiglia eventualmente ai servizi sociali o comunque ai servizi preposti in caso di difficoltà”.

Qual è la fascia di età dei giovani?
Luca De Stefano: “Per la legge dai 12 ai 30 anni”.
Nicolò Giansante: “Lavoriamo in orari assolutamente non da ufficio, operiamo prevalentemente il mercoledì pomeriggio, il venerdì sera, il sabato tutta la giornata fino a tardi, fino a che finisce la serata dei giovani. La flessibilità ci permette di esserci anche la domenica o in altri giorni settimanali se la situazione lo richiede”.

Come reagite di fronte a situazioni in cui teenager girano la notte anche fino alle prime ore del mattino? Non è questo un campanello di allarme?
Luca De Stefano: “I campanelli d’allarme potrebbero essere tanti, dipende da come vengono interpretati. Sicuramente il fatto che un ragazzino di dodici anni stia in giro fino alle due senza un adulto sicuramente può porci delle domande. Cosa fare? Vedere di incontrarlo altre volte per cercare di capire un po’ la sua storia, instaurare una relazione ed eventualmente comprendere anche la situazione familiare, per poi accompagnarlo ad altri servizi preposti che lo possano supportare. Dal canto nostro operiamo con la postazione mobile che diventa spazio istituzionale accogliente, ma con alcune piccole regole. Ad esempio, se si ci si siede lì con gli operatori non si possono consumare alcolici e magari all’interno di questo luogo protetto si può iniziare a confrontarsi rispetto al consumo, all’abuso di sostanze e parlare di affettività, affrontando la prevenzione a 360 gradi. È chiaro che ci sono dei servizi come Radix preposti a questo tipo di azioni e il Servizio di prossimità intende lavorare in rete. Se c’è una relazione di fiducia puoi affrontare tutti i temi che vuoi e in maniera approfondita, perché non basta un depliant sulle droghe. La prevenzione passa da un confronto diretto nella relazione che si è instaurata. Ragionare, ad esempio, su cosa succede quando si perde il controllo, ragionare su come mai si utilizzi una sostanza come automedicamento perché non stai bene. I giovani sono comunque molto informati e aggiornati, anche grazie a Internet. Il nostro lavoro consiste anche nel verificare che accedano a fonti attendibili”.

Operate anche voi forzatamente sui social?
Nicolo Giansante: “Abbiamo una nostra pagina Instagram “Prossimità Giovani Mendrisiotto” che è sicuramente uno dei canali più diffusi, forse seconda solo a Tik Tok, che d’altra parte stiamo valutando se accedervi creando dei contenuti ad hoc”.
Luca De Stefano: “Anche per noi operatori è fondamentale essere aggiornati sui contenuti social. Personalmente reputo formativo e doveroso per un operatore di prossimità visionare regolarmente i contenuti che transitano sui social media per poter farne un uso funzionale ed educativo con i giovani. Dobbiamo anche comprendere i linguaggi, i nuovi codici, altrimenti non riusciamo più a comunicare con i giovani”.

Ma dove si radunano oggi i giovani?
Nicolò Giansante: “In periferia della scuola, piuttosto che in piazza o nei parchi. Stiamo realizzando a tal proposito una “mappatura” per sapere dove i giovani prediligono stare”.

Ci sono progetti ai quali state lavorando?
Nicolò Giansante: “La collaborazione con i Midnight. Stiamo inoltre promuovendo un concorso per far sì che i giovani siano completamente protagonisti della scelta del nome del Servizio di prossimità nonché del logo che ci e li rappresenterà. Abbiamo al proposito avuto i primi contatti con le scuole per la definizione del concorso creativo”.
Andrea Bianchi: “Il Servizio di prossimità intende agganciare quei giovani che si sono un po’ persi o che hanno scelto di fare una vita alternativa. Il nostro obiettivo non è tuttavia quello di insegnare ai giovani cosa o come vivere, ma di cercare di renderli sereni e di andare verso il loro benessere, offrire loro possibilità e alternative”.
Luca De Stefano: “Li aiutiamo ad aprire un po’ lo sguardo per fornire delle alternative. Poi sceglieranno sempre loro”.