Sabina Rapelli racconta la sua finale ai Mondiali di Swimrun

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Ottenere un podio mondiale è il sogno di tutti quegli sportivi che praticano uno sport ad alto livello. Salire su uno di quei gradini e vedere la bandiera della tua nazione che sventola sul pennone è un’emozione che non si scorderà più. Sabina Rapelli questa emozione l’ha già provata più volte e anche quest’anno è riuscita a mettersi al collo una medaglia, quella di bronzo, nello “Swimrun” specialità di coppia femminile.

Lo sport che pratica questa atleta momò è durissimo, – ne abbiamo già parlato sul nostro settimanale -. Il percorso del mondiale è costituito da 10 km da coprire a nuoto e da 65 km di corsa.
La finale di questo campionato, denominato Ötillö, come ogni anno si svolge nell’arcipelago di Stoccolma, disseminato ai innumerevoli isole, e dunque cornice ideale per questa manifestazione. Di fatto i partecipanti nuotano da un’isola a un’altra, complessivamente sono 24, attraversano ogni isola seguendo tracciati naturali, si rituffano verso la successiva e proseguono così fino al traguardo.
Quest’anno, però, Sabina non è completamente soddisfatta. Lei stessa ce ne spiega il motivo.
Un bronzo mondiale è comunque un grande risultato, ma mi è rimasto un po’ d’amaro in bocca, perché ho avuto grossi problemi fisici. La sera prima della gara devo aver mangiato qualcosa che mi ha fatto male (altri hanno avuto i miei stessi sintomi). Così ho gareggiato con dolorosi crampi allo stomaco, contro i quali ho lottato stringendo i denti fino alla fine.

Ma non hai pensato di ritirarti? Sì, ci ho pensato, e probabilmente se avessi corso singolarmente, lo avrei fatto ma, correndo con una compagna, la francese Eugénie Plane, con la quale ho un ottimo affiatamento e ho condiviso buona parte della preparazione e diverse vittorie in alcune tappe, in Francia e in Svezia, avrei costretto al ritiro anche lei. Perciò ho continuato fino alla fine!

Considerando però i pochi minuti che ci separavano dalle seconde classificate, mi sono chiesta come sarebbe andata se fossi stata bene fisicamente, ma ormai recriminare è inutile!

Com’era il tracciato?
Simile a quello degli altri anni, talvolta cambia qualche isoletta, ma nel complesso il percorso è lo stesso. Quest’anno però era più duro del solito, poiché abbiamo dovuto contrastare forti correnti in acqua con temperature basse, 15 gradi, che non si discostavano un gran che da quelle esterne, 18 gradi. Anche questo ha richiesto un grande dispendio di energie!
Insomma questa finale mondiale la archivierò con qualche rimpianto, se si considera che la preparazione per noi inizia a gennaio e che per raggiungere questo obiettivo investiamo tutti i nostri sforzi.

Nelle immagini, Sabina e Eugénie nelle fredde acque svedesi, poi le due ragazze mentre corrono sui terreni assai sconnessi delle isole nell’arcipelago di Stoccolma e, infine, l’abbraccio liberatorio al termine della durissima finale dopo aver saputo di essere arrivate terze!