“Benino”. È l’aggettivo più spontaneo con cui si sente di qualificare il 2022, Carlo Coen, 56 anni, da tre anni presidente della Società dei commercianti del Mendrisiotto, che riunisce 120 affiliati, al quale chiediamo un bilancio dell’anno appena concluso, contraddistinto ancora da segnali di difficoltà: post-pandemia, crisi energetica dovuta alla guerra in Ucraina e inflazione, per citare i più vistosi.
“Ci sono stati alti e bassi, ma vista la situazione tutto sommato possiamo dirci soddisfatti. Non abbiamo naturalmente i risultati di vendita dei negozi, ma secondo un loro resoconto, è questo il sentimento comune: che nonostante tutto il commercio ha tenuto. È andata meglio di quello che ci si aspettava”. Hanno giovato le aperture domenicali straordinarie? A questa domanda, Coen risponde con un chiaro: “No. Tuttavia i negozi hanno tenuto aperto. Ma le vendite sono state poche, perché la domenica le persone allo shopping preferiscono le passeggiate, le visite o restare in famiglia. Oppure scelgono i grandi magazzini, a scapito dei negozi”.
La gente preferisce acquistare in Italia? “Non è un mistero, ma anche oltre frontiera i negozi non stanno andando poi così bene. Se si tasta il polso, a Como molti empori sono sull’orlo della chiusura. Dal canto nostro durante il periodo natalizio abbiamo avuto vari clienti italiani. E questo è un bel segnale, anche perché l’Italia ha incrementato i prezzi, penalizzata dall’aumento della benzina e dell’energia, fattori decisamente più marcati che alle nostre latitudini. Non è più vero che nella vicina penisola costa tutto meno, l’unico vantaggio riguarda il settore alimentare”.
Il calo delle vendite in generale nel Mendrisiotto c’è stato. E secondo Coen uno dei motivi va ricercato anche nella meteo. “Quest’anno non ha fatto abbastanza freddo. A ben guardare, durante l’unica nevicata di dicembre, abbiamo conosciuto un’impennata delle vendite. Il bisogno di indumenti caldi è aumentato, per poi calare nuovamente verso la fine dell’anno”. Ma una preoccupazione che si rinnova da qualche tempo è un’altra: “I giovani acquistano su internet, attratti anche dal fatto che molti e-commerce non accollano ai clienti le spese di spedizione, con la possibilità, oltretutto, che se la merce non piace è possibile rispedirla al mittente senza costi”.
Focus nel borgo e in centro
Ma nel Mendrisiotto, in particolare a Chiasso, lo shopping finisce nel momento in cui chiudono gli uffici. Un aspetto poco edificante, di “desertificazione” delle strade nella fascia serale. “Purtroppo è così. Le compere serali funzionano solo nelle grandi città o in quelle in cui c’è una valenza turistica. Sia a Mendrisio, con il suo borgo e sia a Chiasso con il suo centro, la sera è deserta. Da parte dei negozianti c’è la disponibilità a tenere aperti più a lungo, ma manca la gente. Non siamo in una zona turistica. Qui stiamo parlando per la maggior parte di piccoli negozi a conduzione familiare, che vanno avanti solo grazie a figli e parenti. Il mio stesso negozio ha una lunga tradizione, lo ha aperto mio padre nel 1959. Io dai 5 anni, come si dice, sono cresciuto in negozio”.
Ma purtroppo alcuni empori hanno dato forfait. Anche nel 2022 – è doloroso parlarne – alcune attività hanno chiuso e altre, seppure in minoranza, hanno però aperto. Carlo Coen preferisce guardare con fiducia e speranza al futuro. “Molti negozi vendono gran bella merce, ma purtroppo non vengono riconosciuti a sufficienza. A Chiasso la gente locale frequenta in generale poco i negozi, mentre a Mendrisio di più”.
Quali strategie si dovrebbero attuare, a suo avviso, per incentivare gli acquisti nei negozi del Mendrisiotto? “Negli anni sono state tentate diverse iniziative. Per attirare la gente occorrerebbe avere molta più offerta. Bene sono andati quest’anno i mercatini natalizi, anche se a Mendrisio siamo stati sfortunati per la pioggia. Per le strategie dobbiamo ritrovarci prossimamente per pianificare nuovi progetti. Quel che posso dire con soddisfazione è che entrambi i Comuni di Mendrisio e Chiasso ci hanno sempre garantito il loro sostegno. Ed è per noi questa una sinergia importante. Noto che quando si organizzano iniziative, la gente risponde positivamente. Penso che tra le idee che dovremmo imitare dall’Italia, c’è quella degli aperitivi e dei bar con la musica, che certamente contribuiscono ad una maggiore affluenza nelle strade, soprattutto nella bella stagione. Ognuno dovrebbe fare la sua parte, come noi cerchiamo costantemente di sforzarci a mantenere i prezzi bassi e concorrenziali rispetto all’Italia”.
La guerra causa i maggiori danni
La vera crisi è data dal conflitto in Ucraina. “La guerra sta causando più danni di quanti ne abbia prodotti la pandemia. Durante l’emergenza sanitaria tutti hanno dovuto chiudere, ma era una crisi generalizzata; invece il conflitto colpisce più alcuni e meno altri e oltretutto di aiuti statali non ce ne sono più”. Ora è tempo di saldi, un periodo che coincide con una boccata di ossigeno per i commercianti? “No, quella la si ha sotto le feste natalizie, ma per i saldi non c’è più un tempo preciso come in passato. Ci sono negozi che svendevano già a dicembre. Questo non porta salute alle vendite, ma produce piuttosto confusione. D’altra parte i clienti chiedono sconti tutto l’anno”.