Slow Food Ticino ha 35 anni

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Per Slow Food Ticino è tempo di festeggiamenti: si celebrano i 35 anni della fondazione. Si tratta di un traguardo importante per questo movimento nato in Piemonte nel 1986, in controtendenza al dilagante fenomeno del Fast Food, in particolar modo a salvaguardia di parecchie specialità locali. La condotta ticinese è comunque stata la prima fuori dall’Italia e in Svizzera, dove attualmente ci sono una ventina di condotte.
Del passato, del presente e di quanto “bolle in pentola” abbiamo parlato col presidente di Slow Food Ticino, Franco Lurà.

Da quell’ormai lontano 1987 ad oggi, gli scopi dell’associazione sono sempre rimasti gli stessi?
Slow Food da sempre si impegna nella promozione di cibo di qualità, nella valorizzazione di prodotti locali e nel sostegno a quelli che, pur avendo ottime caratteristiche, tendono a scomparire dal mercato. A tutto questo si sono aggiunte riflessioni sul valore del cibo, non solo per quanto riguarda la salute, ma anche per le ripercussioni sociali, ambientali e politiche che una scelta alimentare porta con sé.
All’inizio, l’associazione aveva una connotazione regionale, man mano si è estesa alla nazione, poi si è allargata fuori dai confini italiani e si è estesa infine a 160 Paesi in tutto il mondo. Questo sviluppo ha ovviamente innescato un discorso che si è fatto globale, dove il cibo è diventato la chiave d’accesso a questioni più ampie, come ad esempio l’impatto climatico o la biodiversità… Direi che col tempo, più che sulle scelte, si è andati a mettere l’accento sulle ripercussioni che determinate scelte possono provocare.

Ma questo anche in paesi più poveri?
Si certo, questo ragionamento è stato esteso anche ai cosiddetti paesi in via di sviluppo con un forte intervento in loro favore. Lo stesso fondatore di Slow Food, Carlo Petrini, tempo fa ha lanciato un appello a sostenere la creazione di orti in Africa. L’obiettivo è quello di averne infine diecimila. Noi stessi, come condotta in Ticino, ne abbiamo finanziato finora cinque. Si tende insomma ad avere un occhio di riguardo anche oltre la realtà delle nazioni benestanti per far beneficiare Paesi più poveri delle esperienze fatte qui.

Ci sono delle tappe che contraddistinguono questo cammino durato 35 anni?
Al di là di un naturale sviluppo a macchia d’olio ci sono sì delle tappe, scandite da appuntamenti che si tengono ogni due anni. Come quello che si è appena concluso a Torino denominato “Terra madre – Salone del gusto”. In realtà era nato prima “Salone del gusto”, come grande rassegna dei produttori dei paesi aderenti a Slow Food, quindi quasi di dimensioni mondiali. Poi si è aggiunta “Terra madre” che ha invece un aspetto più culturale e politico così che in questi giorni torinesi si tengono anche conferenze, workshop, laboratori di degustazione, tavole rotonde… che insieme portano a una riflessione sulla politica che Slow Food sarebbe tenuto ad adottare.

Tema di quest’anno?
Era quello della rigenerazione, nel senso che si è arrivati a un punto in cui è necessario rigenerare, non solo il nostro pianeta, ma anche il nostro modo di pensare e di sviluppare atteggiamenti futuri. Questo appuntamento biennale di Torino costituisce una bella e proficua occasione d’incontro che va ad aggiungersi ai diversi congressi internazionali che invece si svolgono in diverse parti del mondo.

Torniamo un attimo alle origini e a parlare dei prodotti che Slow Food vuole salvaguardare. Di quanti prodotti si parla?
Allora dobbiamo distinguere tra i presidi, che sono poco meno di 700 nel mondo, e i prodotti dell’arca, decisamente più numerosi. I primi sono, per la gran parte, alimenti che erano in via d’estinzione ma che, per le loro caratteristiche e per la loro qualità, meritano attenzioni particolari in grado di garantirne la continuità. Infatti per i presidi ci sono dei gruppi di persone ben identificati che sottoscrivono dei disciplinari a garanzia di produzioni consone a criteri ben precisi che sono loro stessi a fissare. I prodotti dell’arca, invece, costituiscono una specie di sottocategoria, che comprende cibi e bevande che meritano attenzione, ma che tuttavia non devono sottostare alla fila di controlli, verifiche e disposizioni amministrative cui vengono sottoposti i presidi.

Quanti presidi e quanti prodotti dell’arca abbiamo in Ticino?
Abbiamo tre presidi: la “farina bona”, lo “zincarlin” e i “cicitt”, ai quali entro la fine dell’anno dovrebbe andare ad aggiungersi la bondola, un vitigno con il relativo vino che stavano diventando sempre più rari. Tuttavia l’idea di farne un presidio Slow Food ha raccolto l’entusiasmo di una manciata di produttori che ha dato la sua disponibilità a intraprendere l’iter di cui si diceva poc’anzi.
I prodotti dell’arca sono invece una dozzina.

Ma in un mondo che vive la quotidianità in modo piuttosto frenetico, quanto è disposto il consumatore a scegliere e consumare prodotti Slow Food?
Ma questa associazione è nata proprio in contrapposizione al Fast Food, dunque il nostro scopo è innanzitutto quello di far conoscere delle realtà affinché possano essere apprezzate, in secondo luogo quello di portare a riflettere sul dato che va al di là del momento contingente. È chiaro che un prodotto fatto industrialmente costerà meno di quello realizzato con metodi artigianali, ma la scommessa è quella di far capire che investendo sul momento tempo e soldi in più, a lunga scadenza ti ritorna molto di più in termini di salute, impatto ambientale, sostegno all’economia locale in poche parole in termini di un benessere più diffuso.

Ci sono anche ristoranti Slow Food?
Sì ce ne sono parecchi, in Ticino poco meno di una ventina di cui quattro nel Mendrisiotto. Se si è soci di Slow Food Ticino (la tassa costa 120 franchi) si ricevono due buoni da 20 franchi l’uno che possono essere scontati andando a mangiare in questi ristoranti o comperando presso uno dei produttori membri di Slow Food Ticino.

Parliamo un po’ del mercato di domani in Piazza del Ponte, cosa dobbiamo aspettarci?
Si potranno acquistare una ventina di presidi e diversi prodotti dell’arca provenienti oltre che dal nostro Cantone, dalla vicina Italia e dal resto della Svizzera. Ci saranno formaggi (il nostro Zincarlin, altri provenienti dalle valli ticinesi e grigioni italiano, ma anche lo Storico ribelle, il Parmigiano di vacca bianca stagionato, lo Sbrinz d’alpeggio, il Vacherin a latte crudo, ecc.), salumi (come la famosa mortadella di Bologna o la Stortina veronese), la cotognata di Zurigo, il pane di segale del Vallese, la nostra farina bona, diversi tipi di miele, vini tipici e conserve di frutta e di verdura… e per di più, essendo il mercato una sorta di vetrina per i 35 anni dell’Associazione ticinese, i produttori hanno messo a disposizione i loro articoli a prezzi speciali, così che il consumatore ne possa approfittare.
Ci sarà inoltre una bancarella dedicata all’editore Slow Food con decine di pubblicazioni in italiano dedicate ai molteplici aspetti dei singoli alimenti e alla loro storia, a ricette di stagione nonché a tecniche di produzione alimentare e a problematiche legate al cibo e più in generale all’agricoltura.
Il mercato aprirà alle 8.30 e si protrarrà fino alle 16. In caso di pioggia verrà rinviato a sabato 8 ottobre.
Gli organizzatori approfittano di questo spazio per ringraziare le autorità di Mendrisio per aver messo loro a disposizione, gratuitamente, la piazza centrale del borgo e le infrastrutture necessarie all’evento.