Nei boschi della zona Montalbano non è stato facile ricostruire il punto esatto dal quale, 79 anni fa, in piena notte e soprattutto in piena persecuzione nazista sugli ebrei, Bruna Cases scollinò lasciando l’Italia e raggiungendo Stabio con la mamma e le sorelle maggiori. Con l’aiuto dell’ex comandante delle guardie di confine Fiorenzo Rossinelli (nell’immagine a destra è lui che mostra la cartina ai due coniugi che ora vivono a Milano), è stato definito e rivisitato quel punto. Con commozione, ripensando a quei momenti concitati in cui fra l’altro tre fratelli di nome Levi che facevano parte del loro gruppo di 11 persone, furono rispediti in Italia e finirono nei campi di sterminio. I coniugi (Giordano D’Urbino che sarebbe diventato suo marito si salvò entrando dal Bisbino) sono stati ospiti delle autorità di Stabio e di quelle del Cantone, con un incontro nella sala del Consiglio comunale organizzato dalla casa editrice Abendstern di Ligornetto che ha curato e dato alle stampa “Diario”. “Il volume – pubblicato in forma anastatica – raccoglie gli scritti di Bruna di quei giorni (aveva 9 anni all’epoca); – ha spiegato Simona Sala – annotazioni che rispecchiano il suo dolore ma anche la curiosità e l’intelligenza con le quali leggeva gli eventi”.
Per il Comune di Stabio, i coniugi sono stati accolti dal sindaco Simone Castelletti mentre a nome del Governo cantonale è intervenuto il consigliere di Stato Manuele Bertoli. E proprio il sindaco ha sottolineato come una linea tracciata su una mappa possa cambiare un’esistenza in un luogo come Stabio, attraversato ogni giorno da migliaia di persone e merci come ogni località di confine. Il consigliere di Stato invece ha definito il Ticino come un ponte fra il Nord di cultura e lingua germanica ed il Sud di nazionalità italiana. “Oggi – ha detto Bertoli – siamo qui a ricordare una bella pagina dentro una tragedia immane. La nostra frontiera è stata fonte di salvezza ma anche di condanna; – ha continuato il consigliere di Stato – conosciamo le vicende di Liliana Segre, una storia di brutalità e cattiveria dove si narra ancora una volta di uno sterminio programmato in maniera industriale”.
Liliana Segre e Bruna Cases, due bambine che negli stessi giorni hanno seguito destini così diversi, confrontandosi al confine con la Svizzera. Due storie per sottolineare il Giorno della memoria.
In quegli anni l’Europa perse se stessa. Questo non deve più accadere, come ha sottolineato Michela Trisconi, delegata cantonale all’integrazione degli stranieri facendo riferimento anche a quanto sta avvenendo in questi mesi sui barconi e su altre frontiere dell’Europa. “Nel 1995 ho conosciuto Renata Broggini, era spesso ospite del Comando delle guardie di confine, a Lugano; – ha esordito a Stabio lunedì l’allora comandante delle guardie di confine Fiorenzo Rossinelli – consultava i registri dei posti guardie di confine alla ricerca dei nominativi delle persone accolte e respinte ai tempi della Seconda guerra mondiale e cercava di reperire informazioni utili a capire se la Svizzera avrebbe potuto fare di più”. Il suo intervento racconta di quegli anni e del contributo agli studi che fornì la terra di confine del Mendrisiotto come dati e resoconti.