Murat Pelit è in attesa di una convocazione alle Paralimpiadi

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Murat Pelit nella foto di Goran Basic durante una delle prove ai Mondiali.

Un nono posto in super G, un undicesimo in slalom gigante e tre cadute in discesa, supercombinata e slalom. Questi sono stati i risultati di Murat Pelit, impegnato con il monosci nella categoria seduti, ai World Para Snow Sports Championship terminati domenica 23 gennaio in Norvegia, nella già città olimpica e paralimpica di Lillehammer.

Un’edizione dei Mondiali, quella scandinava, più grande rispetto alle precedenti e con maggior interesse mediatico. “Ho già partecipato ad altre edizioni con risultati in top 5, però non erano così sentiti, questo Mondiale era speciale”, ci ha spiegato l’atleta di Stabio. A Lillehammer, infatti, sono stati riuniti i Mondiali del parasnowboard, dello sci di fondo e di quello alpino. Abbiamo raggiunto l’atleta momò per ripercorrere assieme a lui l’esperienza norvegese e per capire i prossimi passi che, selezione permettendo, lo porteranno alle Paralimpiadi di Pechino (dal 4 al 13 marzo).

Sei contento di ciò che hai ottenuto?
Non molto. Il mio potenziale è sicuramente migliore, ma arrivavo da meno giorni di allenamento rispetto agli altri. Non mi sono presentato con una preparazione al top. Ho comunque cercato di dare tutto e per farlo ho dovuto prendermi più rischi di quelli che prendo abitualmente. Questo mi ha portato, soprattutto nelle discipline dove riesco meglio, discesa e super G, a delle cadute, poiché la pista quest’anno pur bella e non difficile, era una vera lastra di ghiaccio. Diventa complicato per noi, col monosci, controllare il tutto.

Lillehammer è un luogo storico per Olimpiadi e Paralimpiadi. Come ti sei trovato in Norvegia?
È stato bellissimo gareggiare su di una pista olimpica. Il lato organizzativo è stato fantastico, tutto perfetto, da dove dormivamo, alle piste ecc. È chiaro che in una situazione di pandemia non riesci a goderti un paese così storico a livello sportivo nella maniera in cui vorresti. Dovevamo rimanere in una bolla per avere meno casi di Covid possibili, nonostante ce ne siano comunque stati diversi.

Le tue discipline predilette sono quelle veloci?
Quando ho gareggiato alle Paralimpiadi coreane non mi ero mai cimentato nella velocità, perché il mio allenatore di allora vedeva in me il potenziale per le discipline tecniche. A me, però, è sempre piaciuto praticare quelle veloci e proprio in quelle sono poi arrivati i risultati migliori, con il nuovo allenatore che ha creduto in me. Due anni fa, prima del Covid, è arrivata la stagione più bella della mia carriera sportiva: mi sono piazzato quinto in classifica generale, secondo in quella di super G e terzo in quella di discesa. Da lì in avanti ho iniziato a puntare su quelle discipline. Io cerco di andare bene in tutte, ma quelle che preferisco restano quelle veloci.

Sei arrivato un po’ meno preparato. È perché vuoi farti trovare pronto, in caso di selezione, per le Paralimpiadi?
No, in realtà è l’anno in cui avrei dovuto allenarmi di più (ride, ndr). Quest’estate, tra salute e altre situazioni, non sono riuscito a essere sempre presente agli allenamenti della Nazionale. Inoltre abbiamo avuto sfortuna con la meteo: nelle due settimane di luglio in cui dovevo prepararmi ha piovuto e ho potuto sciare unicamente due giorni su quattordici. Ad agosto ho fatto praticamente solo condizione fisica e poi da lì in avanti non sono riuscito a essere sempre presente.

Riesci ad allenarti anche in privato?
Praticamente solo con la Nazionale. Il mio materiale e gli sci rimangono sempre in mano ai nostri skiman. A casa cerco di sciare facendo un po’ di tecnica libera, ma in Ticino non ho ancora potuto farlo.

Ancora non sono uscite le convocazioni, ma se dovessi andare alle Paralimpiadi quale sarebbe il tuo obbiettivo?
Punto a dare il meglio di me. Sono realista, la concorrenza è spietata. Da qualche anno a questa parte norvegesi e olandesi stanno portando via tutte le medaglie. Punterò a buoni risultati, quindi almeno al diploma (top 8), chiaramente con un focus totale sulle medaglie. Se dovessi avere la fortuna di fare la manche della vita… Si sono già visti in passato atleti che non brillavano in Coppa del Mondo, che poi sono andati a medaglia. Quindi chi lo sa. Sarò comunque più in forma che non nella precedente edizione in Corea del Sud, dove ero arrivato con un polso rotto.

Sei fiducioso per la convocazione?
Ho già raggiunto praticamente il 50% dei risultati per essere selezionati. Non contano solo quelli di quest’anno, ma anche le prestazioni degli scorsi anni e a oggi non sono preoccupato. Se non venissi selezionato rimarrebbe l’amaro in bocca perché la mia carriera è centrata su questo evento e perché, visto che questo sarà il mio ultimo anno come atleta paralimpico nel mondo dello sci, sarebbe un peccato non chiudere con Pechino 2022.

Ti stai allenando anche nel tiro al piattello per partecipare a Parigi 2024?
L’idea è questa. Dovrò lavorare moltissimo e inoltre non è ancora sicuro che questa disciplina sarà a Parigi. I presupposti ci sono, quindi io mi lancerò in questa avventura, perché nella mia vita ho voglia di partecipare anche a una Paralimpiade estiva.

Perché sei soprannominato Bode Murat?
I miei amici, che mi conoscono e mi seguono da anni, un po’ per divertimento hanno preso a chiamarmi Bode Murat (ride, ndr), probabilmente facendo riferimento alla vena di pazzia che accomuna me e Bode Miller nello scendere sulla neve.