
Lunedì sera gran parte del paese è rimasto incollato al televisore per seguire le gesta della Nazionale. La truppa di Murat Yakin ci ha resi orgogliosi di essere svizzeri battendo per 4-0 la Bulgaria a Lucerna e qualificandosi direttamente per i Mondiali in Qatar del 2022 a danno dell’Italia. Per l’occasione abbiamo raggiunto il momò Patrick Foletti (nella foto con Yann Sommer) l’allenatore dei portieri della Nati da ormai undici stagioni.
Complimenti per ciò che avete ottenuto. Siete riusciti a festeggiare?
Sì (ride, ndr), abbiamo festeggiato a lungo. Tanti ragazzi sono dovuti partire già nella notte verso Zurigo per prendere l’aereo al mattino e tornare nei club, ma con lo staff siamo rimasti in albergo e siamo andati a letto presto la mattina.
Quali emozioni ti ha fatto provare l’appuntamento di lunedì?
È stata una partita particolare perché si giocava su due fronti. Dovevamo fare il nostro compito e l’abbiamo fatto, però si aveva sempre il pensiero rivolto a Belfast per sapere il risultato dell’Italia. È stato un miscuglio di emozioni, nel primo tempo abbiamo provato in tutti i modi a fare gol e non ci siamo riusciti. Poi, più passava il tempo, noi in panchina ci rendevamo conto che la squadra ce l’avrebbe fatta. Gli ultimi minuti sono stati qualcosa di surreale perché non avevo mai visto tutta la panchina in piedi a guardare la partita. È stato qualcosa di particolare ma evidentemente anche di molto bello.
Chi controllava il risultato dell’Italia?
Per non dipendere da applicazioni o televisione avevamo qualcuno allo stadio che era sempre in contatto con il nostro analista video.
I giocatori in campo però non erano a conoscenza delle informazioni provenienti da Belfast?
Nel primo tempo nessuno ha chiesto nulla poi, quando sono rientrati dagli spogliatoi, hanno voluto sapere il risultato. A partire dal 60’, i ragazzi che erano in panchina chiedevano quasi ogni minuto, invece quelli in campo penso abbiano capito dalla nostra reazione e da quella dei tifosi.
Gli spettatori presenti a Lucerna hanno giocato un ruolo importante?
Negli ultimi anni il pubblico in Svizzera ci ha sempre sostenuto. Tutti sapevano che quella poteva diventare una serata indimenticabile e quindi fin dal primo minuto ci hanno sostenuto alla grande e c’è stato un bellissimo ambiente.
L’abbraccio tra te, Murat Yakin e Vincent Cavin a fine partita è stato emozionante. Come valuti il lavoro dello staff fatto fino ad ora?
Spettacolare. Murat Yakin collabora molto con i suoi assistenti e chiede l’opinione a tutti i membri dello staff. È chiaro che è poi lui a prendere le decisioni, ma dietro c’è un gran lavoro di gruppo.
Cosa è cambiato rispetto all’era Petkovic?
A livello tattico abbiamo un’altra impostazione. Murat, da buon difensore che era, dà molta importanza alla fase difensiva. Senza nulla togliere al gran lavoro svolto da Vlado, ha portato dell’aria fresca che ha fatto bene al gruppo dopo sette anni dove si conoscevano tutti i meccanismi.
Abbiamo visto giovani giocatori trovare spazio, come siamo messi con i portieri per il dopo Sommer?
Purtroppo ci sono troppi nomi da tenere d’occhio (ride, ndr). Negli ultimi dieci anni abbiamo investito molto nella formazione dei portieri e degli allenatori che poi svolgono il lavoro quotidiano nei club. Ora ci sono tanti estremi difensori che potranno avere tutte le carte in regola per essere il successore di Sommer. Avremo un problema nella scelta visto che abbiamo diversi portieri di alto livello. La preoccupazione non è se ci sarà un successore all’altezza, ma piuttosto sarà definire il numero 1 e dire agli altri che dovranno stare in panchina oppure che non saranno nemmeno convocati.
Un pronostico per i Mondiali?
Difficile da dire perché manca ancora tanto tempo, non sappiamo ancora quali sono le squadre qualificate e in quale girone saremo. L’obiettivo è andare agli ottavi, poi tutto è possibile con questa squadra, lo hanno dimostrato negli scorsi mesi.