
La Pianificazione Ospedaliera Cantonale attribuisce un ruolo significativo alla prestazione RAMI, acronimo di “Reparti Acuti a Minore Intensità”. In questo contesto, all’interno della nuova ala dell’Ospedale della Beata Vergine di Mendrisio, in fase di ultimazione, troveranno spazio trenta letti. Una soluzione volta a mettere l’accento sul concetto di cure post-acute e di definizione di un percorso riabilitativo del paziente, in modo da riacquistare le risorse e l’indipendenza necessarie per il rientro al domicilio.
Nell’ambito dell’importante ampliamento del nosocomio, a livello logistico il reparto RAMI è destinato a occupare un intero piano del nuovo edificio per una superficie pari a circa 1500 metri quadrati dove troveranno spazio le camere, uffici, locali destinati a prestazioni di fisioterapia ed ergoterapia, ma anche aree comuni dove i degenti avranno la possibilità di cucinare, pranzare, incontrare i visitatori e svolgere tutta una serie di attività volte ritrovare quella “normalità” che è propria a un ambiente domestico.
Ne parliamo con il direttore dell’OBV Pierluigi Lurà e con il dr. med Fabiano Meroni, viceprimario di geriatria.
“Il nuovo reparto, di fatto, è destinato a riempire un vuoto”, spiega il dr. Meroni. I RAMI sono concepiti per i pazienti clinicamente stabili, ma fragili, che necessitano di cure ospedaliere successivamente alla fase acuta in senso stretto. Persone che non dispongono, in altri termini, delle risorse necessarie e adeguate per seguire un percorso riabilitativo in una clinica specialistica – come quelle che operano a Novaggio e Faido o ancora l’Hildebrand di Brissago – ma che necessitano di una continuazione delle cure stazionarie o che non possono curarsi a casa dopo essere, ad esempio, state vittime di un infortunio. Pensiamo a una persona anziana fratturata che necessita di un trattamento stazionario oppure che presenta una situazione domestica, a livello logistico, inadatta fino al completo ristabilimento.
“I reparti RAMI sono aperti a tutti i pazienti (tranne quelli pediatrici) senza il limite di età AVS” puntualizza il direttore. Pertanto è possibile pensare a una casistica assai ampia: presenza di drenaggi, necessità di visite mediche e/o di cure infermieristiche e di interventi terapeutici quotidiani, bisogni legati all’educazione terapeutica o alla riattivazione psicofisica, necessità di assistenza sociale, presenza di pompe VAC (o dispositivi simili), esigenza di misure di isolamento,…
Attualmente la regione fa capo ai 18 letti CAT (cure acute transitorie) disponibili presso Casa Santa Lucia ad Arzo per i periodi di rieducazione psicofisica dei pazienti del Mendrisiotto. Un numero che, come ci spiegano i nostri interlocutori, non è sufficiente per rispondere opportunamente alla domanda. Le alternative disponibili finora? Indirizzare i pazienti verso strutture fuori distretto, oppure prolungare la permanenza nei reparti acuti ospedalieri. “Occorre inoltre tenere conto del fatto che i letti CAT sono accessibili unicamente a pazienti dimessi dall’ospedale che abbiano un’età superiore ai 65 anni per un tempo massimo di due settimane” specifica Pierluigi Lurà. Limitazioni che non consentono di farsi carico dell’intera casistica. Per i reparti RAMI non esistono invece barriere temporali; i letti, inoltre, possono essere occupati da persone inviate dal proprio medico curante “anche nell’ottica di terapie prolungate oppure per un periodo di istruzione terapeutica” aggiunge il viceprimario di geriatria.
Il traguardo finale rimane comunque il completo ristabilimento delle competenze di cura personali, affinché il rientro fra le mura domestiche si riveli duraturo e venga scongiurata l’eventualità di una riospedalizzazione.
Quali sono le tempistiche previste per l’apertura del nuovo reparto?
“Lo stabile ci verrà consegnato ufficialmente il 31 marzo 2022 – afferma Lurà. – Il vantaggio è legato al fatto che, trattandosi di un edificio dove tutto sarà nuovo, non dovremo tenere conto di tempistiche di carattere organizzativo indispensabili per un trasloco. Entro la metà di aprile inizierà l’attività del reparto RAMI con l’apertura di 15 letti. Questo primo periodo di osservazione, finalizzato a consolidare i nuovi processi, si prolungherà per sei-otto mesi circa, dopo di che si procederà all’implementazione degli altri letti raggiungendo il totale dei 30 posti previsti dalla Pianificazione Cantonale”.
Come sarà organizzato il reparto?
“Occuperà l’intero terzo piano dell’ala nuova dell’Ospedale. Ci saranno 22 camere singole e quattro doppie” rivela il direttore. “Verranno inoltre allestiti spazi comuni di interazione e di relax e spazi dove mangiare e poter cucinare, nell’ottica di una terapia ergoterapica di riacquisizione dell’autonomia personale – interviene il dr. Fabiano Meroni. – L’idea è quella di ricostituire, tra le pareti dell’OBV, un ambiente che si avvicini il più possibile a quello domestico. I corridoi percorribili per l’intera lunghezza del piano sono pensati per la fase riabilitativa e l’impiego di mezzi ausiliari”.
I concetti di continuità e complementarietà
“La sfida maggiore, legata all’inaugurazione del nuovo reparto, è connessa alla continuità di cura e alla complementarietà con i servizi attivi nel contesto dell’Ospedale regionale di Mendrisio” sostengono i nostri interlocutori. “Le principali figure di riferimento saranno il fisioterapista, l’ergoterapista, il dietista e l’assistente sociale chiamati a lavorare in modo sinergico con i medici di famiglia e i servizi di aiuto domiciliare, che sono partner importanti, in vista dell’obiettivo primario: permettere al paziente di rientrare a casa nelle migliori condizioni”.
In vista dell’apertura del terzo piano, è stata pianificata l’assunzione di 21 infermieri. “La dotazione standard per i reparti RAMI prevede almeno il 50% di personale infermieristico diplomato” dice il direttore, ponendo l’accento anche sull’opportunità per il personale infermieristico di interfacciarsi costantemente con i medici in servizio all’OBV. “La prossimità fisica con i reparti acuti fa sì che la presa a carico del degente sia globale, grazie alla presenza dei medici che hanno curato il malato nella prima fase – conclude il dr. Fabiano Meroni. – Se l’ospedale deve necessariamente viaggiare su ritmi veloci, la concezione del reparto RAMI permette invece di rallentare e di prendersi il tempo indispensabile per organizzare il rientro a casa del paziente, in sintonia con i servizi di aiuto domiciliare che operano sul territorio”.