La saracinesca del Mendrisio

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Andrea Cataldo, capitano e baluardo della difesa mendrisiense.

Ad Andrea Cataldo sarebbe piaciuto continuare a parlare del buon ciclo di partite dei mendrisiensi in ottobre ma il campionato purtroppo è stato interrotto a causa della pandemia Covid-19.

Quale argomento scegliere con Andrea? Non siamo stati lì a parlare delle sue “parate d’autore”, né a chiedergli per quante stagioni difenderà ancora la porta del suo amato Mendrisio, anche perché la carriera dei numeri uno può essere molto più lunga di quella di un normale giocatore. Tanto per fare qualche nome: Zoff è diventato campione del mondo a 40 anni, Karl Grob – leggenda del FC Zurigo dove ha giocato per ben 20 anni – ha smesso a 43 difendendo da ultimo la rete del Bienne. Per non dire di Gigi Buffon, classe 1978, che non ha nessunissima intenzione di smettere.
Con Cataldo non abbiamo parlato neanche di calcio “vero”, visto che in Lega Amatori non si gioca una partita da mesi, neanche a titolo amichevole. E allora? Tutti sanno che Cataldo è il leader ideale della difesa momò, di cui è diventato un baluardo difficile da espugnare. Leader, uomo-spogliatoio e anche capitano: un esempio per i giovani e non disdegna di fare sentire la sua voce quando occorre.
Entrare nel vivo del discorso è dunque stato facile visto che Andrea ha trovato aperti i cancelli del Comunale. E soprattutto i compagni di squadra, felici anche loro di recuperare il tempo perduto. “Di sicuro non c’è ancora nulla, ma siamo tornati in campo: ci stiamo allenando, è già una gran bella cosa! Naturalmente mantenendo le distanze e rispettando le disposizioni. Noi portieri siamo più agevolati, nel senso che siamo in tre/quattro: ma anche il resto della squadra si allena a gruppetti. Siamo contenti di respirare l’aria del campo, è un po’ diversa da quella delle piattaforme…”.
Di campionato però non si parla: “Una data ipotetica per la ripresa poteva essere quella del 25 aprile, ma se non si ha alle spalle un lavoro solido diventa problematico: non si possono nemmeno disputare partite amichevoli!”.
Era previsto di dimezzare il campionato in due gironi: “L’idea era di giocare le tre rimanenti partite dell’andata e di proseguire con le migliori 7 in un girone (promozione) e le 7 peggiori in un altro (relegazione). A dipendenza del Covid-19 c’è però anche la possibilità di chiudere il campionato con le sole partite dell’andata: questo però non mi sembra corretto!”.
Insomma si naviga nel buio, senza certezze! L’unica nota positiva, al momento, è l’aver potuto allentare la tensione e liberare la gioia del ritrovarvi come gruppo. “Vero, solo il fatto di scambiarci qualche battuta dal vivo è una soddisfazione immensa. Ora con noi c’è anche Alessio Bottani: avevamo bisogno di qualcuno a centrocampo, vuole dire che la società ci crede”.
C’è purtroppo il rischio di un’altra stagione persa, che potrebbe far riaffiorare il rammarico per la retrocessione in Seconda Interregionale… “Sì, fa ancora male pensarci se consideriamo che due mesi prima di iniziare il campionato avevamo mancato di un niente la poule di Promotion League. Nell’ultima partita contro il Red Star subimmo un rigore a una ventina di minuti dalla fine (1-1). Gli zurighesi chiusero secondi alle spalle del Bellinzona, noi terzi a un punto…
Detto chiaramente e con tutto il rispetto per la relegazione nella successiva stagione (2018-19) ce la siamo un po’ cercata. Avevamo in squadra giocatori che la Prima Lega non l’avevano mai vista e siamo stati pure molto sfortunati: Kabamba è rimasto fuori 4 mesi, mi ero infortunato anch’io… Nel girone di ritorno siamo corsi ai ripari (con grandi colpi di mercato, Antoine Rey e Afonso – ndr), ma non c’è stato nulla da fare: in certe partite la palla non voleva saperne di finire in rete!”.
La società ha tentato la carta Bettinelli… “Bettinelli in Italia ha fatto molto bene, era abituato a lavorare da professionista con giocatori professionisti: a Mendrisio ha avuto a che fare con una realtà un po’ diversa… Secondo me ci si doveva affidare a un allenatore che conosceva bene il nostro campionato. Io sono sempre stato un simpatizzante di Dario Rota (poi accasatosi nel Team Ticino U21, ndr), ma la scelta è caduta sul tecnico di Varese. Direi comunque che la colpa è soltanto di noi giocatori, di sicuro non degli allenatori” (prima di Bettinelli si erano avvicendati in panchina Mattia Croci Torti e Francesco Ardemagni, ndr).
Il campionato 2020/21 è molto tirato. Nella parte alta della classifica ci sono ben sei squadre nello spazio di 2 soli punti: “Potevamo esserci noi davanti, ma siamo partiti maluccio. Siamo forti, avremmo dovuto raccogliere qualche punto in più. D’altra parte com’era successo col Bellinzona, quest’anno la squadra da battere del gruppo 4 è il Mendrisio…
La svolta si chiama Mattia Tami: “Il mister è giovane, col suo secondo (Marco Olivieri) sta facendo un ottimo lavoro. Gli allenamenti sono sempre interessanti, Mattia ha tutti i mezzi per fare bene: la società è sana, possono lavorare in tranquillità”.
Visto che siamo in tema… Tami, qual è il tuo “pensiero” sulla nazionale rossocrociata? “La Svizzera è riuscita nei suoi obiettivi, ha conquistato i 6 punti in palio. La squadra è giovane, ha avuto un cambio generazionale non indifferente, i “senatori” sono andati via. A San Gallo ha vinto di misura, d’accordo, ma non dobbiamo minimizzare l’importanza dei 3 punti conquistati contro i lituani: non mi sembra che anni addietro la nazionale facesse delle goleade…”.