Oltre il fortino, il Mendrisiotto

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Un gruppo di soldati fotografati nei pressi della casa che si trova in faccia all’Osteria Sulmoni. Il nome di alcuni di loro figura sulla targa all’interno del manufatto, che essi costruirono. La fotografia è stata recapitata agli autori a stesura ormai terminata ma si trova inserita come segnalibro nell’opuscolo. L’ha inviata il figlio del cpl Aldo Crivelli, che vi ha riconosciuto il padre.

Oggi venerdì 26 marzo alle 11, a Castel San Pietro, presso il luogo medesimo, si terrà la presentazione della ricerca storica “Il fortino al Ròcul”, pubblicata su iniziativa del Comune e realizzata da Giorgio Cereghetti con la collaborazione di Edy Bernasconi, giornalista, già maggiore dell’esercito e Curzio Cavadini, già tenente colonnello. All’incontro, accanto agli autori e alle autorità comunali, con il sindaco Alessia Ponti, saranno presenti il presidente del Consiglio di Stato e direttore del Dipartimento delle istituzioni Norman Gobbi e il brigadiere Stefano Laffranchini, sostituto del divisionario Lucas Caduff, comandante della Divisione territoriale 3.

Sono poche le persone, delle generazioni attuali, che sanno dell’esistenza di questa modesta costruzione, di pochi metri quadrati, situata nei boschi a est di Obino, su proprietà privata, con una vista spalancata su buona parte del Mendrisiotto. Chi è più avanti negli anni ricorda di esserci entrato per giocare, per esempio a nascondino, senza riconoscerne il valore storico.
Era stato il Municipio, nell’agosto 2019, a chiedere pubblicamente, attraverso i media, notizie riguardo al fortino. La ricerca si è svolta grazie ad alcune testimonianze portate da ex graduati dell’esercito, di appassionati di storia militare, di alcuni cittadini, ma anche cercando negli archivi. In quello comunale si sono trovate alcune informazioni legate alle sedute del Municipio; ma molte altre notizie sono uscite dalla corrispondenza di quel periodo tra l’autorità comunale, il patriziato e l’esercito. Siamo nel periodo 1939- 1945, gli anni del Generale Guisan.
Il fortino, molto piccolo, che poteva accogliere 4 – 5 militi – aveva la funzione di osservazione; era armato con una mitragliatrice. “I militari di guardia – spiega a l’Informatore Giorgio Cereghetti- avvisavano il comando nel caso di movimenti sospetti, così da poter attivare in breve tempo gli sbarramenti nascosti nei punti strategici: passando sull’antico ponte in ferro di Castel San Pietro, prima che fosse demolito per far posto a quello nuovo, si potevano ancora vedere i coperchi delle botole in cui erano celati vecchi pezzi di binario, pronti per essere alzati per sbarrare il ponte in caso di necessità”.
Il valore dello studio presentato questa mattina supera di gran lunga le pagine dedicate al minuscolo dispositivo nascosto nei boschi del paese. Di particolare valore – così è stato valutato da coloro che già hanno letto la ricerca – il contributo del giornalista Edy Bernasconi, intitolato “Di guardia sul ponte mentre l’Europa bruciava”. In un anno e mezzo di indagini e sopralluoghi, gli autori – insieme ad altre persone, tutte menzionate nella pubblicazione – sono riusciti a rintracciare e mettere insieme i brani della storia militare del Mendrisiotto, sinora in gran parte inedita, dalla mobilitazione in poi, mettendo in rilievo l’impegno dell’armata, delle autorità civili, delle guardie locali, per la salvaguardia della neutralità svizzera al confine sud. Un’ottantina di pagine che riflettono a ottant’anni di distanza, documenti, strategie, cartine, i nomi e i volti di persone, immagini e descrizioni di luoghi che in un modo o nell’altro dettarono la linea di allora: il Monte Generoso, il valico di Chiasso, il piazzale di Sant’Antonio a Balerna dove giurarono i mobilitati del Mendrisiotto, la mappa completa di tutti i fortini, le strade minate di Meride, Salorino, i piccoli e sconosciuti magazzini militari rimasti in piedi a Brusino, Capolago, Rancate…