La salvezza di Casvegno

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Apprezzata ai carnevali di Chiasso e Stabio, l’arca costruita dai pazienti e dagli animatori della socioterapia ora è ferma in un prato di Casvegno con i suoi bei colori. Appena dopo carnevale, come accaduto ovunque, anche qui la pandemia ha richiesto uno prezzo elevato: la pressoché totale chiusura dei contatti tra Casvegno e la realtà esterna e all’interno della stessa comunità. Ma una mano preziosa l’ha data il Club ‘74, tessendo contatti, coinvolgendo i pazienti, gli utenti dei centri diurni sparsi ai quattro angoli del Cantone, lo stesso personale curante della clinica, protetta dai contagi grazie a misure rigorose. Ora Casvegno è tornata alla normalità; fatte salve le misure di cautela e di prudenza, le porte del bar-negozio sono state riaperte e così pure gli atelier di lavoro.

Come accaduto nelle case degli anziani, anche nelle strutture dell’Organizzazione sociopsichiatrica cantonale i pazienti hanno dovuto fare i conti con le restrizioni degli spostamenti e delle visite, mentre il personale ha prestato una grande attenzione per proteggersi da eventuali contagi dovuti al lavoro con i pazienti. Diverse attività, preziose ai fini terapeutici, sono state ridotte o cancellate. Limitate le visite da parte dei famigliari, che hanno dovuto seguire le direttive del medico cantonale, “vista la necessità di contenere la propagazione del virus e di proteggere la salute dei pazienti vulnerabili e a alto rischio di complicazioni”, si leggeva nella direttiva del 9 marzo. Ciascun visitatore a un paziente degente era ed è tuttora tenuto a rilasciare un’autocertificazione in cui fra l’altro deve dichiarare “di non aver transitato o pernottato in uno dei Paesi considerati a rischio”.

Non hanno patito di meno
I pazienti psichiatrici curati a Mendrisio, insomma, non hanno sofferto meno di quanto hanno dovuto patire gli anziani nelle strutture medicalizzate. A Casvegno sono prese in cura persone adulte e anziane con problemi psichiatrici e psicologici in fase acuta; l’altro settore importante è il Centro abitativo, ricreativo e di lavoro (Carl), struttura protetta e non medicalizzata per pazienti stabilizzati, seppur cronici, che integra la funzione abitativa con quella lavorativa. Nel territorio ci sono anche diversi centri diurni; nella nostra regione è situato a Chiasso.
Dopo lo smarrimento iniziale, una delle strutture terapeutiche portanti di Casvegno, il Club 74, situato alla Valletta – frequentato di solito anche da molti utenti che abitano all’esterno, nei propri appartamenti – si è attivato “a distanza”. Un gruppo di animatori ha lavorato da casa, un altro in sede, riaperta gradualmente. La socioterapia di Casvegno ha insomma avuto una funzione determinante nel tenere i contatti, anche con i pazienti della clinica che non potevano uscire dalle loro stanze. Infatti, uno alla volta, quando la Valletta è stata riaperta, hanno potuto recarsi nella sede del club, uscendo dall’isolamento e dalla tristezza; sentimenti che hanno toccato anche i pazienti psichiatrici durante la pandemia e che il Club 74 ha potuto alleviare mantenendo vivi i contatti. Una modalità di lavoro positiva e apprezzata, che ha contribuito sicuramente a non aumentare il numero dei ricoveri a Casvegno in quelle buie settimane.
Così, proprio nei giorni scorsi è stato pubblicato un numero speciale di Insieme, che da decenni è lo strumento di comunicazione per eccellenza tra il Club 74 e la realtà esterna. Speciale perché è pubblicato in forma elettronica; ma soprattutto perché all’edizione hanno collaborato una quarantina di persone, circa duecento se si calcolano pure gli utenti dei 4 centri diurni regionali. Quasi senza vedersi. “Il tempo che viviamo, questo sì, folle, ci ha comunque permesso di restare in contatto attraverso pensieri, immagini, scritti, ecc…”
scrive la redazione. L’edizione è stata preparata senza la possibilità, da parte degli utenti-redattori, di ritrovarsi fra loro per le riunioni di redazione. Ma, nonostante questo limite, la pubblicazione è di eccellente qualità.

La reazione positiva
La pandemia ha causato non pochi problemi al gruppo. “Ci siamo visti crescere attorno un vasto roveto. Questa condizione, per un luogo che per sua natura è caratterizzato dal senso di comunità, da progetti e attività di gruppo, dalla centralità delle relazioni umane, si è visto tutto a un tratto privato delle sue fondamenta. Ma il bisogno e il desiderio di mantenere vivo il contatto e il confronto, e l’obiettivo di lavorare insieme per il mantenimento della salute delle persone, sono stati la forza che ha spinto la socioterapia a farsi strada dentro i roveti per risvegliare l’intera comunità”.
Il ritrovarsi per scrivere il numero speciale si è svolto dunque via rete: computer, posta elettronica, telefoni, videocollegamenti, piattaforme, blog hanno sostituito gli incontri negli spazi del Club 74, perché “tutte le persone erano relegate nelle proprie case”.

L’arca in mezzo al diluvio
L’arca, proposta sulla copertina, dà l’idea della “salvezza” che gli utenti e i loro animatori hanno prima cercato e poi trovato utilizzando mezzi alternativi agli incontri “in presenza”, cui sono stati abituati. “Come nella storia di Noè, oggi ci troviamo a far fronte a un diluvio che si sta scatenando anche su questo nostro porto fermo”, scrivono due animatrici. “Ci siamo riscoperti più forti perché in passato abbiamo coltivato l’idea di comunità”, scrive un altro animatore. “Un giorno torneremo a lamentarci per il tempo o per un taglio di capelli andato storto; o forse no. Forse avremo appreso la dignità di non lamentarci più per tante sciocchezze”, riflette un paziente.

Chiasso, “tutto è vuoto”
Non mancano testimonianze toccanti. Ecco quella di un utente raccolta a Chiasso, dove l’OSC dispone di un centro diurno in Via Bossi: “domenica 29 marzo. Chiasso, le strade, le vie, l’atmosfera, i giardini, le scuole, la chiesa, gli uffici; tutto è vuoto, inanimato, pauroso; una forte sensazione di solitudine mi pervade e mi rende fragile davanti a un nemico invisibile (..); oggi il vuoto è la normalità”. “Sono qui da cinque settimane – scrive un paziente curato a Casvegno – e mi rendo conto che in passato ho perso la libertà per colpa mia. Ma oggi l’ho persa per colpa di qualcun altro ed è un altro tipo di male”.

Parla Boris Johnson
C’è però anche lo spazio per l’allegria, come l’intervista esclusiva al primo ministro inglese Boris Johnson nella sua casa di campagna; i redattori di Casvegno, al telefono, lo hanno trovato “stanco e confuso” ma non privo di buon umore. “Mi annoio così tanto qui in campagna. Comunque meglio dar la lana che la pecora”, si son sentiti dire i redattori, dall’altra parte della Manica.

Come accaduto nelle case degli anziani, anche nelle strutture dell’Organizzazione sociopsichiatrica cantonale i pazienti hanno dovuto fare i conti con le restrizioni degli spostamenti e delle visite, mentre il personale ha prestato una grande attenzione per proteggersi da eventuali contagi dovuti al lavoro con i pazienti. Diverse attività, preziose ai fini terapeutici, sono state ridotte o cancellate. Limitate le visite da parte dei famigliari, che hanno dovuto seguire le direttive del medico cantonale, “vista la necessità di contenere la propagazione del virus e di proteggere la salute dei pazienti vulnerabili e a alto rischio di complicazioni”, si leggeva nella direttiva del 9 marzo. Ciascun visitatore a un paziente degente era ed è tuttora tenuto a rilasciare un’autocertificazione in cui fra l’altro deve dichiarare “di non aver transitato o pernottato in uno dei Paesi considerati a rischio”.

Non hanno patito di meno
I pazienti psichiatrici curati a Mendrisio, insomma, non hanno sofferto meno di quanto hanno dovuto patire gli anziani nelle strutture medicalizzate. A Casvegno sono prese in cura persone adulte e anziane con problemi psichiatrici e psicologici in fase acuta; l’altro settore importante è il Centro abitativo, ricreativo e di lavoro (Carl), struttura protetta e non medicalizzata per pazienti stabilizzati, seppur cronici, che integra la funzione abitativa con quella lavorativa. Nel territorio ci sono anche diversi centri diurni; nella nostra regione è situato a Chiasso.
Dopo lo smarrimento iniziale, una delle strutture terapeutiche portanti di Casvegno, il Club 74, situato alla Valletta – frequentato di solito anche da molti utenti che abitano all’esterno, nei propri appartamenti – si è attivato “a distanza”. Un gruppo di animatori ha lavorato da casa, un altro in sede, riaperta gradualmente. La socioterapia di Casvegno ha insomma avuto una funzione determinante nel tenere i contatti, anche con i pazienti della clinica che non potevano uscire dalle loro stanze. Infatti, uno alla volta, quando la Valletta è stata riaperta, hanno potuto recarsi nella sede del club, uscendo dall’isolamento e dalla tristezza; sentimenti che hanno toccato anche i pazienti psichiatrici durante la pandemia e che il Club 74 ha potuto alleviare mantenendo vivi i contatti. Una modalità di lavoro positiva e apprezzata, che ha contribuito sicuramente a non aumentare il numero dei ricoveri a Casvegno in quelle buie settimane.
Così, proprio nei giorni scorsi è stato pubblicato un numero speciale di Insieme, che da decenni è lo strumento di comunicazione per eccellenza tra il Club 74 e la realtà esterna. Speciale perché è pubblicato in forma elettronica; ma soprattutto perché all’edizione hanno collaborato una quarantina di persone, circa duecento se si calcolano pure gli utenti dei 4 centri diurni regionali. Quasi senza vedersi. “Il tempo che viviamo, questo sì, folle, ci ha comunque permesso di restare in contatto attraverso pensieri, immagini, scritti, ecc…”
scrive la redazione. L’edizione è stata preparata senza la possibilità, da parte degli utenti-redattori, di ritrovarsi fra loro per le riunioni di redazione. Ma, nonostante questo limite, la pubblicazione è di eccellente qualità.

La reazione positiva
La pandemia ha causato non pochi problemi al gruppo. “Ci siamo visti crescere attorno un vasto roveto. Questa condizione, per un luogo che per sua natura è caratterizzato dal senso di comunità, da progetti e attività di gruppo, dalla centralità delle relazioni umane, si è visto tutto a un tratto privato delle sue fondamenta. Ma il bisogno e il desiderio di mantenere vivo il contatto e il confronto, e l’obiettivo di lavorare insieme per il mantenimento della salute delle persone, sono stati la forza che ha spinto la socioterapia a farsi strada dentro i roveti per risvegliare l’intera comunità”.
Il ritrovarsi per scrivere il numero speciale si è svolto dunque via rete: computer, posta elettronica, telefoni, videocollegamenti, piattaforme, blog hanno sostituito gli incontri negli spazi del Club 74, perché “tutte le persone erano relegate nelle proprie case”.

L’arca in mezzo al diluvio
L’arca, proposta sulla copertina, dà l’idea della “salvezza” che gli utenti e i loro animatori hanno prima cercato e poi trovato utilizzando mezzi alternativi agli incontri “in presenza”, cui sono stati abituati. “Come nella storia di Noè, oggi ci troviamo a far fronte a un diluvio che si sta scatenando anche su questo nostro porto fermo”, scrivono due animatrici. “Ci siamo riscoperti più forti perché in passato abbiamo coltivato l’idea di comunità”, scrive un altro animatore. “Un giorno torneremo a lamentarci per il tempo o per un taglio di capelli andato storto; o forse no. Forse avremo appreso la dignità di non lamentarci più per tante sciocchezze”, riflette un paziente.

Chiasso, “tutto è vuoto”
Non mancano testimonianze toccanti. Ecco quella di un utente raccolta a Chiasso, dove l’OSC dispone di un centro diurno in Via Bossi: “domenica 29 marzo. Chiasso, le strade, le vie, l’atmosfera, i giardini, le scuole, la chiesa, gli uffici; tutto è vuoto, inanimato, pauroso; una forte sensazione di solitudine mi pervade e mi rende fragile davanti a un nemico invisibile (..); oggi il vuoto è la normalità”. “Sono qui da cinque settimane – scrive un paziente curato a Casvegno – e mi rendo conto che in passato ho perso la libertà per colpa mia. Ma oggi l’ho persa per colpa di qualcun altro ed è un altro tipo di male”.

Parla Boris Johnson
C’è però anche lo spazio per l’allegria, come l’intervista esclusiva al primo ministro inglese Boris Johnson nella sua casa di campagna; i redattori di Casvegno, al telefono, lo hanno trovato “stanco e confuso” ma non privo di buon umore. “Mi annoio così tanto qui in campagna. Comunque meglio dar la lana che la pecora”, si son sentiti dire i redattori, dall’altra parte della Manica.

Come accaduto nelle case degli anziani, anche nelle strutture dell’Organizzazione sociopsichiatrica cantonale i pazienti hanno dovuto fare i conti con le restrizioni degli spostamenti e delle visite, mentre il personale ha prestato una grande attenzione per proteggersi da eventuali contagi dovuti al lavoro con i pazienti. Diverse attività, preziose ai fini terapeutici, sono state ridotte o cancellate. Limitate le visite da parte dei famigliari, che hanno dovuto seguire le direttive del medico cantonale, “vista la necessità di contenere la propagazione del virus e di proteggere la salute dei pazienti vulnerabili e a alto rischio di complicazioni”, si leggeva nella direttiva del 9 marzo. Ciascun visitatore a un paziente degente era ed è tuttora tenuto a rilasciare un’autocertificazione in cui fra l’altro deve dichiarare “di non aver transitato o pernottato in uno dei Paesi considerati a rischio”.

Non hanno patito di meno
I pazienti psichiatrici curati a Mendrisio, insomma, non hanno sofferto meno di quanto hanno dovuto patire gli anziani nelle strutture medicalizzate. A Casvegno sono prese in cura persone adulte e anziane con problemi psichiatrici e psicologici in fase acuta; l’altro settore importante è il Centro abitativo, ricreativo e di lavoro (Carl), struttura protetta e non medicalizzata per pazienti stabilizzati, seppur cronici, che integra la funzione abitativa con quella lavorativa. Nel territorio ci sono anche diversi centri diurni; nella nostra regione è situato a Chiasso.
Dopo lo smarrimento iniziale, una delle strutture terapeutiche portanti di Casvegno, il Club 74, situato alla Valletta – frequentato di solito anche da molti utenti che abitano all’esterno, nei propri appartamenti – si è attivato “a distanza”. Un gruppo di animatori ha lavorato da casa, un altro in sede, riaperta gradualmente. La socioterapia di Casvegno ha insomma avuto una funzione determinante nel tenere i contatti, anche con i pazienti della clinica che non potevano uscire dalle loro stanze. Infatti, uno alla volta, quando la Valletta è stata riaperta, hanno potuto recarsi nella sede del club, uscendo dall’isolamento e dalla tristezza; sentimenti che hanno toccato anche i pazienti psichiatrici durante la pandemia e che il Club 74 ha potuto alleviare mantenendo vivi i contatti. Una modalità di lavoro positiva e apprezzata, che ha contribuito sicuramente a non aumentare il numero dei ricoveri a Casvegno in quelle buie settimane.
Così, proprio nei giorni scorsi è stato pubblicato un numero speciale di Insieme, che da decenni è lo strumento di comunicazione per eccellenza tra il Club 74 e la realtà esterna. Speciale perché è pubblicato in forma elettronica; ma soprattutto perché all’edizione hanno collaborato una quarantina di persone, circa duecento se si calcolano pure gli utenti dei 4 centri diurni regionali. Quasi senza vedersi. “Il tempo che viviamo, questo sì, folle, ci ha comunque permesso di restare in contatto attraverso pensieri, immagini, scritti, ecc…”
scrive la redazione. L’edizione è stata preparata senza la possibilità, da parte degli utenti-redattori, di ritrovarsi fra loro per le riunioni di redazione. Ma, nonostante questo limite, la pubblicazione è di eccellente qualità.

La reazione positiva
La pandemia ha causato non pochi problemi al gruppo. “Ci siamo visti crescere attorno un vasto roveto. Questa condizione, per un luogo che per sua natura è caratterizzato dal senso di comunità, da progetti e attività di gruppo, dalla centralità delle relazioni umane, si è visto tutto a un tratto privato delle sue fondamenta. Ma il bisogno e il desiderio di mantenere vivo il contatto e il confronto, e l’obiettivo di lavorare insieme per il mantenimento della salute delle persone, sono stati la forza che ha spinto la socioterapia a farsi strada dentro i roveti per risvegliare l’intera comunità”.
Il ritrovarsi per scrivere il numero speciale si è svolto dunque via rete: computer, posta elettronica, telefoni, videocollegamenti, piattaforme, blog hanno sostituito gli incontri negli spazi del Club 74, perché “tutte le persone erano relegate nelle proprie case”.

L’arca in mezzo al diluvio
L’arca, proposta sulla copertina, dà l’idea della “salvezza” che gli utenti e i loro animatori hanno prima cercato e poi trovato utilizzando mezzi alternativi agli incontri “in presenza”, cui sono stati abituati. “Come nella storia di Noè, oggi ci troviamo a far fronte a un diluvio che si sta scatenando anche su questo nostro porto fermo”, scrivono due animatrici. “Ci siamo riscoperti più forti perché in passato abbiamo coltivato l’idea di comunità”, scrive un altro animatore. “Un giorno torneremo a lamentarci per il tempo o per un taglio di capelli andato storto; o forse no. Forse avremo appreso la dignità di non lamentarci più per tante sciocchezze”, riflette un paziente.

Chiasso, “tutto è vuoto”
Non mancano testimonianze toccanti. Ecco quella di un utente raccolta a Chiasso, dove l’OSC dispone di un centro diurno in Via Bossi: “domenica 29 marzo. Chiasso, le strade, le vie, l’atmosfera, i giardini, le scuole, la chiesa, gli uffici; tutto è vuoto, inanimato, pauroso; una forte sensazione di solitudine mi pervade e mi rende fragile davanti a un nemico invisibile (..); oggi il vuoto è la normalità”. “Sono qui da cinque settimane – scrive un paziente curato a Casvegno – e mi rendo conto che in passato ho perso la libertà per colpa mia. Ma oggi l’ho persa per colpa di qualcun altro ed è un altro tipo di male”.

Parla Boris Johnson
C’è però anche lo spazio per l’allegria, come l’intervista esclusiva al primo ministro inglese Boris Johnson nella sua casa di campagna; i redattori di Casvegno, al telefono, lo hanno trovato “stanco e confuso” ma non privo di buon umore. “Mi annoio così tanto qui in campagna. Comunque meglio dar la lana che la pecora”, si son sentiti dire i redattori, dall’altra parte della Manica.

Qui radio Gwendalin
La comunicazione tra i pazienti curati a Casvegno e il mondo esterno è favorita da qualche anno anche da altri mezzi, oltre che dal giornalino, dal sito ufficiale del club e dalla festa campestre d’inizio settembre, che quest’anno purtroppo non ci sarà: Radio Gwendalin, di Chiasso, “una radio che ti libera la mente”, diffusa via Internet. La radio, con la collaborazione dell’OSC, ha “inventato” la rubrica “Pillole di Casvegno per addolcire e attenuare la spiacevolezza”. La rubrica è preparata e registrata con le voci e i suoni di Casvegno e diffusa poi attraverso la rete.