Quei metaboliti persistenti

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Si può presumere che il clorotalonil non entrerà mai più nella falda che alimenta i pozzi dell’acqua potabile; ma bisogna tenere sotto controllo i residui della scomposizione di quella sostanza che l’uomo ha utilizzato per decenni, fin dagli anni Settanta, e che sono stati trovati anche nelle acque sotterranee del Mendrisiotto, in particolare quelle dei pozzi di Genestrerio e Ligornetto.

Questo prodotto fitosanitario, usato dai paesani, dagli agricoltori e dai viticoltori di tutta la Svizzera per combattere i funghi che intaccano le colture, è stato proibito dalle autorità federali a partire dal 1. gennaio di quest’anno. Già diversi mesi prima del divieto, scoperte le prime tracce, le Aziende industriali di Mendrisio avevano chiesto a chi conduce le attività del settore primario nel Mendrisiotto di evitare l’uso dei composti contenenti clorotalonil.
Il prodotto, a distanza di qualche giorno dall’essere stato irrorato sulle colture, cessa di esistere nella sua formula chimica originaria. Ma si scompone in diverse altre sostanze, – una dozzina – chiamate metaboliti, che rimangono nel suolo e piano piano penetrano nella falda acquifera. E lì rimangono a lungo.

Potenzialmente
pericoloso
Si tratta di tracce esigue, che non compromettono la potabilità dell’acqua. Il problema è che il clorotalonil è conosciuto per essere una sostanza potenzialmente pericolosa per la salute, in rapporto, in particolare, allo sviluppo di malattie tumorali. L’Ufficio federale di sicurezza alimentare e di veterinaria, USAV, comunicando nel dicembre scorso il divieto, aveva affermato di “condividere la valutazione della Commissione europea in merito al clorotalonil, ovvero che la sostanza deve probabilmente essere classificata come cancerogena”.

La comunicazione
dell’UFAM
Nei giorni scorsi, martedì 12 maggio, L’Ufficio federale dell’ambiente (UFAM) ha aggiornato la situazione, comunicando che il limite di 0,1 microgrammi per litro è superato per alcuni metaboliti del clorotalonil nelle acque sotterranee di vaste zone del paese. I risultati sono stati ottenuti nell’ambito delle analisi svolte da uno studio pilota dell’Osservazione nazionale delle acque sotterranee.

Sull’Altopiano
ma anche in Ticino
Tra i cantoni più colpiti figurano: Argovia, Sciaffusa, Turgovia, Soletta, Berna, Friburgo, Ginevra, Lucerna, Vaud, Zugo e Zurigo. Anche il Ticino è però toccato dal problema. L’inquinamento, soprattutto nella zona dell’Altopiano, è considerevole, secondo la nota dell’UFAM. Tali sostanze continueranno ad avere un impatto importante sulla qualità dell’acqua sotterranea anche in futuro, visto che le riserve sotterranee si rinnovano in modo relativamente lento e che i metaboliti di questo prodotto fitosanitario, ora vietato, sono molto longevi, ha rilevato l’UFAM.

Il Dr. Nicola Forrer, vicedirettore del Laboratorio cantonale di Bellinzona, spiega a l’Informatore che essendo la “sostanza madre” ritenuta probabilmente cancerogena, anche tutti i suoi metaboliti, cioè i residui dei prodotti di degradazione sono considerati rilevanti, indipendentemente dalla disponibilità di studi tossicologici specifici. Alcuni, i più importanti, sono conosciuti e tracciabili; altri non ancora, occorre sviluppare la relativa analitica. Il limite di 0,1 microgrammi per litro (µg/L) fissato per il clorotalonil vale dunque anche per i prodotti di degradazione. “Il valore 0,1 µg/L – precisa il dr. Forrer – è un valore di precauzione, fissato ad un livello molto basso, per avere una qualità dell’acqua ineccepibile secondo l’ordinanza federale. A tali concentrazioni non provoca in ogni caso danni alla salute, ma, per preservare la qualità delle nostre acque, anche a medio-lungo termine deve essere trovata una soluzione perché la concentrazione di ogni metabolita sia inferiore al limite”.

Valori ben al di sotto
dei limiti
Questo valore, applicato ai residui dei metaboliti, porta a rischi talmente ridotti che nessuna captazione è stata chiusa, come invece fu necessario fare per il Pozzo Polenta a Morbio Inferiore, dopo il ritrovamento di idrocarburi una decina d’anni fa. Ma le Aziende industriali di Mendrisio (AIM) non sottovalutano la situazione; l’acqua del pozzo Gerbo, dove furono trovate l’estate scorsa le tracce dei metaboliti – spiega a l’Informatore il direttore ing. Gabriele Gianolli – è stata all’inizio miscelata con quella proveniente da Novazzano; è poi stato svolto uno spurgo completo: l’acqua del pozzo è stata “emunta” e gettata nelle canalizzazioni.
Le analisi successive hanno rivelato che i valori dei metaboliti misurabili sono scesi ben al di sotto del limite di 0,1 microgrammi per litro.

Si può presumere che il clorotalonil non entrerà mai più nella falda che alimenta i pozzi dell’acqua potabile; ma bisogna tenere sotto controllo i residui della scomposizione di quella sostanza che l’uomo ha utilizzato per decenni, fin dagli anni Settanta, e che sono stati trovati anche nelle acque sotterranee del Mendrisiotto, in particolare quelle dei pozzi di Genestrerio e Ligornetto.

Questo prodotto fitosanitario, usato dai paesani, dagli agricoltori e dai viticoltori di tutta la Svizzera per combattere i funghi che intaccano le colture, è stato proibito dalle autorità federali a partire dal 1. gennaio di quest’anno. Già diversi mesi prima del divieto, scoperte le prime tracce, le Aziende industriali di Mendrisio avevano chiesto a chi conduce le attività del settore primario nel Mendrisiotto di evitare l’uso dei composti contenenti clorotalonil.
Il prodotto, a distanza di qualche giorno dall’essere stato irrorato sulle colture, cessa di esistere nella sua formula chimica originaria. Ma si scompone in diverse altre sostanze, – una dozzina – chiamate metaboliti, che rimangono nel suolo e piano piano penetrano nella falda acquifera. E lì rimangono a lungo.

Potenzialmente
pericoloso
Si tratta di tracce esigue, che non compromettono la potabilità dell’acqua. Il problema è che il clorotalonil è conosciuto per essere una sostanza potenzialmente pericolosa per la salute, in rapporto, in particolare, allo sviluppo di malattie tumorali. L’Ufficio federale di sicurezza alimentare e di veterinaria, USAV, comunicando nel dicembre scorso il divieto, aveva affermato di “condividere la valutazione della Commissione europea in merito al clorotalonil, ovvero che la sostanza deve probabilmente essere classificata come cancerogena”.

La comunicazione
dell’UFAM
Nei giorni scorsi, martedì 12 maggio, L’Ufficio federale dell’ambiente (UFAM) ha aggiornato la situazione, comunicando che il limite di 0,1 microgrammi per litro è superato per alcuni metaboliti del clorotalonil nelle acque sotterranee di vaste zone del paese. I risultati sono stati ottenuti nell’ambito delle analisi svolte da uno studio pilota dell’Osservazione nazionale delle acque sotterranee.

Sull’Altopiano
ma anche in Ticino
Tra i cantoni più colpiti figurano: Argovia, Sciaffusa, Turgovia, Soletta, Berna, Friburgo, Ginevra, Lucerna, Vaud, Zugo e Zurigo. Anche il Ticino è però toccato dal problema. L’inquinamento, soprattutto nella zona dell’Altopiano, è considerevole, secondo la nota dell’UFAM. Tali sostanze continueranno ad avere un impatto importante sulla qualità dell’acqua sotterranea anche in futuro, visto che le riserve sotterranee si rinnovano in modo relativamente lento e che i metaboliti di questo prodotto fitosanitario, ora vietato, sono molto longevi, ha rilevato l’UFAM.

Il Dr. Nicola Forrer, vicedirettore del Laboratorio cantonale di Bellinzona, spiega a l’Informatore che essendo la “sostanza madre” ritenuta probabilmente cancerogena, anche tutti i suoi metaboliti, cioè i residui dei prodotti di degradazione sono considerati rilevanti, indipendentemente dalla disponibilità di studi tossicologici specifici. Alcuni, i più importanti, sono conosciuti e tracciabili; altri non ancora, occorre sviluppare la relativa analitica. Il limite di 0,1 microgrammi per litro (µg/L) fissato per il clorotalonil vale dunque anche per i prodotti di degradazione. “Il valore 0,1 µg/L – precisa il dr. Forrer – è un valore di precauzione, fissato ad un livello molto basso, per avere una qualità dell’acqua ineccepibile secondo l’ordinanza federale. A tali concentrazioni non provoca in ogni caso danni alla salute, ma, per preservare la qualità delle nostre acque, anche a medio-lungo termine deve essere trovata una soluzione perché la concentrazione di ogni metabolita sia inferiore al limite”.

Valori ben al di sotto
dei limiti
Questo valore, applicato ai residui dei metaboliti, porta a rischi talmente ridotti che nessuna captazione è stata chiusa, come invece fu necessario fare per il Pozzo Polenta a Morbio Inferiore, dopo il ritrovamento di idrocarburi una decina d’anni fa. Ma le Aziende industriali di Mendrisio (AIM) non sottovalutano la situazione; l’acqua del pozzo Gerbo, dove furono trovate l’estate scorsa le tracce dei metaboliti – spiega a l’Informatore il direttore ing. Gabriele Gianolli – è stata all’inizio miscelata con quella proveniente da Novazzano; è poi stato svolto uno spurgo completo: l’acqua del pozzo è stata “emunta” e gettata nelle canalizzazioni.
Le analisi successive hanno rivelato che i valori dei metaboliti misurabili sono scesi ben al di sotto del limite di 0,1 microgrammi per litro.

Si può presumere che il clorotalonil non entrerà mai più nella falda che alimenta i pozzi dell’acqua potabile; ma bisogna tenere sotto controllo i residui della scomposizione di quella sostanza che l’uomo ha utilizzato per decenni, fin dagli anni Settanta, e che sono stati trovati anche nelle acque sotterranee del Mendrisiotto, in particolare quelle dei pozzi di Genestrerio e Ligornetto.

Questo prodotto fitosanitario, usato dai paesani, dagli agricoltori e dai viticoltori di tutta la Svizzera per combattere i funghi che intaccano le colture, è stato proibito dalle autorità federali a partire dal 1. gennaio di quest’anno. Già diversi mesi prima del divieto, scoperte le prime tracce, le Aziende industriali di Mendrisio avevano chiesto a chi conduce le attività del settore primario nel Mendrisiotto di evitare l’uso dei composti contenenti clorotalonil.
Il prodotto, a distanza di qualche giorno dall’essere stato irrorato sulle colture, cessa di esistere nella sua formula chimica originaria. Ma si scompone in diverse altre sostanze, – una dozzina – chiamate metaboliti, che rimangono nel suolo e piano piano penetrano nella falda acquifera. E lì rimangono a lungo.

Potenzialmente
pericoloso
Si tratta di tracce esigue, che non compromettono la potabilità dell’acqua. Il problema è che il clorotalonil è conosciuto per essere una sostanza potenzialmente pericolosa per la salute, in rapporto, in particolare, allo sviluppo di malattie tumorali. L’Ufficio federale di sicurezza alimentare e di veterinaria, USAV, comunicando nel dicembre scorso il divieto, aveva affermato di “condividere la valutazione della Commissione europea in merito al clorotalonil, ovvero che la sostanza deve probabilmente essere classificata come cancerogena”.

La comunicazione
dell’UFAM
Nei giorni scorsi, martedì 12 maggio, L’Ufficio federale dell’ambiente (UFAM) ha aggiornato la situazione, comunicando che il limite di 0,1 microgrammi per litro è superato per alcuni metaboliti del clorotalonil nelle acque sotterranee di vaste zone del paese. I risultati sono stati ottenuti nell’ambito delle analisi svolte da uno studio pilota dell’Osservazione nazionale delle acque sotterranee.

Sull’Altopiano
ma anche in Ticino
Tra i cantoni più colpiti figurano: Argovia, Sciaffusa, Turgovia, Soletta, Berna, Friburgo, Ginevra, Lucerna, Vaud, Zugo e Zurigo. Anche il Ticino è però toccato dal problema. L’inquinamento, soprattutto nella zona dell’Altopiano, è considerevole, secondo la nota dell’UFAM. Tali sostanze continueranno ad avere un impatto importante sulla qualità dell’acqua sotterranea anche in futuro, visto che le riserve sotterranee si rinnovano in modo relativamente lento e che i metaboliti di questo prodotto fitosanitario, ora vietato, sono molto longevi, ha rilevato l’UFAM.

Il Dr. Nicola Forrer, vicedirettore del Laboratorio cantonale di Bellinzona, spiega a l’Informatore che essendo la “sostanza madre” ritenuta probabilmente cancerogena, anche tutti i suoi metaboliti, cioè i residui dei prodotti di degradazione sono considerati rilevanti, indipendentemente dalla disponibilità di studi tossicologici specifici. Alcuni, i più importanti, sono conosciuti e tracciabili; altri non ancora, occorre sviluppare la relativa analitica. Il limite di 0,1 microgrammi per litro (µg/L) fissato per il clorotalonil vale dunque anche per i prodotti di degradazione. “Il valore 0,1 µg/L – precisa il dr. Forrer – è un valore di precauzione, fissato ad un livello molto basso, per avere una qualità dell’acqua ineccepibile secondo l’ordinanza federale. A tali concentrazioni non provoca in ogni caso danni alla salute, ma, per preservare la qualità delle nostre acque, anche a medio-lungo termine deve essere trovata una soluzione perché la concentrazione di ogni metabolita sia inferiore al limite”.

Valori ben al di sotto
dei limiti
Questo valore, applicato ai residui dei metaboliti, porta a rischi talmente ridotti che nessuna captazione è stata chiusa, come invece fu necessario fare per il Pozzo Polenta a Morbio Inferiore, dopo il ritrovamento di idrocarburi una decina d’anni fa. Ma le Aziende industriali di Mendrisio (AIM) non sottovalutano la situazione; l’acqua del pozzo Gerbo, dove furono trovate l’estate scorsa le tracce dei metaboliti – spiega a l’Informatore il direttore ing. Gabriele Gianolli – è stata all’inizio miscelata con quella proveniente da Novazzano; è poi stato svolto uno spurgo completo: l’acqua del pozzo è stata “emunta” e gettata nelle canalizzazioni.
Le analisi successive hanno rivelato che i valori dei metaboliti misurabili sono scesi ben al di sotto del limite di 0,1 microgrammi per litro.

Un atteggiamento
di prudenza
“I metaboliti generati dal clorotalonil utilizzato in agricoltura negli scorsi decenni – continua l’ing. Gianolli – sono prodotti persistenti. È chiaro che, vietando il clorotalonil, agendo dunque “a monte” del problema, la situazione migliora. Ma dobbiamo considerare che i metaboliti sono entrati in circolo fin dagli anni Settanta del secolo scorso. E che da poco tempo li stiamo cercando, tant’è vero che quelli misurabili sono ancora pochi. La “sostanza madre”, sospettata di recare rischi alla salute dell’uomo, nei nostri pozzi non è mai stata trovata; ma neppure si conoscono studi scientifici specifici sui metaboliti. Ecco perché dobbiamo adottare un approccio prudenziale, assumendo la prospettiva meno favorevole, cioè che anche i residui siano potenzialmente pericolosi”, conclude il direttore delle AIM.