
Dopo il primo contagiato annunciato in Ticino martedì, a Ginevra è stato registrato ieri il secondo caso di coronavirus in Svizzera (un 28enne di rientro da Milano) e pochi minuti dopo sono spuntati altri due casi accertati nei Grigioni. Un altro contagiato è stato segnalato nel Canton Argovia (senza conferme dal Laboratorio di Ginevra). Questa la conta al momento di andare in stampa (giovedì 27 febbraio alle 12).
In primo piano in questi giorni la salute, gli ospedali, le mascherine e le restrizioni adottate dal Consiglio di Stato, ma nel Mendrisiotto le preoccupazioni toccano profondamente anche le aziende che si basano sulla forza-lavoro dei frontalieri. Cosa sta succedendo dentro le industrie momò? Chi dirige le sorti delle aziende produttive del Mendrisiotto, mai come oggi deve fare i conti con il fatto che un gran numero di frontalieri proviene ogni mattino dal Nord Italia (in tutto il Ticino ne sbarcano 68mila ogni giorno). Sale allora la tensione poiché la marcata diffusione del coronavirus COVID-19 in Lombardia e ora anche l’affacciarsi del primo caso accertato in Svizzera, potrebbero far cambiare in fretta gli scenari e richiedere forza-lavoro a distanza ma… “La produzione va realizzata sul posto” ci dice Michael Stumm alla direzione della Montanstahl AG di Stabio insieme a Wolfgang Stumm. “Per un’industria produttiva come la nostra – ci spiega l’interlocutore – non è facile; noi lavoriamo con le macchine e necessitiamo di persone sul posto. Solo una parte dei nostri dipendenti adempie mansioni di amministrazione, logistica e contabilità che, in situazioni d’emergenza possono essere gestite da casa”. L’azienda produce profili speciali in acciaio inox e dà lavoro a 250 persone. Quanti di questi dipendenti provengono da oltre confine? “Un’altissima percentuale. Direi l’80%. Per ora stanno tutti bene, per fortuna, ma potrebbe essere solo una questione di tempo”. Come vi sentite in questa situazione? “Navighiamo a vista e aspettiamo direttive a livello governativo. Oggi abbiamo emanato indicazioni interne all’azienda chiedendo di non fare più viaggi di lavoro o incontri con i clienti e fornitori. Lavoriamo qui. Nessuno si sposta e non accettiamo visite da persone che provengono da fuori, dalla zona rossa d’Italia o che mostrano sintomi”.
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