La cultura in tempi di guerra

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Italia, durante la prima guerra mondiale

Scrivere in tempo di guerra. È un ampio capitolo quello che si appresta a sfogliare il nuovo percorso di letture che il professor Francesco Bianchi presenterà al pubblico del centro culturale LaFilanda di Mendrisio in un ciclo in quattro incontri durante il mese di ottobre.

Attraverso una selezione di autori e brani, la rassegna intitolata Il difficile rapporto tra guerra e letteratura metterà in luce come il mondo culturale italiano si relaziona agli eventi bellici.

Il punto di partenza è legato al clima di straordinaria tensione che vive l’Italia negli anni precedenti lo scoppio della prima guerra mondiale e che vede affrontarsi interventisti e neutralisti in scontri senza esclusione di colpi. Sarà questo il tema preminente del primo appuntamento in agenda domenica 6 ottobre tra le 17 e le 18.30.

Dopo un’introduzione storica, all’interno della problematica dell’interventismo, verranno affidate alle voci di Maria Bianchi e Sergio Ostinelli le letture di testi tratti da “Amiamo la guerra” di Giovanni Papini (1881-1956). Una lettura che, come anticipa il prof. Bianchi, è una sorta di pugno allo stomaco: l’effetto è reso dall’ampio uso di paradossi. L’accento verrà posto sulle provocazioni spinte al limite. Rimanendo in questo ambito, di Enrico Corradini (1865-1931) verrà invece proposto “Il fascino della guerra”.

La spinta interventista e nazionalista, del resto, ha trovato un importante interprete anche in Gabriele D’Annunzio (1863-1938), autore di “Canto augurale per la nazione eletta”, scritto in tono epico e celebrativo.

“Esiste tuttavia – continua Bianchi – un interventismo democratico, mosso da tutt’altre motivazioni. Ne è un meraviglioso esempio Piero Jahier (1884-1966), di religione valdese”. Il suo libro “Con me e con gli alpini” (1919) fotografa la vita militare come forma di riscatto sociale, l’esperienza della guerra, seppure drammatica, quale occasione per dare al popolo una coscienza nazionale. L’ambizione è quella di rendere gli uomini tutti uguali. Il testo emblematico, come rileva il nostro interlocutore, è “Il soldato Somacal Luigi”, un uomo disadattato che con l’aiuto del tenente Jahier riacquisterà fiducia e quella dignità umana che credeva di avere smarrito.

Il ciclo di appuntamenti a LaFilanda proseguirà le domeniche successive 13, 20 e 27 ottobre nei medesimi orari. Il discorso della guerra vista con spirito nazionalista e provocatorio non può escludere una lettura – ovviamente parziale – del celebre “Manifesto di fondazione del futurismo” del 1909 di Filippo Tommaso Marinetti (1876-1944). Ci si concentrerà sui passaggi in cui la guerra viene esaltata “come sola igiene del mondo”. I lettori interpreteranno alcuni testi futuristi di notevole impatto come il notissimo “Bombardamento”.

Il percorso letterario condurrà il pubblico nel periodo negli anni del primo conflitto mondiale. Il focus sarà centrato sulla figura emblematica del poeta-soldato Giuseppe Ungaretti (1888-1970). “Si misurerà la differenza tra i discorsi roboanti della propaganda interventista e l’esperienza diretta sul campo di battaglia” osserva Bianchi. La scelta è caduta sulla raccolta “L’allegria”, con il suo linguaggio scarno, essenziale che traduce l’immagine dell’uomo esposto, fragile e solo.

Il primo dopoguerra coincide con l’ingresso nel Ventennio Fascista. La rassegna affronterà la questione centrale, a sapere cosa vuol dire fare cultura sotto un regime dittatoriale: come si comportano gli intellettuali? E la scuola? Nell’ambito del terzo incontro verranno trattati alcuni temi scritti da una giovane allieva ticinese, Lidia Bernardazzi, che tra il 1938 e il 1942 si è formata in un istituto scolastico piemontese. Sarà inoltre analizzato lo “stile fascista” attraverso passaggi di Giovanni Giurati, Ettore Cozzani, Carlo Culcasi e altri.

Il professor Bianchi si soffermerà quindi sugli anni bui del Fascimo e del Nazismo in Italia letti attraverso testi poetici del Premio Nobel Eugenio Montale (1896-1981), attingendo in particolare dalla raccolta “La Bufera”: “La primavera hitleriana”, “Il sogno del prigioniero”.  Non verranno tralasciate alcune significative poesie di un altro Premio Nobel, Salvatore Quasimodo (1901-1968), tratte in primo luogo dalla raccolta “Giorno dopo Giorno” del 1947.

L’appuntamento conclusivo sarà dedicato alla vasta tematica della Resistenza. In apertura verrà dato spazio alla letteratura partigiana clandestina, quindi a frammenti di giornali patrioti e agli scritti dei protagonisti di quella pagina di storia, testimonianze preziose e fondamentali che sfoceranno nel felice capitolo del Neorealismo.