Intervista a Sebastiano Croci-Torti, giocatore del FC Mendrisio

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Nella foto d’archivio, un’intensa espressione di Sebastiano Croci-Torti in un derby col Bellinzona.

Henri) Sebastiano Croci-Torti gioca con la maglia del Mendrisio da sette anni. Venticinquenne, è cresciuto con gli allievi del Morbio dove ha pure giocato in prima squadra.

Non ci sembra il caso di farci spiegare da Sebastiano le ragioni di questa stagione infelice della squadra in cui ha iniziato a giocare sette anni fa. Ma è inevitabile accennare al Mendrisio di oggi precipitato all’ultimo posto della classifica. Anche perché “Seba” ne è il primo tifoso e soffre tantissimo (come tutti i suoi compagni) nel vederlo così malmesso. Non si possono rimproverare impegno e dedizione ai giocatori, tantomeno all’allenatore. Ma la squadra, così come è, ha il passo da retrocessione, cosa che deve preoccupare chi ha a cuore le sorti della società. Quest’anno si è fatta trovare impreparata per il campionato: ripetiamo quanto scritto qualche settimana fa: è solo una questione di budget? Vedi le partenze di giocatori importanti che, alla prova dei fatti non sono stati sostituiti. Parliamo soprattutto di attaccanti: i numeri parlano chiaro (11 reti segnate, peggiore attacco unitamente a quello dell’United Zurigo, che ne ha addirittura subìte 55!) da cui è ora stato superato in classifica.

Sebastiano parlaci della tua carriera calcistica.
Non ho molto da dire. Ho fatto la U14 e 15 in rossoblù, i primi calci al pallone li ho dati a Morbio. Lì ho giocato sette anni, ho debuttato in prima squadra a 16/17 anni nel campionato di Seconda Lega. A Mendrisio, come allenatori, ho avuto Ardemagni, Gatti, Mattia Croci Torti (che domenica abbiamo risalutato sulla panca del Lugano, il peggio è passato in un colpo solo, ndr).

Il più bel momento?
Con Karl Engel alla presidenza. Sono arrivato quando era andato via Angelo Bordogna (un incompreso, ndr) ed Engel (il grande Carlo come lo chiamavamo ai tempi del Lugano, ndr) aveva preso il suo posto.

Che cosa ricordi in particolare?
C’era un bellissimo gruppo: annate veramente straordinarie.

E oggi?
Il gruppo c’è sempre, ma su 20 giocatori 10 sono nuovi. Non si può pretendere che in tre mesi sia affiatato come quello che ci ha accompagnati per quattro anni.
Ci puoi descrivere qual è il vostro stato d’animo dopo 9 sconfitte e, soprattutto, ancora nessuna vittoria?
Perché non dovrei. Lo dico in parole “povere” ma appropriate: la fiducia è andata scemando, gli stimoli pure!

Non sarà semplice ritrovare la spinta giusta…
Andrea (Cataldo, il capitano, portiere eccelso e da sempre colonna momò, ndr) ci mette la faccia, ci crede più di tutti. Non è semplice ma non finisce qui. Abbiamo davanti due partite, domenica a Zurigo con il Kosova e sabato 10 novembre a Baden: la vittoria ci manca da un’eternità, vogliamo cancellare lo 0 dal tabellone. A ogni costo!

Parliamo di te: la tua giornata come si presenta?
Inizio a lavorare alle sette e un quarto, termino il lavoro presso la Mapelli Laudato SA a Chiasso alle 16.30. Il tempo di una doccia e di una merendina, poi via al campo dove ci si allena dalle 18.15. La cena la prendo alle nove, nient’altro di speciale.

Niente uscite serali?
Beh, un aperitivo o una serata con Simona, la mia ragazza, e con gli amici di calcio il giovedì.

Hai qualche hobby particolare?
Una grandissima fetta della mia vita ruota attorno al calcio. Calcola le ore settimanali per gli allenamenti, almeno sei, le partite, le trasferte. Inoltre ho un lavoro (fa l’imbianchino, ndr) che, tra l’altro, mi piace tantissimo. Quali hobby potrei avere?

Sebastiano può essere considerato una “bandiera” del Mendrisio (unitamente al portiere Andrea Cataldo). È contento di continuare a dare il suo prezioso contributo a una squadra che è un’autentica e bella famiglia senza antagonismi. Ha corso sin da piccolo dietro a un pallone; per lui è stato qualcosa di straordinario vestire la maglia bianconerorossa e lo è tuttora!
Come facevamo allora a non parlare del Mendrisio (“della mia carriera ho ben poco da dire” – ci ha precisato in tutta modestia e umiltà)?
All’ultima domanda, se crede ancora in un colpo di coda della sua squadra, “Seba” ha risposto in tutta sincerità: “La speranza è sempre l’ultima a morire!”.