“Vorrei cogliere l’occasione per manifestare senza indugio la mia intenzione, ritenuto il sostegno delle ticinesi e dei ticinesi, di continuare il mio lavoro a Palazzo Federale, postulando una nuova candidatura alle Federali del 2019”.
Marco Romano ha scelto la giornata organizzata dal Municipio di Mendrisio in onore del presidente della Deputazione ticinese alle Camere Federali per annunciare la volontà di mettersi in gioco per un terzo mandato a Berna.
L’incontro si è svolto nel nuovo Teatro dell’architettura, ultima tessera, la più simbolica, del puzzle costruito dall’Accademia e dall’USI. In sala una folta presenza di politici, municipali e sindaci della regione, deputati al Gran Consiglio, i Consiglieri di Stato, i colleghi del Consiglio nazionale, del Consiglio degli Stati; numerosi amici di Romano, esponenti del PPD di oggi e di ieri, politici che lo hanno preceduto sotto la cupola di Palazzo federale.
“Un privilegio e un onore”
E proprio il “Teatro”, l’USI e la SUPSI, il cui cantiere è in piena attività nel comparto della stazione, hanno dato lo spunto al deputato di Mendrisio per sottolineare la centralità di un territorio di periferia come il Mendrisiotto e il Basso Ceresio. Posizione che dev’essere ancor meglio valorizzata: “faccio riferimento ai residenti, ma anche a chi gestisce e a chi investe in questo territorio”. Lo sviluppo che ha conosciuto Mendrisio può essere traslato all’intero Cantone: “È una questione di attitudine e volontà. Costruire piuttosto che marginalizzarsi, partecipare piuttosto che solo criticare; lavorare sul presente e al domani, non solo chiedere un passato superato”. Marco Romano ha infine ringraziato tutti coloro che gli sono vicini, che lo sostengono, “che mi criticano costruttivamente”, permettendogli di vivere “intensamente il Paese”, sia a livello locale, sia come deputato a Berna, “un privilegio e un onore”.
Cavadini, “un vero polo accademico”
A dare il benvenuto a tutti, all’inizio dell’incontro, “in questa giornata speciale per la città” il sindaco, a nome del Municipio e della popolazione. Anche Samuele Cavadini ha chiesto ai membri della deputazione ticinese di andare avanti a credere nella città, ad occuparsi dell’Accademia, per la quale Mendrisio si è subito impegnata, fin dal 1996, quando vennero mossi i primi passi. Ed ora ecco nascere un vero polo accademico, grazie anche all’arrivo della SUPSI: “il Ticino necessita di uno sviluppo dell’università” ha detto il sindaco, ricordando una celebre frase di Giuseppe Buffi, “non rifugiamoci nella condanna dell’autocondanna”.
Erez, “sentiamo forti pressioni”
Il saluto dell’USI è stato portato dal rettore Boas Erez che ha difeso con forza e determinazione la qualità degli studi accademici in Ticino, sui quali piovono non raramente critiche da parte di chi è interessato a tracciare un röstigraben anche in campo universitario. “Sentiamo forti pressioni: aiutateci, difendete la nostra università”, ha detto Erez rivolgendosi al nuovo presidente e ai suoi colleghi della deputazione.
Come la luna che muove i mari
Riccardo Blumer, direttore dell’Accademia, parlando del “Teatro” ha dato alcune possibili interpetazioni: è come un tamburo, che trasmette lontano i propri suoni; è un satellite dell’USI, potente come la luna che riesce a muovere i mari; in ogni caso è un segno d’identità, uno di quegli edifici “che ci fanno essere”. Un auspicio, infine, da parte del presidente del Consiglio di Stato: “sono sicuro che il Ticino, con le sue eccellenze, grazie al vosto impegno, si farà ancor meglio conoscere a Berna”, ha detto Claudio Zali, chiedendo ai deputati ticinesi di stare vicini a dossier cari al governo ticinese: i rapporti con l’Italia e l’UE, la questione dei frontalieri, i collegamenti stradali con il Locarnese.
“Non fu facile, ma poi…”
“Non fu facile, negli anni Novanta, vincere le resistenza con i politecnici di Zurigo e Losanna; ci avevano visto nascere con sospetto. Ma oggi questi atteggiamenti sono stati superati ed abbiamo istituito insieme il Premio nazionale svizzero dell’architettura, di cui siamo partner un terzo ciascuno”: così Mario Botta, invitato a presentare il teatro dell’architettura, costruito a distanza di vent’anni dalla fondazione dell’Accademia. La forma dell’edificio è quella dell’antico teatro anatomico, luogo di studio, di approfondimento, di osservazione. Anche il grande cilindro costruito accanto al vecchio ospedale ha queste funzioni, “di analisi e verifica dell’architettura odierna e delle discipline con cui è confrontata. Qui verranno artisti, creativi, inventori: li ascolteremo per crescere, affinché l’architettura riesca ancor meglio nel suo compito, di dare spazio alla vita dell’uomo”, ha detto Mario Botta. Oggi l’Accademia conta studenti di 40 paesi, ha un campus “diffuso”, un Archivio del Moderno e una casa editricre propria. In ottobre al Teatro la grande mostra dedicata a Louis Kahn (1901-1974) “architetto dimenticato dall’America. Pubblicheremo le sue lezioni”.
La giornata si è chiusa con un aperitivo offerto alla popolazione al “Vignetta”, l’antica osteria ora di proprietà dell’Accademia e, più tardi, con un incontro tra il Municipio e la Deputazione.