
(red.) Non c’era nessun ospite lunedì 23 luglio a Rancate, al Centro unico per migranti in procedura di riammissione semplificata in Italia. La grande struttura, ricavata in un capannone industriale nella zona della Rossa, da tempo è ben poco utilizzata rispetto alla capacità fissata, che è di 150 persone. Il Centro è destinato a persone che varcano la frontiera in modo illegale, cioè senza permessi, con l’intenzione di transitare in Svizzera, senza deporre domanda d’asilo, per recarsi in altri paesi europei, soprattutto in Germania. Le autorità svizzere, nell’ambito di un accordo specifico, consegnano queste persone alle autorità italiane di frontiera, secondo una procedura standard. Quando i migranti vengono trovati negli orari in cui gli uffici di confine sono chiusi, sono trasferiti a Rancate, dove ricevono la cena e un posto per dormire. Il mattino successivo sono di nuovo caricati sulla camionetta e portati a Chiasso per l’espulsione verso l’Italia.
Flussi migratori cambiati
Nel mese di luglio, ha comunicato lo Stato maggiore cantonale dell’immigrazione in una nota diffusa lunedì 6 agosto, il numero degli ospiti è rimasto analogo a quello del mese precedente.
La diminuzione è legata al cambiamento dei flussi migratori: sembra che la rotta meno difficile per queste persone sia ora quella attraverso la Spagna e non più i paesi dell’Europa centrale, i cui governi hanno adottato misure molto severe per contrastare l’arrivo o il transito di persone in fuga dai loro paesi. Anche gli sbarchi sulle coste dell’Italia del sud sono diminuiti drasticamente, dopo lo stop del nuovo governo e le pressioni sull’UE per ripartire i migranti nei vari paesi dell’Unione.
Nonostante la diminuzione delle presenze, il Dipartimento delle istituzioni, lo scorso mese di luglio, ha prolungato l’apertura del Centro a tutto il 2019, con opzione al 2020, “tenendo conto della costante presenza della spinta migratoria al confine”. Alla Rossa, assicura il DI, “c’è una collocazione degna e rispettosa delle persone, che all’interno possono rifocillarsi, riposare e usufruire dei servizi igienici”; il capannone è allestito in moduli e ciò “permette di separare i migranti ritenuti bisognosi di attenzioni particolari (donne sole e minorenni non accompagnati) e offre spazi per le famiglie con figli minorenni”. La scarsità di presenze ha indotto comunque il DI a rivalutare i costi, che sono stati ridotti del 50%. Nella nota del Dipartimento si ringrazia l’autorità comunale di Mendrisio e la popolazione residente anche nei Comuni limitrofi “per la collaborazione e la disponibilità dimostrata”.
Il dramma di Maroggia
L’attualità ha registrato questa settimana un nuovo dramma legato al fenomeno migratorio, dopo quello di Balerna dello scorso anno, quando un giovane del Mali, una notte di fine febbraio, rimase fulminato sul tetto di un Tilo in entrata dall’Italia. Domenica 5 agosto un altro giovane uomo di 27 anni, originario del Benin, nell’Africa occidentale, è annegato nel lago a Maroggia. L’uomo era in cura alla Clinica psichiatrica cantonale di Mendrisio. Il Corriere del Ticino ha ricostruito giovedì 9 agosto la sua vicenda. Il ricovero a Casvegno era avvenuto diversi mesi fa, dopo che l’autorità preposta non era entrata in materia sulla sua richiesta d’asilo, considerando che il Benin è un paese sicuro. L’uomo era perciò destinato ad essere espulso dalla Svizzera. Il migrante viveva in Ticino e da alcuni anni lavorava presso un’impresa di pavimentazioni stradali del Luganese; i datori di lavoro lo hanno descritto come un dipendente bravo e impegnato. Domenica, insieme ad altri pazienti, è stato accompagnato da personale dell’OSC in una gita a Maroggia, nei pressi dell’ex collegio Don Bosco. Nella sua nota sull’incidente, la Polizia ha comunicato che l’uomo “è scivolato nel lago dalla riva finendo poi sott’acqua”. Il suo corpo è stato ritrovato poco dopo a 7-8 metri di profondità ma la pronta rianimazione non è servita a riportarlo in vita.
Accoglienza e tolleranza
Sul fronte dell’accoglienza dei migranti, nel Mendrisiotto ci sono discussioni accese; le autorità comunali hanno messo le mani avanti e non sembrano molto disponibili alla costruzione del Centro federale per la procedura d’asilo, (CFA) in zona Pasture, tra Balerna e Novazzano, con circa 350 posti letto. Nei giorni scorsi sono state posate le modine attorno ad uno stabile delle FFS, dove la Confederazione intende aprire la sede provvisoria del CFA dal 2019, con circa 200 posti, dopo lavori di adattamento dello stabile, in attesa della sede definitiva, la cui apertura è pianificata nel 2023, nella stessa zona. Dopo il no dei cittadini di Losone alla continuazione dell’esperienza di accoglienza dei profughi nell’ex caserma, l’autorità federale competente ha scelto il Mendrisiotto per la sede temporanea del Centro.
L’Ufficio federale delle costruzioni e della logistica (UFCL), a metà giugno, aveva incontrato le autorità comunali di Balerna, Novazzano e Chiasso e ha già bandito il concorso per la progettazione della struttura che dovrebbe essere pronta, appunto, nel 2023.
In autunno è prevista una serata pubblica d’informazione sul progetto che è curato dalla Segreteria di Stato della migrazione (SEM).