La “divina creatura” e il ritratto di un’epoca

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Arte e fantasia nei ventagli di allora.

(red.) Fascino e seduzione sono elementi imprescindibili delle opere che compongono la rassegna espositiva in corso alla Pinacoteca cantonale Giovanni Züst di Rancate. La mostra Divina creatura percorre un arco temporale compreso tra la metà dell’Ottocento e i primi anni del Novecento, alla vigilia dello scoppio del primo conflitto mondiale. Pur concentrando l’attenzione sulla donna e la moda nelle arti, il linguaggio scelto è tutt’altro che frivolo. Alla levità di piume e merletti e al fruscio della seta si contrappone infatti un’approfondita ricerca di carattere non solo artistico, ma anche sociologico sul ruolo femminile a cavallo fra due secoli. L’esposizione documenta un momento storico grazie alle testimonianze che grandi artisti – Boldini, Segantini, Vela, Ciseri, Feragutti Visconti e molti altri – ci hanno tramandato attraverso le loro opere.
Le sale della Pinacoteca rancatese ospitano sculture e dipinti permeati di charme, accanto ai quali si possono ammirare una collezione di ventagli d’autore, preziosi abiti d’epoca (eccezionalmente conservati), elementi d’arredo, fotografie, libri, cataloghi di moda in varie lingue…
Mariangela Agliati Ruggia, Sergio Rebora, Marialuisa Rizzini, con il coordinamento di Alessandra Brambilla e il contributo di numerosi studiosi, hanno selezionato opere provenienti da musei e collezioni private. Con l’obiettivo di ricreare, all’interno degli spazi museali, quello che è stato un vero e proprio cambio di paradigma nella storia del costume in Europa. L’essere alla moda, dopo la metà del 1800, diventa un imperativo condiviso dalle donne appartenenti a ceti sociali diversi.
Attraverso il ritratto su commissione, in modo particolare, è possibile ripercorrere le evoluzioni della figura femminile e del suo ruolo, da esibire in società. Le signore dell’Ottocento – appartenenti all’aristocrazia o alla borghesia – posavano vestite e acconciate secondo i dettami dell’epoca. Abiti elegantissimi e sfarzosi quanto scomodi, con busti che costringevano chi li indossava a movimenti innaturali e che impedivano di respirare correttamente.
Uno stile che “contagia” anche la società ticinese. La Pinacoteca Züst ha dedicato una sezione alla figura della contessa luganese Carolina Maraini Sommaruga (1896-1959), ponendo un’attenzione particolare alle attività filantropiche che la portarono a donare la sua villa romana alla Confederazione, oggi sede dell’Istituto Svizzero, e promotrice della valorizzazione del lavoro femminile. Vengono ricostruiti in mostra anche i dettagli dell’ambiente nel quale viveva: abiti, accessori, mobili affiancano opere di celebri artisti che la ritrassero come Vittorio Corcos, Marino Marini e Giovanni Boldini.
Un altro significativo esempio in mostra è rappresentato dal lavoro di Pietro Chiesa con il ritratto della sorella Felicita (cfr box a lato).
Non è solo l’abbigliamento a caratterizzare le figure femminili “fin de siècle” ma anche la gestualità, le movenze, la dizione.
Accanto al ritratto, come spiegano i curatori, negli anni del realismo è la pittura di genere a documentare con efficacia iconografica ed esemplare obbiettività l’evoluzione della moda femminile, ma anche le più diffuse tipizzazioni dei ruoli. Dopo il 1860, si moltiplicano in pittura le scene di ambientazione quotidiana e borghese. La donna è raffigurata all’interno della sua dimora mentre suona il pianoforte, è impegnata in lavori di cucito, nella lettura, mentre accudisce i figli o ancora mentre passeggia o si trova in giardino.
Gli artisti restituiscono le scelte delle protagoniste in fatto di moda, con dettagliata cura perfino negli accessori e nei gioielli. Lo spettatore ha quindi modo di seguire l’evoluzione del gusto. Per la prima volta, come detto, viene proposto un genere specifico, quello dei ventagli eseguiti da grandi artisti: strumenti di comunicazione non verbale di estrema duttilità.
I quindici abiti esposti negli spazi della Pinacoteca Züst, accostati a dipinti e sculture, consentono di rilevare analogie con quelli raffigurati. La scomodità dei vestiti, come detto, era ritenuta una qualità socialmente qualificante, poiché metteva in luce la possibilità per le donne di non lavorare e quindi una condizione economica agiata. L’esposizione si sofferma sullo stretto nesso tra bellezza e sofferenza, imposto dalla moda del tempo: vita sottilissima (alcuni vestiti hanno un girovita tra 50-55 cm) e ingombranti volumi posteriori delle gonne che richiedevano sottostrutture rigide, come crinoline e tournures. Ogni vestito esigeva pure accessori coordinati che ne accrescevano ulteriormente il costo. Un fondamentale segno di cambiamento è stato rappresentato dalla diffusione del tailleur, in tre pezzi, più semplice e pratico.
La mostra Divina creatura. La donna e la moda nelle arti del secondo Ottocento rimarrà aperta fino al 28 gennaio prossimo e si potrà visitare da martedì a venerdì dalle 9 alle 12 e dalle 14 alle 18, sabato, domenica e festivi (compreso il 6 gennaio) dalle 10 alle 12 e dalle 14 alle 18 (091 816 47 91 – www.ti.ch/zuest).

• La mostra in corso alla Pinacoteca cantonale Giovanni Züst ospita un’opera significativa di Pietro Chiesa (Sagno, 1876 – Sorengo, 1959): Ritratto di Felicita Chiesa, circa 1898, pastello su carta applicata su tela (64.5 x 40 cm). Il ritratto, come illustra Monica Vinardi, autrice del contributo pubblicato in catalogo, è desunto da una fotografia della sorella del pittore – scattata davanti al portico di Casa Chiesa a Sagno – presentata nell’ambito dell’esposizione a Rancate accanto all’abito originale indossato dalla fanciulla. Il pittore ha colto alcuni dettagli dell’elegante vestito, tra i quali spiccano le voluminose maniche che testimoniano del gusto del tempo, ossia l’ultimo decennio dell’Ottocento. L’abito, molto probabilmente confezionato da una sartoria ticinese, è in taffetà di seta marezzato azzurro polvere, ed è ancora conservato dagli eredi. La fotografia in bianco e nero consente di apprezzare numerosi aspetti dell’acconciatura e dell’abbigliamento femminile dell’epoca. Ad attirare l’attenzione del visitatore è soprattutto il girovita che, come puntualizza Marialuisa Rizzini nella descrizione in catalogo, è pari a circa 53 cm e fa pensare a un corpo racchiuso in un busto, strumento ritenuto necessario per ottenere un diametro minuscolo, ricercato faticosamente dalle donne alla moda, addidato tuttavia dai medici come grave pericolo per la salute. L’importanza del punto vita è messa ulteriormente in luce da una cintura con un vezzoso fiocco. La pettinatura scelta da Felicita Chiesa, che il fratello ha valorizzato nel quadro in mostra, pone in risalto il piccolo volume della testa incorniciata da riccioli.

• A corredo della mostra “Divina creatura” la Pinacoteca Züst, in collaborazione con il Circolo di cultura di Mendrisio e dintorni e con Amiche e Amici della Filanda, propone una serata-evento in agenda sabato 13 gennaio alle 20.30. Nelle sale della struttura di Rancate verrà rappresentato il monologo Moi di Chiara Pasetti, per la regia di Alberto Giusta, con Lisa Galantini. La pièce è dedicata alla scultrice francese Camille Claudel, allieva, modella e amante di Auguste Rodin.
Prima della rappresentazione, l’autrice Chiara Pasetti presenterà al pubblico questa “divina creatura”, Camille Claudel, vissuta tra Ottocento e Novecento, come le protagoniste dei dipinti in mostra alla Züst. Fu una scultrice di grande valore, tuttavia la sua opera fu apprezzata solo dopo la morte, avvenuta nel 1943 in un asilo per alienati mentali dove era stata ricoverata per volontà della madre e del fratello Paul Claudel, poeta e diplomatico di fama, e dove aveva vissuto per un trentennio. “Una donna unica nella sua arte e nella sua umanità. Di lei ci si innamora quasi immediatamente – annota il regista Alberto Giusta. – Incarna quell’universo femminile scomodo perché di talento eccelso. Non si comporta mai da vittima, anche se è vittima della società maschilista in cui vive”. Lo spettacolo è realizzato dall’Associazione culturale “Le Rêve et la vie” in collaborazione con la Fondazione Luzzati-Teatro della Tosse.
La prenotazione è obbligatoria (fino a esaurimento dei posti) presso la segreteria della Pinacoteca Züst: 091 816 47 91, decs-pinacoteca.zuest@ti.ch, www.ti.ch/zuest. Franchi 15 l’ingresso comprensivo di spettacolo e visita libera alla mostra (19.30-22.30).