L’ospedale che verrà

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Ospedale Beata Vergine Mendrisio
OBV

(red.) L’OBV che avremo tra qualche anno, quando ne sarà portato a termine l’ampliamento con la costruzione della nuova ala, sarà un ospedale diverso da quello che conosciamo. Il corpo centrale, inaugurato nel 1990, tornerà ad occuparsi prevalentemente di degenza e i numerosi servizi ambulatoriali che oggi si incontrano in mezzo ai reparti troveranno spazio nella nuova costruzione, due piani interrati e quattro in superficie. È, questa del “riordino”, la parte  meno nota del progetto da 34 milioni di franchi andato in pubblicazione nelle scorse settimane.

 

In questi 26 anni l’Ospedale della Beata Vergine ha vissuto un cambiamento radicale. Se al momento dell’apertura i letti erano 218, adesso sono 154. Ma ciò non significa che ci siano meno malati da curare. Anzi: l’ospedale è quasi sempre al completo e al momento attuale, senza la nuova ala, non ci sono più possibilità di sviluppo. È il modo di curare ad essere cambiato: si rimane degenti sempre meno, si diventa… ambulanti sempre di più; e cambiate sono an che le attese e le esigenze dei pazienti. Una dozzina di camere di degenza costituisce da tempo la struttura dell’Ospedale di giorno: si tratta di letti occupati per qualche ora, al massimo una giornata, da pazienti che hanno ricevuto cure ambulatoriali da specialisti in ginecologia, ortopedia, urologia o da altri medici; verso le 18 al più tardi il Day Hospital viene chiuso.

Su 10 interventi, 6 a livello ambulatoriale
C’è stato insomma un passaggio notevole, negli anni, da una chirurgia di degenza a una chirurgia ambulatoriale; tanto che le analisi approfondite svolte dall’OBV mostrano che 6 – 7 interventi chirurgici su 10 potranno progressivamente essere svolti a livello ambulatoriale, allineandoci così alle cifre delle nazioni più performanti. E così tra un reparto e l’altro, quasi tra una camera e l’altra, sono spuntati gli ambulatori; l’arrivo di nuovi specialisti ha richiesto spazi per uffici, segretariati, sale visita attrezzate, sale d’attesa, costringendo l’ospedale a continui adattamenti logistici. “Siamo consapevoli che le attività ambulatoriali occupano spazi impropri, spiega il direttore dell’OBV Graziano Selmoni; i pazienti hanno bisogno di tranquillità, di un ambiente protetto; ma oggi i flussi dei pazienti non sono ordinati e chi accede all’OBV per un intervento o un consulto ambulatoriale si trova a contatto con i degenti”. La nuova distribuzione degli spazi permetterà pure di eliminare gli “stanzoni”, le camere con 4 letti che non sono certamente le più accoglienti, né per i pazienti né per i visitatori. Un paio di questi spazi sono già stati trasformati in camere più piccole, gli altri seguiranno.
Il trasferimento all’esterno, nella nuova ala, degli ambulatori  permetterà di separare in modo chiaro le due dinamiche; da una parte le degenze con gli ampi volumi dedicati alle sale operatorie, alle cure intensive, alla logistica, ai servizi tecnici e alberghieri; dall’altra quella ambulatoriale, così che quest’ultima possa svilupparsi ulteriormente ed essere più allineata alle attese e alle necessità di questa tipologia di pazienti: “oggi, osserva il direttore dell’OBV, un paziente che si reca all’ospedale per un intervento ambulatoriale, non è più disposto a mettere a disposizione mezza giornata quando l’intervento può essere praticato in pochi minuti”.

Un meticoloso lavoro di preparazione
Il progetto di ampliamento è stato messo a punto negli ultimi anni dallo staff dell’OBV, in particolare dal direttore, dai medici primari e dai responsabili dei vari settori; un lavoro meticoloso, basato sull’esperienza, che ha tenuto conto anche della lunga storia dell’ospedale (l’Ospizio Turconi venne aperto nel 1860); il progetto è stato condiviso dal Consiglio di amministrazione dell’EOC che ha apprezzato il modo con cui la struttura di Mendrisio ha lavorato in questi anni per interpretare nel migliore dei modi, proiettandosi nel fututo, la funzione di ospedale regionale di prossimità affidatale dalla pianificazione ospedaliera.

I 30 letti per il post acuto
La cronica mancanza, nel distretto, di letti per le cure post acute, che riguardano soprattutto i pazienti anziani, troverà una soluzione nella nuova ala, dove saranno a disposizione 30 letti (quasi tutti in stanze singole), da anni chiesti a gran voce dai medici dell’ospedale, costretti spesso a trattenere, per mancanza di posti altrove, persone che, dopo le cure acute, avrebbero appunto bisogno di essere seguite in maniera diversa. Anche questo è un valore aggiunto del progetto, insieme  al riconoscimento sostanziale che viene fatto alle collaborazioni che l’ospedale, credendo fortemente al concetto di “rete integrata dei servizi sanitari” ha saputo costruire in questi anni con i servizi del territorio: il SACD (cure a domicilio), Hospice, la Lega contro il cancro, e la Lega polmonare, partner che avranno la propria sede nella nuova ala; “in questo modo – conclude Graziano Selmoni – sarà rafforzata la presa a carico dei pazienti più fragili e ammalati che dopo le cure acute e quelle post-acute rientrano a domicilio. Gli infermieri dei servizi potranno visitarli e conoscere la loro situazione quando ancora si trovano nei reparti di degenza, favorendo la continuità delle cure”.