(red.) Dopo la questione dei pompieri, spunta un’altra disputa su scala regionale, l’acquedotto: i Comuni che avevano manifestato perplessità al momento di costituire il consorzio, sono gli stessi che nei giorni scorsi si sono rifatti vivi con la Delegazione.
Per dire che il proprio delegato, a meno che il messaggio 6/2015 sia ritirato o modificato, voterà di no quando si tratterà di discutere, nel plenum, il credito di 750 mila franchi per “il completamento della progettazione definitiva dell’ARM”, come si legge nel messaggio datato 21 ottobre. Chiasso, Stabio e Riva, 3 degli 11 Comuni consorziati, ritengono che la Delegazione non sia sulla strada concordata, chiedendo, come ha fatto, di procedere mediante un’unica progettazione, sia per la tappa zero, la messa in rete degli acquedotti, che per la tappa a lago, cioè la costruzione della stazione di potabilizzazione con relative condotte.
Questo, infatti, non era l’accordo, stabilito tra i Comuni alla fine di un lungo lavoro di concertazione; secondo il quale, in poche parole, prima di tutto si realizza la messa in rete… delle reti – per la quale l’accordo è unanime – poi si procederà alla “fase due”; solo se necessario, aggiungeva qualcuno, e solo se si è dimostrato, nel frattempo, che la messa in rete non è sufficiente a garantire acqua anche in caso d’emergenza.
È l’articolo 3 degli statuti, che ne conta una quarantina, ad essere invocato: è vero che nella prima parte si legge che “il Consorzio si impegna a realizzare la messa in rete degli attuali acquedotti comunali con l’obiettivo di realizzare la stazione di approvvigionamento a lago”; ma nella seconda parte, quella citata nelle tre lettere, si legge che “la costruzione degli impianti viene realizzata in fasi successive. La prima è costituita dalla tappa zero (messa in rete degli acquedotti comunali), la seconda dalla tappa a lago (stazione di potabilizzazione)”. Cosa chiedono i Municipi contestatori? “Il rispetto alla lettera dello spirito dell’articolo, nonché degli accordi presi nella fase di costituzione del consorzio, risultato di un delicato compromesso, allora raggiunto, e dei principi attorno ai quali si era coagulato il consenso necessario per avviare il progetto ARM dopo decenni di discussioni”, ha scritto Riva San Vitale.
Una questione formale? Proprio no: c’è un lato finanziario non trascurabile, che mette bene in evivenza il Municipio di Stabio: “le due fasi non devono essere realizzate congiuntamente e, rilevato che la tappa a lago è acquisita e assolutamente non in discussione, non s’intravede la necessità, o l’obbligo, che il progetto sia sviluppato in modo completo in un’unica tranche, creando, di fatto, con la tempistica proposta, un aggravio maggiore e immediato a tutti i Comuni consorziati”. Molto ferma anche la posizione di Chiasso, secondo cui l’articolo 3 “esclude che le due fasi vengano realizzate contemporaneamente”; si cambi “l’impostazione del messaggio”, in caso contrario “il nostro delegato riceve già sin d’ora l’istruzione di non approvare il messaggio”.
Sullo sfondo della protesta
Sullo sfondo della “protesta”, dice chi ha buona memoria, ci sono le ragioni che spinsero questi Comuni ad aderire con una certa cautela al progetto il cui scopo fondamentale è “di garantire una maggiore sicurezza e una più efficiente gestione del sistema di approvvigionamento idrico della regione”.
Stabio e Riva San Vitale non hanno mai avuto problemi di scarsità d’acqua, come li hanno Mendrisio e Castel San Pietro; Chiasso neppure perché, pur trovandosi su un suolo altamente insediato, prende l’acqua dalla sorgente della Rovagina, incastonata in mezzo alla natura ai piedi della Valle di Muggio; tutti e tre i Comuni, in ogni caso, hanno investito decine di milioni per migliorare la sicurezza dei propri impianti.
Ora – dicono – non si può ribaltare di botto sui Comuni costi consortili che devono invece essere diluiti in due tappe ben precise. Tra pochi anni quanto dovremo far pagare l’acqua all’utenza?