
Rimane poblematica la situazione degli scarichi di acqua malamente depurata nella parte italiana del bacino sud del Lago Ceresio, in particolare a Porto Ceresio e a Lavena Ponte Tresa: le autorità italiane ai vari livelli, comunali, provinciali e regionali, pur sollecitate più volte dalle autorità svizzere, non sembrano aver recepito la gravità del problema. Lo scrive il Consiglio di Stato rispondendo ad un’interrogazione dell’8 luglio del deputato Massimiliano Robbiani. La buona notizia è che si sta valutando, accanto ai rapporti istituzionali, che finora hanno portato a ben scarsi risultati, la possibilità “di fornire direttamente una consulenza di carattere tecnico ed organizzativo. In tal modo potrebbe essere possibile anticipare l’esecuzione degli interventi più urgenti, con la messa in esercizio di impianti di depurazione in grado quantomeno di mitigare l’attuale situazione”.
L’estate scorsa, per la terza volta consecutiva, l’Azienda sanitaria locale della provincia di Varese (ASL) ha decretato la non balneabilità del bacino di Porto Ceresio. Eppure, lungo la passeggiata a lago, proprio prima dell’estate, come si può constatare, il Comune ha portato a termine importanti lavori per allungare e allargare la spiagga, trasportando sul posto sabbia e grossi massi d’argine. Come se non bastassero le analisi dell’ASL, quelle di Legambiente hanno riconfermato, nel luglio 2015, su prelievi effettuati sulle foci dei fiumi che sfociato nella parte italiana del Ceresio, “la presenza di batteri fecali, per cui Legamabiente ha consegnato la simbolica Bandiera nera alla Comunità Montana del Piambello e simbolicamente a tutti quei Comuni che hanno delegato a quest’ultima la gestione del depuratore”. Il Governo cantonale ricorda in ogni caso che non è raro incontrare alle foci dei fiumi questi batteri, soprattutto dopo periodi di maltempo. Il problema è che se i batteri fecali si fermano in un raggio circoscritto al punto d’immissione, il fosforo portato a valle da depuratori non performanti, pur non avendo rilievi dal punto di vista igienico, contribuiscono a mantenere alto il livello di eutrofizzazione (produzione algale) del bacino sud del Ceresio. Ma anche su questo punto le cose dovrebbero cambiare. Il Consiglio di Stato annuncia infatti, sulla scorta di informazioni ottenute dall’Italia, che i due impianti IDA di Cuasso al Monte ed Arcisate, che immettono l’acqua trattata nel torrente Bolletta, che a sua volta scarica nel lago a Porto Ceresio, non saranno più gestiti dalla Comunità Montana ma da un altro non precisato gestore unico, “con capacità gestionali e di investimento superiori”. C’è dunque la speranza che la nuova gestione contribuisca a ridimensionare, negli impianti IDA, il carico di fosforo portato poi dalla Bolletta, che corrisponde a ben 1/3 di quello complessivo che finisce nel bacino sud del lago “e che supera di oltre 5 volte quello degli altri corsi d’acqua che s’immettono nel Ceresio”.
Nella sua risposta a Robbiani il Governo cantonale descrive nei dettagli gli organismi italo svizzeri che dovrebbero avere sott’occhio il tema, compresa la Regio Insubrica, ma non ritiene opportuno, come chiedeva il deputato leghista di Mendrisio, “di interventire drasticamente sul Comune di Porto Ceresio; auspica, per contro, “un dialogo costruttivo e rispettoso dell’autonomia dei Comuni; la popolazione più direttamente toccata da questi episodi d’inquinamento è quella dei Comuni rivieraschi, per cui è soprattutto nell’interesse di questi ultimi adoperarsi per risolvere il problema”.