(red.) 35 anni, portoghese, ma cresciuto nel Mendrisiotto. Padre di due figli. Residente nel medesimo palazzo dov’è stato ucciso, sulla rampa d’accesso del garage sotterraneo, in Via Odescalchi, a Chiasso, nella tarda serata di giovedì 8 ottobre, verso le 21. Disegni di cuori, fotografie della sua vita troppo corta, messaggi, fiori: ad una settimana dai fatti, i ricordi di chi lo conosceva si mescolano alla pioggia, come accade quando qualcuno muore in un incidente della strada.
Ma quello di Chiasso non è stato un colpo di sfortuna. Gli inquirenti hanno già ricostruito una buona parte della vicenda e l’uomo, suo malgrado, con ruoli tutti da precisare, non fa da comparsa in questa triste storia: ne è protagonista come le sei persone finite in manette finora, la maggior parte di loro con episodi di violenza sulle spalle, anche gravi, accertati e puniti, commessi nel Mendrisiotto e nel Luganese.
Pistole, minacce, aggressioni sono gli ingredienti di una vicenda inquietante, forse di una spedizione punitiva, con gente indisturbata che si sposta dal Luganese al Mendrisiotto con la pistola in tasca, come se fosse normale. Il Municipio è stato interrogato sulla sicurezza da alcuni consiglieri, Carlo Coen, Mauro Ado, Martina Croci, Antonio D’Incecco, tutti del PLR, mentre i due deputati Giorgio Fonio e Marco Passalia hanno chiesto informazioni al Consiglio di Stato sulla disparità di trattamento riservato dal Dipartimento delle istituzioni agli stranieri onesti e a quelli che delinquono.
Grazie all’azione rapida ed efficace degli Inquirenti – coordinati dalla Procuratrice Pamela Pedretti – è stato possibile chiudere la prima fase di questa inchiesta, individuando e portando in carcere coloro che erano presenti sul luogo del crimine, giovedì scorso. Si tratta, fra l’altro, di uomini (salvo un caso) già noti alla giustizia e alla polizia per precedenti reati contro l’integrità delle persone.
Ora, ha scritto Ticinonline, inizia la fase istruttoria, che deve definire eventuali e possibili correità o complicità nelle vicenda, cercando anche di ricostruire con esattezza ciò che è avvenuto, dunque ogni singola responsabilità; nonché le motivazioni che stanno alla base dell’aggressione mortale di Via Odescalchi. In particolare, si sta vagliando la posizione di alcune altre persone che si ipotizza possano essere a vario titolo informate sui fatti. Una di queste nelle scorse ore è stata posta in stato di fermo. Si tratta di un cittadino svizzero di 32 anni, e nei suoi riguardi si ipotizza il reato di favoreggiamento.
Proprio per la delicatezza e le difficoltà dell’indagine appena avviata, il Ministero Pubblico informa che non saranno per ora date ulteriori informazioni: in questo senso si può notare che nella comunicazione ufficiale pubblicata nei giorni scorsi non si fa riferimento ad alcuna ipotesi di movente, come lo spaccio di droga, di cui si è parlato finora. La Procura invita altresì i media alla massima discrezione.