È stato lanciato ufficialmente la scorsa settimana il referendum contro la riapertura della caccia al cervo sul Monte San Giorgio. Promotori della raccolta di firme, contro la risoluzione votata dal Gran Consiglio il 22 giugno, sono Associazione Amici dei camosci del Monte Generoso, ATRA, SPALD, SPAB e Verdi del Ticino. L’obiettivo è quello di raccogliere 7’000 firme entro il prossimo 14 agosto.
Il tema ha già sollevato numerose prese di posizione. Di seguito ne proponiamo due, di segno opposto, giunte in questi giorni alla redazione de l’Informatore.
• I cervi sul Monte San Giorgio sono ormai diventati un tema caldo e d’attualità. Danni causati a viticoltori ed agricoltori hanno riempito, nelle ultime settimane, pagine dei quotidiani ticinesi e acceso discussioni tra le varie forze politiche. Ma non è però di questo che voglio parlare, perché credo che sull’argomento siano già state spese fin troppe parole. Vorrei parlare di un lato che purtroppo in pochi, al di fuori del mondo venatorio, conoscono. Ormai è risaputo che sul San Giorgio i cervi sono in crescita esponenziale, e visto che il loro numero non viene (per il momento) regolato dalla caccia, la loro presenza è diventata troppo elevata causando un sovraffollamento nell’habitat ideale. Di conseguenza gli animali devono ampliare i loro territori, andando così in conflitto, nella maggior parte dei casi, con gli spazi occupati dalle attività umane. I cervi più fortunati incappano solamente in lunghe fughe o grossi spaventi, mentre in altri casi si hanno conseguenze molto spesso letali. Incidenti stradali sono molto frequenti e nella maggior parte dei casi gli animali vengono colpiti mortalmente. Questo inoltre provoca anche un grande rischio per la sicurezza delle persone, che in alcuni casi potrebbero riportare gravi conseguenze. C’è però un altro nemico dei cervi, sopratutto degli esemplari di sesso maschile: le recinzioni. I palchi dei maschi si intrecciano con i fili sradicando metri e metri di recinzione che una volta attorcigliata attorno al collo, porta ad una lenta ed agonizzante morte per strangolamento. Inoltre una volta ritrovato l’animale morto, la sua carcassa va eliminata, in quanto la carne non è più commestibile. Dopo che il Gran Consiglio ha approvato la riapertura della caccia sul Monte San Giorgio, sono rimasto di stucco dalle reazioni avute da alcune forze politiche. Non è possibile continuare a sostenere che la gestione ottimale del cervo non avvenga tramite un prelievo venatorio regolamentato e sostenibile. Allora mi sorge spontanea una domanda: meglio lasciare che i cervi periscano soffrendo o in un incidente stradale, oppure che vengano prelevati nel rispetto delle leggi venatorie e valorizzati come risorsa naturale? Spero che il buonsenso prevalga su tutti, anti-caccia compresi, mettendo da parte odi e rancori verso una categoria di persone, che amano e rispettano la natura ed i suoi abitanti.
Francesco Ceppi, presidente
della Società Cacciatori
Alta Valle di Muggio
• Nel 2005, ben 15’435 cittadine e cittadini ticinesi firmarono, con convinzione, l’iniziativa “Per un Mendrisiotto senza caccia”, il cui scopo era la tutela della natura e dell’ambiente nella regione più fortemente compromessa del Cantone: il Mendrisiotto, appunto. Protagonisti di quella battaglia ideale furono i compianti Tita Carloni e Armando Besomi. Appoggiarono l’iniziativa associazioni importanti quali Pro Natura Ticino, WWF Svizzera italiana, Ficedula, Società Protezione animali di Bellinzona (SPAB), Società Protezione animali di Lugano e dintorni (SPALD), Centro di documentazione animalista (ATRA/CDA), Medici per l’ambiente, SOS Mendrisiotto Ambiente.
In seguito a questa iniziativa, nel 2008, fu vietata, per legge, la caccia al camoscio sul Generoso e al cervo sul San Giorgio e fu istituita una Commissione per la protezione della fauna. Si trattava di un compromesso ragionevole che tutte le parti sottoscrissero (Governo e Gran Consiglio compresi). Ora, a distanza di pochi anni, sotto la pressione di viticoltori e cacciatori, il Gran Consiglio ha approvato il ripristino della caccia al cervo sul San Giorgio, in totale dispregio della volontà popolare e degli accordi raggiunti. Le motivazioni addotte sono sempre le stesse: gli animali selvatici (in questo caso i cervi) sono troppi, sono invasivi, distruggono le colture e invadono le strade. Il loro numero, dicono, va ridotto anche per motivi sanitari (sic!). Sul San Giorgio vivono attualmente 60-70 cervi (dati dell’ultimo censimento ufficiale), una popolazione tutto sommato esigua, costretta a vivere in un territorio limitato, a nord, dal lago e altrove dagli insediamenti abitativi e produttivi in continua espansione. Inoltre, negli ultimi anni, i vigneti sono cresciuti dell’11% andando a lambire i boschi e sottraendo sempre più spazio vitale agli animali selvatici. È lecito chiedersi quali opportunità e quali risorse noi esseri umani lasciamo agli animali selvatici che cercano di sopravvivere in mezzo a mille difficoltà. Le nostre attività s’impongono ovunque con il cemento, con il traffico, con i veleni, con i rumori, con la conseguente devastazione degli ambienti naturali. Il Mendrisiotto è l’esempio più emblematico di questo degrado, il distretto che ha subito i danni peggiori di un’urbanizzazione irragionevole. Anche gli animali hanno i loro diritti e tra questi c’è pure quello dello spazio e delle risorse per sopravvivere. Non possiamo pensare che l’intero territorio sia ad uso esclusivo delle attività umane. Una convivenza pacifica con i cervi del San Giorgio può e deve essere possibile, evitando un’attività invasiva come la caccia sulla Montagna che è anche patrimonio mondiale dell’Unesco grazie ai suoi tesori naturalistici. Contro la modifica della legge è stato lanciato il referendum: firmatelo, il vostro sostegno è indispensabile.
Luigia Carloni, Rovio