Si è conclusa con un 4° posto, sinonimo di diploma mondiale, due piazzamenti nei dieci e una gara più opaca sulla media distanza, la seconda esperienza di Tobia Pezzati ai campionati mondiali juniores di corsa d’orientamento.
Se l’anno scorso in Bulgaria per il forte orientista di Sagno si era trattato di una prima volta e lo scopo era innanzitutto quello di incamerare esperienza, quest’anno in Norvegia Tobia partiva con l’obiettivo dichiarato di portarsi a casa almeno un piazzamento nei dieci. Obiettivo raggiunto, anche se il sogno di una nuova medaglia, dopo il bronzo dello scorso anno nella staffetta, è sfumato per soli 7” nella sprint d’apertura. Un distacco che potrebbe apparire irrisorio ma che in una gara sprint, con tracciati da correre sempre al limite, può rappresentare un capitale difficilmente rosicchiabile. Qualche rimpianto in più l’ha forse lasciato la staffetta, dove Tobia, lanciato come secondo trattista da una prova non brillantissima di Thomas Curiger, ha iniziato la sua corsa con qualche minuto di ritardo sul gruppo di testa che non è più stato possibile colmare. Ma qui per poter lottare per una medaglia ci voleva una prova perfetta di tutti e tre i trattisti, e gli svizzeri questo lo sapevano sin dalla vigilia, come sapevano che i terreni di questi mondiali, ampi boschi avvallonati e ricchi di paludi, tipicamente nordici, tendevano a favorire gli scandinavi, orientisticamente nati e cresciuti su terreni come questi. Buono dunque il mondiale di Tobia, e buono anche quello dell’altra scommina in gara, Eleonora Donadini da Valmorea, che con la maglia dell’Italia ha corso libera da pressioni regalandosi alcuni piazzamenti di prestigio.
Un inizio quasi col botto
La prima giornata di questi campionati, domenica 5 luglio, è stata la più calda, con un bel sole che nei giorni seguenti si è fatto rimpiangere. Si correva ad Amot, a una ventina di chilometri da Rauland. Un centro come ce ne sono molti in questa regione discosta della Norvegia, caratterizzato da alcuni grandi edifici di servizio attorno ai quali gravitano, nascoste nei boschi circostanti, le abitazioni. Una tipologia di paese insolita alle nostre latitudini, dove l’insidia maggiore era rappresentata dal punto spettacolo, costruito attorno a un sottopassaggio da percorrere nei due sensi. Il più veloce a interpretare il percorso è stato il neozelandese Tim Robertson in 14’31”, che ha fatto valere le proprie doti atletiche per regalare alla sua nazione una medaglia preziosa. Dietro di lui il finlandese Aleksi Niemi e il lituano Algirdas Barktevicius. Quarti a pari merito Tobia e l’altro svizzero Thomas Curiger, fermatisi a 7” dal podio, mentre in campo femminile si è laureata campionessa del mondo in 13’56” (unica sotto i 14 minuti) la diciassettenne bernese Simona Aebersold, che ha regalato alla Svizzera l’unico oro della manifestazione. Brava Ele Donadini, che ha chiuso al 32° posto, con un ritardo di 2’22”, ma mettendosi alle spalle atlete ben più quotate.
Nuvole sulla media distanza
Dopo quest’inizio promettente, il mondiale di Tobia è incappato nella gara meno ispirata, quella sulla media distanza corsa con un clima ben più rigido tra il 6 e il 7 luglio. 6° della sua batteria il lunedì, nella finale del giorno dopo il sagnese ha concesso già oltre un minuto tra il 3° e il 4° punto, facendosi raggiungere dall’atleta partito due minuti dopo di lui. Un colpo al morale duro da metabolizzare in una gara che si gioca in una mezz’oretta, dove ogni singolo errore può essere decisivo e allontanare definitivamente dai migliori. La gara infatti ha premiato il velocissimo finlandese Olli Ojanaho in 25’13”, che a partire da questa vittoria non ha più sbagliato un colpo, conquistando 3 ori e candidandosi al titolo di re della manifestazione. Il tempo di 32’57” è valso a Tobia il 40° posto finale in una gara che ha regalato ai ragazzi svizzeri l’unica medaglia di questi mondiali, il bronzo di Sven Hellmuller. Eleonora Donadini è riuscita, unica italiana delle tre in gara, a qualificarsi per la finale A, che ha chiuso al 50° posto con con il sorriso.
Lunga distanza: l’ora del riscatto
La giornata di pausa è servita a Tobia per rifare il pieno di energie, soprattutto mentali. Giovedì 9 luglio si è presentato al via della lunga distanza con la mente di nuovo libera e ha chiuso una gara, per sua stessa ammissione, molto dura in 1’10’58”, 8° tempo finale. La gara di oltre 10 km si snodava nei boschi sopra Rauland, a 900 m di quota, su un altipiano dal rilievo leggermente corrugato e ricco di lingue di palude, difficili da attraversare correndo ma utili per orientarsi. Tobia era uno dei primi a partire e all’arrivo sfoggiava un bel sorriso, pur sapendo che per conoscere la sua posizione bisognasse attendere alcune ore. Infatti il risultato definitivo arrivava solo con gli ultimi atleti, in un testa a testa tra il finlandese Ojanaho (1’07’00”), lo svedere Hector (1’08’15”) e il padrone di casa, il norvegese Soelberg (1’08’26”), che a pochi punti dalla fine deteneva ancora il miglior tempo. Di fronte allo strapotere scandinavo, l’8° posto di Tobia rimane un ottimo risultato: lo scommino manca il diploma ma è comunque primo degli svizzeri. E ai mondiali, di un risultato nei primi dieci c’è da andar andar fieri.
Un po’ meglio degli uomini svizzeri han fatto le donne, con Sandrine Müller capace di andare a medaglie sia nella media sia nella lunga distanza (2 bronzi), e soprattutto con la staffetta valsa alla Svizzera l’argento. Eleonora, dal canto suo, felice dei risultati fin qui ottenuti, ha chiuso la gara con un buon 46° rango.
La staffetta maschile: un’occasione mancata
L’ultima gara, venerdì 9 luglio, la staffetta poteva essere l’occasione del rilancio, anche se la sera prima Tobia era ben cosciente che per andare a medaglia in questa gara con partenza in massa occorreva sin dall’inizio non perdere il treno dei migliori, come invece è stato il caso per le due squadre maschili svizzere, classificatesi al 9° e al 10° posto in una prova che ha visto la Finlandia, intrattabile sin dalla prima tratta, chiudere davanti alla Norvegia e alla Svezia. Tra le donne la lotta c’è invece stata fino alla fine, e ha premiato la Svezia di Sara Hagstrom, la squadra che ha saputo portare a termine le prove più pulite. Piccoli errori hanno invece impedito alla Norvegia e alla Svizzera, che pure per diversi tratti della corsa si sono trovate in vantaggio, di portare a casa l’oro. Al traguardo sono bastati 8” all’ultima trattista elvetica Sandrine Müller per salvare l’argento e regalarsi così la terza medaglia personale di questi mondiali.
Considerazioni tecniche
A completare la cronaca restano alcune considerazioni sui protagonisti più che sulle gare.
Che i nordici l’avrebbero fatta da protagonisti era nella logica delle cose e solo l’inizio con la gara sprint ha posto qualche dubbio. Il 18enne finlandese Ojanaho è un extraterrestre, anche se rischia di bruciarsi. In tre settimane è stato in Romania a dominare gli europei giovanili e ai mondiali juniori è stato il re. Per fortuna i tecnici del suo paese sono ritornati sulla decisione di inserirlo nella squadra maggiore che disputerà i mondiali in Scozia il mese prossimo. Era attesissima la super svedese Sara Hagstrom, già da anni agli onori sulla scena giovanile europea e mondiale, ma il pur buon bottino di due medaglie d’oro ha rischiato di essere più misero. Ha toppato nella sprint e nella media distanza e nella long ha slavato la vittoria per 40”! Nella staffetta ha dimostrato freddezza, mantenendo la concentrazione fino alla fine.
Fra gli svizzeri una spanna su tutti la diciassettenne Simona Aebersold, che, con l’oro sprint, il diploma in long e l’argento in staffetta con una tratta in recupero eccezionale, si può dire abbia assicurato la continuità ai massimi livelli nel settore femminile.
Degli altri si può dir bene della Müller, di Tobia, anche se in cuor suo sperava in una medaglia. Discreto Sven Hellmüller, grazie alla sua medaglia, mentre per i rimanenti, a parte qualche singolo acuto, come il diploma di Thomas Curiger, sono tutti da rivedere. E l’appuntamento per il 2016 sarà in Svizzera nella Bassa Engadina. Gli allenatori nel fare le selezioni dovranno, per una volta, considerare le qualità degli atleti a 360°, comprese le esperienze già fatte.