• (red.) “La condotta adottata nelle due nostre case in merito ai maltrattamenti vige anche nelle altre; le regole sono uguali dappertutto. Le procedure d’assunzione dei collaboratori avvengono con molta cura perché questo è un lavoro difficile. Ma la mela marcia ci sarà sempre”. A Chiasso, il direttore di Casa Soave e Casa Giardino, Fabio Maestrini non entra nel caso di presunto maltrattamento di un anziano addebitato ad una ex dipendente del Centro anziani comunale di Balerna. Ma il tema “è di assoluta modernità”. Per diverse ragioni.
Maestrini, prima di parlarne, fa una premessa: “chi lavora in una struttura come queste, deve avere gli strumenti per affrontare ogni situazione, anche la più difficile. Il maltrattamento non è ammesso, in nessuna forma”.
Rispetto ad una decina d’anni fa, nell’ambito delle cure stazionarie per gli anziani, sono cambiate molte cose, di cui il personale deve tenere conto: “mi è difficile definire, le nostre, ancora delle “case per anziani”, visto l’arco di età degli ospiti. Tra l’utente più giovane e quello più anziano ci sono due generazioni. È vero che la maggior parte è ultraottentenne; ma ci sono persone che non raggiungono i sessant’anni e altre che superano i cento. Le nostre sono dunque case per lungodegenti, siano essi malati, anziani o, spesso, con entrambe le caratteristiche. Persone che se stessero bene non sarebbero qui. Questo cosa significa, direttore? Che davanti a situazioni tanto complesse c’è il rischio che qualcuno alzi la voce, o, peggio, le mani?
Non deve esserci neppure il dubbio che questo avvenga. Ogni segnale che va in quella direzione, pur minimo che sia, dev’essere riferito e affrontato”.