(red.) “Lì ho passato la mia infanzia e provo un grande dispiacere”. Letta sull’Informatore la prevista demolizione della villa in stile liberty situata in via Beroldingen a Mendrisio, Gianna Andreoli ha spalancato l’anima ai ricordi di bambina. Fu il nonno Paolo, originario di Vernate, un accademico rigoroso ma anche pieno di fantasia, con un innato senso artistico, a progettarla e costruirla nel 1912-1913. Paolo ebbe tre figli; uno, Vittorino, abitò al pian terreno della Villa; diventò direttore della Scuola d’arti e mestieri di Mendrisio; era il papà di Gianna.Sede della Croce Rossa.
Non fu, il Villino Andreoli, una casa anonima. Divenne infatti, subito dopo, nel 1915, nel pieno della prima guerra mondiale, la sede ufficiale del Comitato della Croce Rossa di Mendrisio. Alcuni locali furono adibiti ad ufficio e magazzino: una vera e propria organizzazione di volontari, condotta dalla moglie di Paolo Andreoli, Palmina, pure lei insegnante, che curava la spedizione di pacchi con viveri e vestiario ai prigionieri e agli internati italiani in Austria.
“La nonna Palmina – ricorda oggi Gianna Andreoli – è stata la figura centrale della mia infanzia, fino all’adolescenza, quando morì, nel 1952. Era nata sul Lago Maggiore nel 1885. Abitava al piano di sopra, insieme al nonno Paolo. Mi raccontava le fiabe, che avevano sempre una morale; mi parlava dei fanti impegnati sul fronte durante la prima guerra mondiale”. Dava una mano preziosa anche l’altro nonno, Leone Quattrini, farmacista a Mendrisio, nel mettere a disposizione, e poi nel riporre nei medesimi pacchi, medicinali e piccolo materiale sanitario; Palmina vi infilava pure una tavoletta di cioccolata o un sigaro.
Gli internati in Austria
E’ lo stesso Paolo Andreoli, scrivendo ad amici in Italia, a descrivere questa attività benefica: “Palmina è contenta di aver conseguito il suo intento formando a Mendrisio il Comitato di soccorso per prigionieri ed internati italiani in Austria; sta funzionando a pieno regime con grande nostra soddisfazione, potendo così più facilmente essere d’aiuto ai nostri internati”.
Aiuto agli irredentisti
Palmina Andreoli aveva chiesto ed ottenuto gli indirizzi di numerosi soldati rimasti orfani, affinché ricevessero i pacchi con cibo, vestiario, ma anche piccole somme di danaro sui campi di battaglia. Una parte dell’aiuto fornito dagli Andreoli, che erano imparentati con famiglie nel Trentino, s’inquadra proprio nella storia della borghesia trentina, degli irredentisti e dei fuoriusciti; e dei fitti rapporti, anche commerciali che interessarono quella regione, insieme alla Svizzera, all’Italia e all’Austria. Da Milano gli organismi dell’emigrazione trentina assistevamo centinaia di profughi e prigionieri in campi di concentramento di italiani deportati in Austria e in Boemia; preziosi gli aiuti che pervenivano da Mendrisio, borgo situato in una nazione, la nostra, che “sin dal 1914 aveva dichiarato la sua neutralità”; e che in virtù di quel principio seppe farsi apprezzare come “nazione cuscinetto” tra le parti belligeranti e “per il suo ruolo assistenziale nei confronti dei più deboli, profughi, feriti e prigionieri”. I residenti in Italia che volevano inviare aiuti ai loro parenti deportati in Austria potevano portare i loro pacchi al Comitato della Croce Rossa di Mendrisio che provvedeva gratuitamente alla confezione definitiva e all’invio postale. Pacchi provenienti dalla Svizzera, almeno nei primi anni della guerra, potevano infatti superare abbastanza facilmente i controlli doganali dell’Austria. Uno dei campi d’internamento principali era a Katzenau, vicino a Linz: vi erano tenuti prigionieri di lingua italiana provenienti dai territori dell’Impero austro ungarico, sospettati di essere ostili alla monarchia e di irredentismo filo italiano.
I giochi dei bambini
Con il medesimo spirito, Palmina Andreoli, “dama della Croce Rossa” nella sezione di Mendrisio presieduta dalla signora Nizzola, aiutava anche chi abitava nel borgo e aveva bisogno di una mano per sopravvivere in quegli anni difficili: moltissimi gli abitini caldi per i bimbi, preparati con i ferri che le sue mani manovravano in modo rapido e preciso. La fontana del Villino, posta in giardino, d’estate, diventava luogo di refrigerio per i bambini del vicinato; nei ricordi di Gianna Andreoli sono rimasti anche i loro volti.