
“La storia della “ramina” è piuttosto sconosciuta. Sembra che l’idea di posare uno sbarramento fisso lungo il confine sia sorta sul finire del XIX secolo per contrastare l’ultimo genio dei contrabbandieri: il cane contrabbandiere. Si trattava di robusti esemplari addestrati a compiere un determinato tragitto fra la Svizzera e l’Italia, sulla groppa dei quali era sistemato un involto del peso variabile fra 5 e 10 kg”. È questo un estratto della ricostruzione storica a proposito di “ramina” e contrabbando affidata ad Adriano Bazzocco nell’ambito dell’esposizione sul tema dei confini prevista a Casa Croci a Mendrisio dal 15 ottobre.
La mostra prenderà spunto da alcune ricorrenze di eventi cruciali per i nostri confini: duecento anni dal Congresso di Vienna, cento dall’inizio della Grande Guerra e settanta dalla fine del secondo conflitto mondiale. Già autore a più riprese di testi sul tema del contrabbando alla frontiera fra Svizzera e Italia per riviste scientifiche e opere miscellanee, Bazzocco è traduttore presso la Cancelleria federale della Confederazione Svizzera e ricercatore in storia. Per Casa Croci proporrà la sezione dell’esposizione dedicata al tema della “ramina” e del contrabbando. Ma torniamo ai cani contrabbandieri per contrastare i quali nacque la ramina. La loro circolazione – a quel tempo – doveva essere molto intensa. Grazie a una relazione del 1884 sui danni arrecati dal contrabbando all’agricoltura si veniva a sapere: “Chi è quel comasco che non abbia visto per anni di seguito la ferrovia del Gottardo imbarcare giornalmente per Chiasso alla corsa delle 3 pom. grosse mute di cani tenute al guinzaglio da canottieri male in arnese e destinate a sconfinare nella notte successiva (…).”