I Riscoperti di Capolago

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• (red.) La vicenda di Ernst Frey (1893-1971), che abitò anche a Ligornetto, spiega bene il significato della mostra allestita fino al 26 aprile nella Casa d’arte Miler a Capolago. Le sue capacità furono “fiutate” dalla Galerie Neupert di Zurigo che mise il pittore sotto contratto: ti paghiamo e tu dipingi per noi e non per altri. Ma la galleria zurighese, che per decenni è stata fra le più quotate del paese, spinse sul mercato dell’arte personaggi come Renoir che sul piano commerciale valevano sicuramente di più. Così, a Frey, toccò per quasi tutta l’esistenza – a lui e alle sue opere – di rimanere in quel che Milo Miler definisce “cono d’ombra permanente”; fino al giorno in cui antiquari come lui  scoprirono il talento di un pittore che si ispirava a Cézanne nella scomposizione dei colori e alle novità di Morandi nell’interpretazione delle nature morte.
Milo Miler e Julia Kessler propongono al pubblico il risultato di un lavoro di ricerca che si è protratto per lunghi anni nel campo dell’arte pittorica e della scultura svizzera del XX secolo. Anno dopo anno, occasione dopo occasione, gli antiquari di Capolago hanno messo insieme un ragguardevole patrimonio che propongono ora al pubblico a buone condizioni.

Se alcuni artisti non hanno mai potuto provare, in vita, il gusto della visibilità, altri, che pure furono celebri,  videro scendere   in picchiata le quotazioni per una questione di moda, alla quale, solitamente, danno una mano i mass media; come Johann von Tscharner (1886-1946) le cui opere trent’anni fa valevano fino a 25 mila franchi. Mentre pittori come Oskar Lüthi (1882-1945) hanno dovuto fare i conti con le circostanze della vita, più che con le tendenze: Lüthi aveva partecipato al movimento Modernes Bund, insieme ad Arp e Klee, ma la gloria toccò a loro due: lui, probabilmente, non fu altrettanto metodico.
“La qualità è totalmente   indipendente dal prezzo, dalla fama, dal mercato e dalle mode”, spiega Milo Miler. “Indubbiamente grandi maestri come Hodler, Bill, Giacometti o Amiet sono e resteranno dei fari nell‘arte elvetica; ma il mercato si è impossessato della loro quotazione, accendendone anche un forte interesse speculativo. Il danno collaterale di questa dinamica speculativa è la progressiva perdita della conoscenza artistica di altri valori paralleli. Nello spettatore si è oramai insinuata l‘idea che il costoso è automaticamente bello e valido. Ma non è così”.
A Capolago ci sono anche alcuni lavori di Theophile Robert (1879-1954), che ebbe modo di esporre al Kunsthaus di Zurigo, verso la fine degli anni quaranta,  dopo il suo fecondo periodo parigino in cui lavorò anche con Pablo Picasso, del quale assorbì la lezione, mantenendo tuttavia una certa “svizzeritudine”. E tra tradizione e modernismo dipinse anche Georges Aubert (1886-1961), maestro di pittura di Le Corbusier, che – forse pochi lo sanno – al mattino dipingeva e nel pomeriggio faceva l’architetto. All’estero Milo Miler e Julia Kessler hanno trovato un quadro di Fausto Agnelli (1879-1944), pittore luganese messo in luce un paio d’anni fa alla Pinacoteca Züst di Rancate: di lui, a Capolago, si può vedere una versione “serale” del ben noto dipinto che Agnelli fece davanti al cancello del Parco Ciani.

72 GeorgesAubert-1886-1961 Quadro-astratto-del-1958

72 Theophile-Robert-1879-1954 Nudo-del-1921